giovedì 30 aprile 2009

Cake salato al latte fermentato (e fa anche rima)


Sul blog dovrebbero essere già comparsi... uhm, vediamo... uno, due, tre, quattro cake(s) salati. Solo? Strano, visto che si tratta del salva aperitivi/cibo da asporto/sostituto del pane più gettonato di casa-Precy: amore, mi sa tanto che faccio un cake! Ed oltre a piacermi decisamente l'articolo in sè... mollica umida, profumata, anche un tantino unta, crosticina dorata e croccante... adoro il fatto di poter giocare con farine, frutta secca, spezie, ma anche verdura, ortaggi e quant'altro. Per l'appunto, recentemente mi si accusava di non ripetere mai la stessa ricetta (ed a quanto pare, in famiglia, qualcuno tenderebbe anche ad affezionarsi ai piatti particolarmente riusciti): bè, il cake salato, per quanto mi riguarda, rappresenta un ottimo compromesso tra ripetizione e novità. Ecco.

E stamattina, mi sembrava oltremodo sensato, augurare un fantastico e rilassante ponte del primo maggio, con una pillola decisamente idonea ad un picnic fuori porta (ed a chi dovesse decidere di restarsene comodamente a casa). Ecco a voi, il cake numero 5 di casa-Precy, stavolta, in versione extra-morbidezza... grazie all'utilizzo del latte fermentato/latticello in luogo del latte intero classico. E senza un solo goccio d'olio/burro! Semplicemente meraviglioso: in effetti, avevo sempre sentito parlare delle meraviglie del latte fermentato (sbirciando con occhio curioso la suocera tedesca, avvezza a deglutirne litri su litri a mo' di bevanda dissetante/terapeutica) e sapevo degli impasti morbidissimi che restano tali per più e più giorni. Tutto vero e come dicevo... una cosa semplicemente meravigliosa!

Tornando al cake, anzi ai cake(s) salati in genere... trovata una valida ricetta di base, potremmo tranquillamente decidere di non cambiarla più (facile a dirsi!), limitandoci a giocare con i famosi ingredienti intercambiabili... sembrerebbero una specie di muffin in formato gigante, vista la proporzione 1 a 1 tra ingredienti umidi ed ingredienti secchi (magari, con una leggera tendenza ad eccedere in quelli umidi... e per chi avesse inziato a leggere soltanto adesso, ricordo che stiamo parlando di cake e non di raccolta differenziata, ndr). Ma a differenza del muffin, qui si monta eccome, le uova che raddoppiano di volume, etc etc... e si amalgama il tutto alla perfezione. Per quanto riguarda gli optional del giorno: erba cipollina (vi ho detto delle piantine sul balcone?) ed una crosticina di sesamo assolutamente deliziosa. Buon ponte a tutti!


Cake salato al latte fermentato,
con erba cipollina e semi di sesamo

stampo per plumcake da 18 cm

1 uovo medio (ca. 50 g)
200 g di latte fermentato (latticello/buttermilk)
2 cucchiai abbondanti di erba cipollina fresca, tritata
200 g di farina 00
8 g di lievito per torte salate
1 presa di sale
semi di sesamo
burro per lo stampo

Sbattete l'uovo ed il latte fino ad ottenere un composto decisamente spumoso. Continuando a sbattere, incorporate anche il sale e l'erba cipollina. Setacciate la farina con il lievito e, un cucchiaio alla volta, uniteli al composto umido aiutandovi con una spatola: eseguite movimenti circolari dall'alto verso il basso, fino ad ottenere una massa omogenea senza più tracce di farina sparse in giro. Imburrate lo stampo, cospargetelo interamente di semi di sesamo (base e pareti, in modo da ritrovarvi una simpatica crosticina tutt'intorno al cake), versate l'impasto e cuocete a 180 gradi per 40 minuti, finchè risulterà gonfio e dorato.

mercoledì 29 aprile 2009

L'insalata di agretti (che fu) di Viviana Lapertosa


L'ischitana in trasferta dichiara: Roma, me sò innamorata dei tuoi agretti! Il che, oltre a suonare quasi come una canzone... magari suona anche un po' strano (come se venissi chissà da dove). Resta il fatto che mi ritrovo a mangiarli veramente da pochissimo (dalle mie parti è altamente improbabile avvistarli e sono arci-sicura che la maggioranza non li conosce proprio per niente), eppure è esattamente il genere di verdura per il quale... croccante, pungente, pure un po' amarognola... potrei persino perdere la testa. E considerando che anche la cicoria non scherza affatto... starei pensando di rivedere il trittico delle verdure-del-cuore, con tanto di clamoroso e struggente declassamento dell'amatissima rughetta (mumble).

Per quanto riguarda gli agretti, bè, quando non finiscono attorcigliati ad una matassa di linguine (e frittatone da picnic a parte), magari mi ci fo' un'insalata. A pranzo. E detta così, sembrerebbe una di quelle soluzioni sciuè sciuè, estemporanee come la fame impellente delle 13:30... e invece no: studiatissima, persino premeditata, con tanto di spesa extra (ah, mi manca il gomasio, tocca andare da Biopolis). Ed è (anzi sarebbe, poi capirete perchè) una ricetta di Viviana Lapertosa, comparsa sul Gambero Rosso di questo mese (ne abbiamo già parlato no?!). Il ricordo: sfogliavo la rivista sul treno che m'avrebbe condotta in quel di Verona e, contemporaneamente, scambiavo sms adrenalitici con la sorellina che... c'aveva gente a cena! Ed un fascio di agretti pronti all'uso! Scrivi messaggio: "ehi, senti questa: insalata di agretti, con uova di quaglia e pinoli tostati! Aspetta che ti scrivo il resto...". Invia messaggio.

Peccato che il resto (e me ne sono resa conto soltanto ieri) sia soprattutto un specie di contorto misundertstanding... su come Precisina legge velocemente le ricette o magari sono gli altri che non le trascrivono con calma?! Spiego: se avete sotto mano il numero di aprile del Gambero (se non c'è, fa niente, seguite ugualmente il ragionamento...), apritelo a pagina 278, vi troverete, appunto, l'insalata di agretti al vapore con pinoli ed uova di quaglia. Ora, secondo voi, cos'è che andrebbe cotto al vapore? Gli agretti o sbaglio? Sbaglio! Perchè poi, scorrendo la ricetta, tra le righe si legge anche di sbollentare in acqua salata ciò che stavo già per inserire nell'apposita pentola/cestello... ma allora cos'è che viene cotto al vapore? Le uova. La ricetta prevede addirittura una fase finale con tanto di cottura al barattolo: gli agretti, sbollentati e conditi, vengono invasati insieme ai pinoli, vi si rompe un ovetto al centro e si procede con una cottura a bagnomaria... in modo che l'uovo possa cuocere al vapore! Ora, a parte la sintassi del titolo (della ricetta) leggermente fuorviante (parere personale :-)), va detto che persino il famoso barattolo della discordia, sulla foto della rivista, è andato a cacciarsi esattamente nella piega centrale tra le due pagine... insomma, quasi non si vede. Almeno, io non l'avevo notato per niente. Prima di ieri. E così la storia è finita che mi sono resa conto di quanto/come bisognava procedere, quando la fame delle 13:30 di cui prima... non ammetteva di certo ulteriori dilazioni. Per cui...

1) agretti privati della parte più dura, lavati, sbollentati in acqua salata, scolati e raffreddati in acqua ghiacciata per mantenere il colore;

2) uova di quaglia, rassodate in acqua bollente per circa 5 minuti, scolate, passate sotto un getto di acqua fredda e, quindi, sgusciate;


3) pinoli tostati e buccia di limone grattugiata;

4) in un'insalatiera, condire gli agretti con la scorza di limone, un pizzico di sale e pepe, un filo d'olio extravergine d'oliva, i pinoli, un goccio di succo di limone ed una punta di gomasio;


5) aggiungere anche le uova di quaglia e servire.

martedì 28 aprile 2009

Di piade e pesto d'erba cipollina


Uhm... che la visita al kebabbaro di Porta Pia m'avesse lasciato la voglia (di pitta arrotolata)?! Spiego: ci siamo state qualche giorno fa a pranzo, io e l'amica blogger di cui ieri. Il posto carino (essenziale=carino), i tipi simpatici e... può persino succedere di dimenticare la macchina fotografica a casa! Per cui, brevissimo resoconto esclusivamente verbale, anzi, giusto un dettaglio. Il kebab, come lo servono lì: versione 1, prendi e mangi al volo... e ti ritrovi tra le mani un kebab proprio come siamo, normalmente, abituati a pensarlo (quindi, tronchetto di pane-pitta, ben arrotolato, farcitissimo, debordante di salsine speziate...); versione 2, ordini e mangi seduto comodamente al tavolo, discutendo sulla possibilità di fondare gruppi d'acquisto Metro (interesserebbe a qualcuno dividere la tonnellata, grammo più grammo meno, di carta paglia... in modo che, al prossimo fritto, tutti con i simpatici coni/coppitielli stile friggitoria?!). Ed in questo caso qui (seduto al tavolo), ti spetta il kebab destrutturato: piatto, tanta carne (nel mio caso pollo, molto saporito davvero), salsine a parte e... a parte anche i rettangolini di pane-pitta. Un po' come il cestino del pane di noi altri. Nooo, ci siamo rimaste malissimo! Anche perchè il kebab, mangiato così, ha un non so che di goffo! O magari le goffe eravamo noi... sta di fatto che appena m'è capitata tra le mani una banalissima piada (confezionata, ma del tipo artigianale :-)) ...mò t'arrotolo io :-))

Con un'interessante idea-farcitura... un non so che di montagna, decisamente selvatico, piacevolmente pungente. Ed il non so che in questione è, per l'appunto: prosciutto di capra e cubetti di fontina d'alpeggio... e così avremmo scoperto che la fontina non è soltanto un banale formaggio piuttosto economico, da far sciogliere languidamente, sapore neutro da morire... tornando invece alla piada, concludiamo il tutto con un'irriverente spalmatina di pesto d'erba cipollina, giusto per inaugurare l'assortimento di piantine aromatiche 2009, versione al balcone :-) ...ero abituata alle siepi ischitane, sparse in giardino anche in maniera piuttosto selvaggia, ma credo di potermici ugualmente abituare, tutto considerato :-)

Pesto d'erba cipollina
per due persone

1 mazzetto di erba cipollina fresca
50 g di ricotta
1 manciata di pinoli tostati
1 cucchiaio di Parmigiano grattugiato
2 cucchiai d'olio extravergine d'oliva
1 pizzico di sale grosso
pepe

In un minipimer, riunite l'erba cipollina (lavata, asciugata e tagliuzzata grossolanamente), la ricotta, i pinoli, il formaggio, il sale, pepe a gusto ed iniziate a frullare. Aggiungete anche l'olio a filo, sino ad ottenere una crema di consistenza mediamente fluida. Utilizzate per farcire crostini, tramezzini, sandwich e quant'altro. Potete anche riporre il tutto in un barattolo a chiusura ermetica e conservare in frigorifero per qualche giorno oppure congelare.

AGGIORNAMENTO!!!

Per chi volesse procedere con dell'artigianalissimo pane-pitta fatto in casa, inserisco la ricetta consigliata da Acquaviva (potete trovarla anche nei comments di questo post):

- mescoli 200 gr. di farina 00 con 200 gr. di semola di grano duro e 1 pizzico di sale;

- sciogli 15 gr. lievito di birra fresco in 240 gr. di acqua tiepida;

- aggiungi gradualmente alle farine nell'impastatrice lavorando per 3 minuti, regolandoti poi di acqua o farina in modo che l'impasto sia liscio e non appiccicoso;

- dividi in 8 panetti grossi come un pugno e fai lievitare coperti per 10 minuti;

- stendi in cerchi spessi 6 o 7 mm. e lasci lievitare di nuovo, coperti, per un'oretta;

- cuoci su una piastra o in una padella antiaderente bollenti per poco più di un minuto per lato.
P.S.: grazie A.!!!

lunedì 27 aprile 2009

Tortine con visciole e mousse al limone


Guardate che... lo vedo da sola che sembrano, più che altro, dei muffins: non sono mica cieca (ehi Precy, svegliata male stamattina? macchè, fatto colazione con le sfogliatelle appositamente recate dai miei genitori... quindi, non potrei stare meglio :-) è solo che, riguardando la foto, notavo l'innegabile somiglianza... e invece dovevano essere più tipo crostatine, sgrunt). E mentre mi logoro... pensando a dove possa aver mai infilato i miei (antiaderenti, smerlati, meravigliosi, sigh) stampini per tartellette, tra un trasloco e l'altro... realizzo, soprattutto, che è decisamente tempo di farlo: shopping spudorato e compulsivo (con la spudorata e compulsiva complicità di un'amica blogger) nel paradiso dell'attrezzatura da pasticceria. Almeno, così m'ha detto lei... ed è pure vicino casa: avete presente quei negozietti un po' angusti, inaspettatissimi, ma che una volta dentro, , ti si apre un mondo di meraviglie?! E quindi mi chiedo, ma che aspettiamo a saccheggiarlo?! Anche perchè, dovesse tornarmi la malsana idea che, tutto sommato, anche con gli stampini per muffins... quando poi, sarebbe bastato riflettere sulla questione che, se sono stati concepiti per farci i muffins (appunto!) e non le crostatine... ecco, un motivo dovrà pur esserci! E ve lo dico io: troppo stretti e profondi (e non smerlati :-)), ergo, assolutamente inappropriati/poco pratici da rivestire con i dischi di pasta brisée/frolla. E questo è quanto.

Invece, tornando al desiderio di bissare (quanto prima) le tortine in questione... diciamo che potrebbe accadere prima di quanto m'aspetti: ricetta (di Maxine Clarke) assolutamente meravigliosa. Piccoli scrigni, vari strati con diverse consistenze (in realtà, è la cottura che crea il giochino magico): il fragrante della pasta, la mousse, la meringa. E le visciole. A proposito: quel che in origine era mirtillo (vedi ricetta originale)... nel mio caso, s'è fatto visciola :-) croccante, turgida, profumatissima, asprigna quanto basta ad intrigare il dolce della mousse. Insomma, soliti barattolini che tornano utili!


Tortine con visciole e mousse al limone
per 8 tortine (10 cm di diametro)

per la pasta brisée:
qui la ricetta :-)

per la crema al limone:
4 uova
150 g di zucchero
buccia grattugiata di 2 limoni non trattati
succo di 1 limone
un pizzico di sale
ca. 40 visciole
zucchero a velo

per spennellare:
1 uovo sbattuto

per servire (facoltativo):
panna montata
visciole

Denocciolate le visciole. Portate la pasta brisée a temperatura ambiente e accendete il forno a 200°C. Stendete la pasta su una superficie leggermente infarinata ed utilizzatela per rivestire gli stampini. Con una forchetta, fate qualche foro sulla base della pasta e raffreddate tutto in freezer per 15 minuti. Estraete gli stampini dal freezer e cuocete in forno per 10 minuti (la pasta non deve colorarsi troppo). Una volta estratti, spennellate la pasta con un po' d'uovo leggermente sbattuto (serve ad uniformare e sigillare la superficie della pasta). Abbassate la temperatura del forno a 160°C.

Preparate la crema: separate i tuorli dgli albumi e frullate i primi con 75 g di zucchero ed un pizzico di sale. Dovrete ottenere un composto gonfio e piuttosto sodo (sollevando le fruste, l'impasto che cola dovrà creare dei decori ben visibili). Aggiungete il succo di limone e la buccia grattugiata finemente. Trasferite la ciotola su di un recipiente colmo d'acqua bollente e mescolate dolcemente con un cucchiaio di legno sino a che il composto sarà abbastanza denso da formare una leggera pellicola sul dorso del cucchiaio. Lasciate raffreddare. Sbattete a neve gli albumi, aggiungete gradualmente lo zucchero rimasto, un cucchiaio per volta per non sgonfiare gli albumi. Trasferite gli albumi montati nel composto al limone, sempre un cucchiaio alla volta, molto delicatamente.

Spargete 5 visciole sul fondo di ogni tartelletta. Ricoprite con un cucchiaio di mousse, assicurandovi che raggiunga tutte le estremità. Sistemate gli stampini su una teglia e infornate per altri 15-20 minuti, finchè le tortine non risulteranno belle gonfie. Estraete la teglia, spolverate con dello zucchero a velo e rimettete in forno per altri 4-5 minuti, finchè la superficie non risulterà dorata. Servitele calde (all'uscita del forno, si sgonfieranno un pochino!) oppure a tempertura ambiente, magari con un cucchiaio di panna montata ed una manciata di visciole aggiuntive.

Personalmente, ho preferito prepararle il giorno prima e conservarle in frigorifero; le ho poi servite ben fredde e, v'assicuro... erano ad un livello di goduria davvero non descrivibile :-)

venerdì 24 aprile 2009

Croque monsieur di panettone


Sì vabbè... si fa presto a dire croque monsieur! Niente groviera grattugiata, niente prosciutto cotto... detto tra noi... non credo abbia propriamente una faccia da toast. Piuttosto, se ne sta languidamente appollaiato in un bicchiere e... come se non bastasse, niente pane in cassetta, bensì tranci di panettone artigianale... e magari sarebbe il caso di fare un annuncio:

"nel prossimo futuro, potrebbe accadere che la sottoscritta vi sottoponga un po' di cosine, in qualche modo, legate alla categoria panettoni/colombe/facacce/biscotti"... e la ragione è presto detta, a quanto pare c'è chi si diverte un mondo nel vedermi arrovellare alla ricerca di idee carine, abbinabili (appunto) a questa determinata tipologia di prodotto di pasticceria. Per cui... panettoni, colombe, focacce dolci (lievitazione naturale, accurata selezione degli ingredienti... ne accennavo già qui), con la prova provata di quante (intriganti) preparazioni, più o meno complesse, possano effettivamente girare intorno ad un panettone. E se vi dicessi che i signori in questione, alle degustazioni, ci fanno persino gli gnocchi?! Tra l'altro, basterebbe guardare appena un po' più in là per notare, ad esempio, quanto i francesi siano amabilmente avvezzi alle preparazioni salate corredate di pain d'épices, brioche et similia.

E guarda caso, l'idea di base è decisamente francese... ed è il croque monsieur al bicchiere (quello vero!) adocchiato esattamente qui. Ma nella versione taroccata... fuori gli ingredienti canonici e dentro l'inossidabile binomio mozzarella+acciughe. Il croque partenopeo! Per chi fosse sul punto di chiederlo... il dolce del panettone (che non è, poi, così dolce) esalta e magari accentua la sapidità degli altri ingredienti, un risultato davvero interessante, soprattutto a livello emotivo. A patto che siate cresciuti reggendo, da una parte, il classico crostino da friggitoria, quello farcito con alici, mozzarella, passato nell'uovo e poi fritto... e dall'altra, bè, dall'altra parte eravate impegnati ad avvolgere spaghetti aglio, olio e peperoncino, rigorosamente corredati di acciuga, uvetta e pinoli :-) In chiusura, proprio un attimo per segnalare anche il divertentissimo dettaglio dell'origano croccante, questo qui: aroma a parte, piacevolissimo il gioco di consistenze. Un croque, davvero, tutto da ridere :-)

Croque monsieur al bicchiere
con panettone,
alici e mozzarella

panettone classico all'uvetta (senza canditi)
mozzarella di bufala
filetti di acciuga sott'olio
pecorino grattugiato
origano croccante
pinoli
fior di sale
pepe

Affettate il panettone ad uno spessore di circa 1 cm, eliminate la crosta (mettete da parte) e, con un taglia-pasta dello stesso diametro dei bicchieri, ritagliate dei dischi. Nei bicchieri (adatti alla cottura in forno), alternate dischi di panettone, fette di mozzarella (non proprio freschissima), filetti d'acciuga sgocciolati, pinoli tostati, un pizzico di sale e di pepe ed un po' d'origano. Eseguite almeno due strati di tutto, terminando con del pecorino grattugiato. Passate in forno a 180 gradi per circa 15-20 minuti (la mozzarella dovrà sciogliersi completamente). Tritate la crosta del panettone, tostatela in una padella antiaderente e spargetela sulla superficie dei bicchieri. Passate al grill per due minuti e servite caldo.

giovedì 23 aprile 2009

Polpette di lesso. E panatura al limone.


Le prime, rubate (senza pensarci nemmeno un istante) alla trattoria Felice a Testaccio. La seconda (rubata, anche questa) alla cuoca della porta accanto, ovvero, colei che all'inizio di questo mese... mancava poco che mi facesse prendere un colpo! Era lì, sul numero di aprile del Gambero Rosso, in sostituzione della mia amatissima Annalisa Barbagli (quella de La cucina di casa), con la rubrica La 'nuova' cucina di casa. Di Viviana Lapertosa. Schiarisco un po' la voce e, in qualità di affezionata lettrice, mi permetterei d'obiettare un piccolissimo dettaglio, talmente piccolo che, magari, non se ne sono nemmeno accorti: le bellissime ricette (altamente creative) di Viviana Lapertosa, secondo me, non è che sanno propriamente di casa, non nel senso tradizionale e rassicurante del termine. Come c'aveva abituati Annalisa, insomma. E aggiungerei che potrebbe (perfino) apparire come una sorta di doppione dell'attiguo Finger food di Sigrid Verbert, voi che ne dite? Però, alla fine di tutti i conti, anche un po' per superare il trauma... cominciamo a provare subito stè (nuove) ricette di casa e... tocca dirlo, la signorina mi sta già piacendo (ma nooo, in realtà ero già un'assidua lettrice del suo blog): in particolare, tra le ricette di questo mese, ci sarebbe un'intrigante farina al limone (abbinata alle alici fritte)... la panatura è stata una personalissima associazione d'idee (ho pensato: se va bene per la farina, perchè non applicare il concetto anche al pangrattato?). E più leggevo la ricetta, più ne apprezzavo la genialità. Spiego: ci siamo arrivati un po' tutti al fatto che, la frittura, non andrebbe annegata sotto fiumi di succo di limone?! "Vai vai, spremici una mezza dozzina di limoni, vedrai come ti si sgrassa! :-) Chiaro che la punta acidula del limone, sul fritto, regala al palato quella meravigliosa, innegabile sensazione di fresco, di pulizia (cosa che, del resto, farebbe egregiamente anche il vino giusto, no?!). Ma addirittura, c'è chi pensa (uhm, io stessa credo d'averlo pensato in un'altra vita...) che il limone possa arrivare ad incidere (niente di meno che) sulle famigerate calorie... cioè, utopia allo stato puro! Senza contare che, spremendo che così si sgrassa, finiamo anche per rovinare la friabile croccantezza del fritto. In poche parole, na' tragedia... eppure, quel guizzo di limone sulla cotoletta alla milanese, piuttosto che sulla rondella di calamaro pastellato... e allora, guardate un po' cosa fa Viviana? Toglie il succo e mette la buccia, ma direttamente nella farina (io, nel pangrattato :-)), con un risultato gradevolissimo, una chicca da re-applicare sicuramente, più e più volte.

Per le polpette di lesso invece, nient'altro che un irrinunciabile riciclo di carne (lessa) in surplus (come dicevo, un riciclo firmato Felice a Testaccio... perchè chi cucina casareccio sa che, prima di tutto, non si butta via niente). So cosa state pensando: cara Precy, non credi sia un tantino difficile che, col caldo che fa (anche se non s'è ancora capito... fa caldo o no?), qualcuno pensi di cucinare il lesso, addirittura in quantità tale da farselo pure avanzare?! Raccolgo e rilancio all'istante: dunque, pensate alla notissima carne inscatolata che fa tanto bella-stagione, quella tutta ingelatinata (ci siamo capiti no?)... avete mai provato a far raffreddare il lesso (di carne), a sfilettarlo grossolanamente ed a condirlo con dei carciofi, della rucola, dei pomodorini, della cipolla di Tropea, un goccio di limone, un filo d'olio di quello buono... per cui, tornando esattamente al punto di partenza, nel caso doveste ritrovarvi con un avanzo di carne lessa, potreste trasformare il tutto in versione-polpetta, la panatura intrisa di buccia di limone rinfrescante... e vai di allegra/gratificante frittura. Che tanto, mica s'è capito se fa già caldo oppure no!


Polpette di lesso, con panatura al limone
per 4 persone

ca. 400 gr di carne lessa avanzata (oppure carne macinata)
2 patate di medie dimensioni
1 spicchio d'aglio privato del germoglio interno
1 ciuffo di prezzemolo tritato
1 uovo grande leggermente sbattuto
2 cucchiai abbondanti di Parmigiano grattugiato
sale e pepe
olio per friggere (extravergine d'oliva oppure d'arachidi)

per la panatura:
1 uovo grande
la buccia grattugiata di un limone (non trattato)
1 tazza abbondante di pangrattato

Lessare le patate con la buccia, in abbondante acqua salata, per 15-20 minuti (penetrandole con una forchetta, dovranno risultare decisamente morbide). Scolarle, sbucciarle e schiacciarle (con l'apposito attrezzo oppure con una forchetta: se lo fate quando sono ancora calde... sarà molto più semplice). Tritare l’aglio e, in una ciotola capiente, unire tutti gli ingredienti ed amalgamare con cura. Formare le polpette, passarle nell'uovo sbattuto e, quindi, nel pangrattato mescolato alla buccia di limone grattugiata finemente. Friggere in olio abbondante, a 170 gradi (per verificare la giusta temperatura, se non avete l'apposito termometro, immergete un cucchiaio di legno al centro della padella: se l'olio inizia a formare delle piccole bolle tutt'intorno, procedete pure). Scolarle non appena si formerà una bella crosticina dorata, tamponarle su carta assorbente da cucina e servire, accompagnando con insalata fresca e magari... qualche spicchio di limone :-)

mercoledì 22 aprile 2009

Pasticcio di crepes, taleggio e pesto di bucce (di zucchine)


Esperya:
oh buongiorno, è Esperya, stavo controllando sul sito... ma lei non ha ancora ricevuto il suo pacco?

Precisina: in effetti no, che strano... com'è che stavolta ci mette tanto?

E: infatti è stranissimo, provo a sentire il corriere...

Pochi minuti dopo:

E: oh buongiorno, è Esperya, ehm signora... il corriere dice di essere già passato due volte, ma non riesce mai a trovarla!

P: (grrr e perchè non mi chiama prima di passare, non è che uno può starsene in casa tutto il giorno sa?!) uhm dice? però non ha nemmeno lasciato l'avviso di passaggio (si fa così no?! grrr vuoi vedere che il corriere s'è sparato tutti i miei formaggi... la faccia del mangione ce l'ha grrr)!

E: molto, molto strano... eppure io qui, sul sito, leggo che son passati due volte, hanno lasciato appunto l'avviso, via dell'xxxxxx....

P: aspettia-aspetti-aspetti... ma quello è l'indirizzo di Ischia (i salami di Paolo Parisi v'hanno per caso dato alla testa? forza, chi di voi è andato a ripescare sul database il mio vecchio indirizzo eh???) io lì non ci sto più da mesi! guardi che m'avete già consegnato qui a Roma (ehm, più e più volte :-))

E: oddio signora, che sbaglio... ci credo che era assente!

P: :-) :-(

E: ci scusi tanto, davvero! provvedo subito a comunicare il disguido e...

...e, il giorno dopo, il pacco era (già) qui tra le mie braccia: potenza di Esperya! Spacchetto all'istante, con un piglio molto mattina-di-natale-sotto-l'-albero (decisamente fuori stagione, ma mi prende così ogni volta :-)) e trovo esattamente ciò che temevo! Ora, va bene che le cose un po' le attiriamo (pensandole con insistenza!), ma in questo caso... il (povero) pacco s'era fatto genova-ischia (lì, anche un po' di vicissitudini logistiche annesse) poi ischia-roma... ecco, era inevitabile che il (mio agognatissimo) taleggio dop, adesso, se ne stesse lì, deliziosamente spalmato all'interno della sua confezione! Animo! Dai che il danno, magari, è soltanto estetico... apro la confezione, a momenti svengo per il (peculiarissimo, inconfondibile, meraviglioso) odore che emana (anche il cane, dall'alto della sua poltrona comfort, prende a roteare vorticosamente il naso), annuso, verifico... evvaii, il mio taleggio (cremoso) è salvo. Ma immagino sia altamente consigliabile prepararci subito qualcosa. E considerando che siamo già a metà dell'opera, ovviamente, cerchiamo qualcosa col taleggio... ben fuso! A fagiolo: era giusto da un po' che volevo cimentarmi in questo pasticcio, aka montagna/torretta/lasagnetta... insomma, in questo considerevole numero di crepes, impilate ed intervallate da farciture languide e cremose (me ne aveva, giustappunto, parlato la sorellina: e lei, chissà perchè, ha sempre una certa premura di venirmi a raccontare le cosine degne di note assaggiate in giro :-)) ...dicevo, crepes impilate che fanno anche un gran bell'effetto coreografico, magari in caso di ospiti, coro generale di ohhhhhh... avete presente?! Tocco finale (anche per spingere un po' in direzione primavera): qualche cucchiaiata di pesto di zucchine, anzi di sole bucce (ovvero, la parte più dolce... con quel che avanza, cioè con tutto il resto della zucchina, potrete farci frittate, brodi e passatine), eliminando però - dalla ricetta originale di cui prima - giusto la ricotta e qualche altra cosina... visto che la cremina era già ricca e corposa di suo :-)


Pasticcio di crepes e taleggio,
al pesto di zucchine
per 4 persone

pasta da crepe salata (Camille Le Foll):
200 g di farina 00, setacciata
2 uova
20 cl di latte
20 cl di acqua
40 g di burro fuso, tiepido
1/2 cucchiaino di sale

per farcire
:
200 g di taleggio (quello buono)
200 g di ricotta
1 cucchiaino di menta fresca tritata
pepe

per il pesto di zucchine:
4 zucchine
2 cucchiai di Parmigiano grattugiato
1 manciata di pinoli tostati
4 foglie di basilico
olio extravergine d'oliva
1 pizzico di fior di sale
1 pizzico di pepe

Fate sciogliere il burro in una piccola casseruola. Sbattete le uova in una ciotola piuttosto capiente ed aggiungetevi il latte. Unite anche la farina ed il sale e sbattete con la frusta per amalgamare bene tutti gli ingredienti. Allungate con l'acqua ed il burro fuso. Lasciate riposare per un'ora (se l'impasto dovesse, poi, presentarsi troppo denso, allungatelo con un po' di latte e sarà pronto per essere cotto).

Per il pesto: con un pelapatate, prelevate la buccia delle zucchine (già lavate e perfettamente asciugate) e, con l'aiuto di un minipimer, frullatele aggiungendo gli altri ingredienti previsti e quanto basta d'olio per ottenere un composto piuttosto cremoso (senza esagerare!).

Per la farcia: con una frusta elettrica, lavorate il taleggio spezzettato e la ricotta fino ad ottenere un composto cremoso. Unite anche un pizzico di pepe e la menta. Trascorso il tempo di riposo, riprendete la pastella e confezionate 12 crepes: riscaldate una padella antiaderente (18 cm di diametro), ungetela con un della carta da cucina imbevuta d'olio d'oliva e versate un mestolino (non troppo pieno) d'impasto, roteate immediatamente la padella per far allargare la pastella e cuocete circa 2 minuti per lato, a fiamma bassa (i bordi inizieranno a rapprendersi e si formeranno delle bollicine sulla superficie della crepe). Ripetete l'operazione fino consumare tutta la pastella. Imburrate leggermente una pirofila rotonda (a bordi alti e dello stesso diametro delle crepes) e alternate crepes e crema di formaggio, terminando con quest'ultima. Completate con cucchiaiate di pesto e passate in forno a 180 gradi per 20-30 minuti. Lasciate riposare per circa dieci minuti prima di servire.

martedì 21 aprile 2009

La pasta con i gamberi... del Gambero :-)


Uhm, starei pensando di spifferare un buon numero di chicche e trucchetti appresi nelle scuole del Gambero Rosso, interessa, mica, a qualcuno? :-) In particolare, chicche e trucchetti relativi ai sughi/non sughi a base di pesce... in parole povere, com'è che fanno gli chef ad ottenere fondi succulenti, assolutamente densi, deliziosamente cremosi... senza il benchè minimo utilizzo di addensanti, senza pizzichi di farina qua e là, senza trucchi e senza inganni! Hai capito la Precy?! Oggi s'è svegliata addirittura più buona e magnanima del solito! A parte gli scherzi :-) coglierei l'occasione al volo (ehm, ritrovandomi a pubblicare i compiti diligentemente eseguiti a casa... il ripasso insomma) per allegare, al classico elenco d'ingredienti e procedure, una ricca manciata di consigli utili e rivelatori. Quelli degli chef del Gambero, appunto.


Scialatielli con gamberi, zucchine ed anice stellato
da una ricetta di Gianni Felici del Gambero Rosso

per 2 persone
150 g di scialatielli (oppure linguine/tagliolini)
8 gamberi rossi

2 piccole zucchine
(ben sode e con la buccia chiara)
1 anice stellato

2 spicchi d'aglio

1 costa di sedano

1 foglia di alloro

1/4 di bicchiere di vino bianco

olio extravergine d'oliva

2 foglioline di menta
2 foglioline di basilico

sale e pepe


1 manciata di pinoli tostati
(facoltativo)

Molto delicatamente, staccate la testa dei gamberi ed eliminate il guscio esterno. Con la punta di un coltellino, incidete verticalmente il dorso del gambero (per tutta la lunghezza) e prelevate il filo nero intestinale (che, diversamente, renderebbe amara la preparazione). Preparate una bisque*: in un tegame, scaldate un filo d'olio, rosolatevi l'aglio in camicia (ovvero con la buccia: in questo modo sprigiona l'aroma in maniera più delicata, senza risultare assolutamente invasivo), leggermente schiacciato, il sedano tritato e l'alloro. Aggiungete, quindi, le teste ed i gusci dei gamberi, lasciate tostare per un minuto, sfumate con il vino e, quando non avvertirete più sentore di vino, aggiungete acqua fredda fino a due dita sopra le carcasse dei gamberi. Portate ad ebollizione a fuoco dolce, schiumando man mano le impurità che salgono superficie (inoltre, con un cucchiaio di legno, schiacciate di tanto in tanto le teste dei gamberi sul fondo del tegame così da far sprigionare il massimo dell'aroma). Filtrate il tutto con un passino, lasciando cadere la bisque all'interno di una ciotola. In una padella, scaldate un filo d'olio e rosolatevi uno spicchio d'aglio. Eliminatelo e, con la padella decisamente ben calda, aggiungete i gamberi sgusciati (lo shock termico è fondamentale per evitare la fuoriuscita dei succhi interni e mantenere, quindi, la morbidezza del crostaceo). Unite anche le zucchine tagliate a fettine sottili (in caso di zucchine eccessivamente acquose, eliminate un po' della polpa interna per evitarne lo sgradevole sentore amarognolo) e lasciate insaporire per qualche secondo. Abbassate la fiamma, allungate con un po' di bisque e cuocete finchè le zucchine non inizieranno ad ammorbidirsi (affettandole sottili, i tempi di cottura saranno assolutamente ridotti, le zucchine risulteranno leggermente croccanti e manterranno il loro colore verde brillante). Estraete il seme centrale dall'anice stellato e macinatelo finemente al coltello (per evitare che, intanto, vi scappi da tutte le parti, bagnatelo sotto acqua corrente prima di procedere). Lessate la pasta in abbondante acqua salata, scolatela piuttosto al dente e, senza sgrondarla troppo dall'acqua di cottura, versatela nella padella con il condimento ben caldo (quando si versa la pasta nei sughi/fondi, è importante che questi siano decisamente ben caldi per evitare un risultato sgradevolmente slegato). Allungate, eventualmente, con altra bisque caldissima e saltate il tutto energicamente così da amalgamare bene i sapori ed ultimare velocemente la cottura degli scialatielli (l'amido rilasciato dalla pasta negli ultimi minuti di cottura consente al fondo di addensarsi e la pasta avrà modo d'insaporirsi perfettamente, assorbendo tutti gli aromi della bisque). Completate con la menta ed il basilico tritati (anche al coltello, visto che, se utilizzati immediatamente, non avranno il tempo d'annerire per effetto dell'ossidazione provocata dalla lama del coltello... non che è avreste, per caso, un coltello di ceramica? :-)). Aggiungete, eventualmente, anche dei pinoli tostati e servite immediatamente.

*La bisque (o brodetto di pesce) si prepara esclusivamente con le teste ed i gusci dei crostacei; il fumetto, invece, prevede il riutilizzo di ritagli di pesce quali lische e pelli. Una volta fredda, se non utilizzata, può essere congelata in tante piccole porzioni (tipo cubetti di ghiaccio), così da insaporire il fondo di varie preparazioni future.

lunedì 20 aprile 2009

Di come le colombe prendono il volo


E' stata dura. Perchè passi pure il riciclo selvaggio delle colombe industriali (pensate appositamente per farci i tiramisù primaverili. No?:-)), ma quelle sapientemente artigianali, buone da svenire, addirittura con la chicca del mandarino tardivo di Ciaculli, le mandorl-one pugliesi, una glassa/crosticina da innamoramento istantaneo? Ecco, queste qui, ma come fai a contaminarle? Ma nooo, contamina pure, divertiti e poi fammi sapere... questo l'invito dei Loison in quel del Vinitaly, per cui eccoci qui: omaggio personale ad un qualcosa che, a dir la verità, era già tanto buono di suo (col senno di poi, anzi, col senno delle fragole... me la sarei fatta regalare senza conditi e con un surplus di vaniglia :-) volendo proprio fare i precisini, ecco). E sempre sulla scia degli omaggi... un affettuoso tributo a chi sa fare davvero bene il suo mestiere! A proposito, passato il tempo delle colombe, nel caso foste voluttuosamente approdati sul sito delle meraviglie/punto vendita (più a tiro di schioppo)... e nel caso vi sentiste irrimediabilmente smarriti - oddio, proverei tutto, ma non si può! - piccolo suggerimento a quattr'occhi: biscotti-biscotti-biscotti!!! :-))

Per la ricetta del giorno, è bastato far riferimento ad uno dei tanti post-it segnaletici infilati nel libricino più gettonato del momento (parlo delle mie, quattro, mura domestiche): cocottina di pane perso (fa un po' senso, lo so... infatti aggiungo una postilla suggerita dalla dolce Lise: il francesissimo "pain perdu" non andrebbe tradotto per niente, ma se proprio dobbiamo, diciamo che... "raffermo" andrà benissimo!) con fragole, pistacchi ed una cremina, in realtà, un po' troppo pannosa per i miei gusti... ma giacchè eliminavamo il pane (per sacrificare la colomba:-)), in vena di allegre sostituzioni primaverili, fuori la panna e dentro la ricotta. Per cui, semplice, fresco e leggero... se non fosse che le calorie risparmiate sulla panna, si recuperano allegramente con le fette di colomba... ma non credo sia, questo, il caso di mettersi a fare dell'antipatica matematica spicciola. O no?

P.S. nella fattispecie, trattasi di dolcetto da weekend, da porzionare più e più volte, per svariate pause golose e ricreative... senza contare, l'assaggio riservato ai parenti (pur volendo, capite che ormai non posso più nasconder nulla:-)). Quindi, per una questione esclusivamente pratica: fuori anche le piccole cocotte (di José) e dentro il comodissimo stampo unico da plumcake (in totale democrazia, prendete per buona l'idea e sceglietevi la forma che più v'aggrada).


Plumcake di colomba pasquale,
con fragole, ricotta e pistacchi

per uno stampo da 30 cm:

1 colomba
500 g di ricotta di pecora

1 cestino di fragole
(ca. 250 g)
250 g di zucchero a velo
1 uovo
1 manciata di pistacchi
(non salati)
1 bacca di vaniglia

1 limone
pref. non trattato
1 pizzico di cannella
macinata al momento
1 pizzico di fior di sale

zucchero a velo
per la crosticina

Setacciate la ricotta e lavoratela con lo zucchero, la polpa interna della bacca di vaniglia (incidete verticalmente la bacca, apritela delicatamente e prelevatene il contenuto con la punta di un coltellino), l'uovo leggermente sbattuto, la buccia grattugiata del limone, la cannella ed il sale. Tostate i pistacchi in una padella antiaderente ed incorporateli alla crema. Tagliate la colomba a fette, ad uno spessore di circa 1 cm (per un risultato più omogeneo, ho preferito eliminare la crosticina superiore... magari, potrete spiluccarla distrattamente mentre il cake è in forno, quando siete lì ad annotare gli ingredienti utilizzati:-)) ed utilizzatene una parte per rivestire base e pareti dello stampo, già foderato con della carta da forno (quest'ultima, perchè aderisca perfettamente allo stampo, va prima bagnata e strizzata). Versate la crema all'interno dello stampo, nella cavità creata dalle fette di colomba, riempiendo fino a metà altezza. Inserite le fragole (lavate, asciugate e spuntate) nella crema, posizionandole una accanto all'altra. Proseguite con un altro strato di fette di colomba e ricoprite con altra crema. Cuocete in forno già caldo, a 180 gradi, per circa 30 minuti (la crema dovrà rapprendersi, tipo cheesecake). Quindi, estraete e completate con altre fragole, una spolverata di zucchero a velo e passate al grill per qualche minuto, finchè non inizierà a formarsi un po' di crosticina sui bordi. Conservate per almeno 4 ore in frigorifero (meglio ancora se per una notte intera) prima di porzionare e servire.

venerdì 17 aprile 2009

Crostone con mela e mocetta


Crostone, crostino, bruschetta o panino che sia... l'importante è che faccia tanto weekend (toh, è venerdì). Non si spadella e, volendo, non ci s'impegna nemmeno più di tanto: basta, semplicemente, dar fondo alle scorte del proprio frigo/dispensa (spazzolato tutto a pasqua? argh) e provare a mettere insieme qualcosa di simpatico (magari ricordandosi che, una cosina del genere, in fin dei conti, s'era già provata in versione insalata). Nel caso specifico, mocetta valdostana: per chi non l'avesse mai assaggiata, potrebbe far pensare alla bresaola, ma è decisamente più selvatica, con delle punte erborinate a volte spiccate, altre tremendamente delicate. Complessivamente, sa più di montagna ed è, tutto sommato, dolce, per niente invasiva: per questo, mi son concessa il lusso di affettarla spessa (io che, solitamente, raccomando al salumiere delle fettine a mò di radiografia), con un pizzico finale di sale al tartufo... un crostone per giorni di pigrizia totale (quasi quasi, dovrei riposarmi dal weekend di pasqua) o di attività frenetica (3001 cosettine accumulate, da fare tutte, rigorosamante, nel fine settimana), fate un po' voi, intanto... buon weekend a tutti :-)


Crostone con mela e mocetta

per ogni crostone:

1 fetta di pane casareccio, pref. sciapo
1/4 di mela granny, pref. non trattata
2 fettine di mocetta valdostana
1 fettina di fontina
1 foglia di lattuga
3-4 pistacchi
sgusciati e tostati (non salati)
qualche goccia di lime
un filo d'olio extravergine d'oliva
1 pizzico di sale al tartufo
1 pizzico di pepe nero

Affettare la mela (pref. con la buccia) e la mocetta (in maniera piuttosto spessa) e condire il tutto con qualche goccia di lime. Coprire le fette di pane con la fontina affettata molto sottile e passare al grill così da far sciogliere il formaggio. Estrarre e completare con listarelle di lattuga (già lavata e perfettamente asciugata), le fettine di mela alternate a quella di mocetta, i pistacchi, un giro d'olio e passare due minuti al grill. Estrarre, spolverare con un pizzico di pepe e di sale al tartufo e servire.

giovedì 16 aprile 2009

Galletto ai lamponi. In cocotte.


Ricettina, assolutamente, da leccarsi i baffi. E da farci pure la scarpetta... a patto di rientrare nella schiera di quelli che, eventualmente, il salato condito con le salsine un po' dolci... la carne abbinata alla frutta... faccio la doverosa premessa (a costo d'apparire anche un po' antica) perchè osservo le reazioni delle persone e v'assicuro: raccontarsi le reciproche cene, al parco sotto casa, in attesa degli espletamenti fisiologici dei vari amichetti a 4 zampe... provando ad infilare un galletto ai lamponi tra un'amatriciana ed una carbonara, così, come se niente fosse... ecco, diciamo che al momento sarei, per tutti, quella che cucina cose strane. Primo ed inevitabile step per essere accettati in società :-). Poi, magari, s'approfondisce, t'ascoltano, qualcuno lo invito anche a cena... e l'oggetto misterioso potrebbe persino piacere!!! La stranezza di oggi sarebbe una piccola cocotte di José Maréchal. Legata, tra l'altro, ad un aneddoto talmente buffo... io che punto la ricetta, io che scorro la lista degli ingredienti... galletto (ok), lamponi (ok), mele (ma sììì), patate viola (oddio nooo, andranno bene quelle rosse prese da Biopolis?). Io che ero sicura d'aver acquistato delle (seppur un pochino strane) patate rosse! Io che l'avevo anche spifferato in giro, tant'è che una delle mie più dolci e affezionate commentatrici m'aveva prontamente suggerito una ricettina ad hoc, carinissima... che proverò senz'altro... non appena avrò sotto mano delle patate rosse, appunto. Eh sì perchè, udite udite, una cosa sono le patate e cosa ben diversa sono, invece, le batate! Quindi: io che leggo frettolosamente i cartellini al banco frutta (ah guarda, hanno anche le patate rosse...), io che penso che l'addetto ai cartellini potrebbe soffrire di sinusite, io che penso persino che, l'addetto, potrebbe essere mezzo africano (in quel caso, una b in più poteva anche scapparci...). Sì, ma poi, quand'è che il genio (cioè io) s'accorge, finalmente, che la batata non è una patata raffreddata, bensì un tubero a sè, sudamericano, con un sapore a metà strada tra una zucca e una castagna? Molto semplice: io che sbuccio, affetto e realizzo :-) solo che, ormai, era decisamente tardi per spingermi alla ricerca delle patate rosse (men che meno di quelle viola). Io che, a questo punto, considero la ricettina in questione (anche) allegramente versatile: nel caso qualcuno avesse in casa della batate (no eh?!)... oppure del pollo/coniglio in luogo del galletto. Perchè come dicono spesso i maestri... ehm, giusto l'altra sera alla scuola del GR, Antonello Migliore lo raccomandava proprio caldamente: ragazzi, principalmente, prendete per buona l'idea di base :-)


Galletto in cocotte,
con patate, mele e lamponi
per 6-8 cocotte mono-porzione (oppure un'unica pirofila)

3 galletti di circa 600 g ciascuno
3-4 mele pref. renette
200 g di patate viola (oppure rosse, gialle e persino batate)
125 g di lamponi
15 cl di aceto di lamponi
(nei supermercati ben forniti, erboristerie, negozi biologici, Castroni)
50 g di burro
5 cl di olio di girasole
50 cl di sidro (succo di mela al naturale)
sale e pepe

Dividete i galletti in due parti uguali, nel senso della lunghezza, separate le cosce dalle ali e disossate, eventualmente, petti e cosce per una presentazione migliore (oppure saltate tutta la fase e sparate, semplicemente, un paio d'occhi dolci al macellaio di fiducia!). Mettete le patate (con la buccia) in una casseruola piena d'acqua fredda. Salate generosamente (per fissare il colore), portate ad ebollizione e cuocete per 15 minuti. Intanto, lavate le mele, privatele del torsolo e tagliatele a tocchetti. Scaldate l'olio ed il burro in una padella e rosolatevi i pezzi di galletto ed i tocchetti di mela, finchè non prenderanno una bella colorazione dorata. Salate, pepate e sfumate con l'aceto di lamponi. Togliete dal fuoco e mettete da parte. Scolate e lasciate raffreddare le patate. Quindi, pelatele delicatamente. Preriscaldate il forno a 200°C. Suddividete il galletto, le mele e le patate nelle cocotte, completate con i lamponi ed irrorate con il sidro. Infornate per 30 minuti e servite caldo.

mercoledì 15 aprile 2009

Chi brinda con me?


Più precisamente, chi verrebbe a soffiare sulla (prima) candelina firmata mammachebuono? A fare da cornice... un buon numero di stuzzichini golosi, calici traboccanti, incontri ravvicinati e chiacchiere in libertà: la sottoscritta (nonchè, cuoca per l'occasione) avrebbe optato, giustappunto, per un aperitivo very easy, very informal, very funny (insomma, basta che ci si diverte) presso la saletta degustazioni dei miei nuovi compagni di merende Gianluca e Daniela :-) ...e sempre perchè, qui, proprio non si può fare a meno d'esser precisi, vi anticipo che amici bloggers (e non), conosciuti personalmente (e non), troveranno inequivocabile invito nella casellina di posta elettronica. Per tutti gli altri... magari c'è chi legge, ma non lascia commenti (benissimo, però come faccio a mandare l'invito?!), poi c'è chi (bloggers/lettori) non è di Roma, ma riuscirebbe ugualmente ad organizzare una puntatina nella capitale, giusto per l'occasione :-), infine c'è chi, semplicemente, avrebbe voglia di conoscermi personalmente e trascorrere una bella (e golosa) serata con tanta gente allegra... per cui:

Mamma che buono
è lieto d'invitarVi all'aperitivo
pensato per sabato 9 maggio,
dalle 19.00 alle 22.00

Cinema &Talenti
saletta degustazioni
via Luigi Capuana, 182
00137 Roma

RSVP

lunedì 13 aprile 2009

Frittata di spaghetti. Sul lago di Martignano.


Esattamente ciò che sembra: godereccio cibo da asporto, per gite fuori porta. Emblema d'una napoletanità che non stenta a farsi riconoscere, anche (e soprattutto) fuori porta :-) anzi, a dir la verità, contavo di aggiungerci uno scorcio del mio mare, qualche baia assolata, il casatiello di mia madre... come sfondo intendo. Soltanto che... alla fine... riflettendo a mente lucida sul delirio da weekend-di-pasqua, i tempi stretti, le code in autostrada, il travaglio del traghetto che parte/non parte... eccoci: come sfondo, un ipnotico lago di Martignano. Per una frittatona di spaghetti che non è stata il tradizionale trionfo d'avanzi d'ogni sorta, con un inspiegabile risultato assolutamente strepitoso, oltre ogni aspettativa, da leccarsi i baffi... tassativamente mai più replicabile (a ricordarsi che c'avevo messo l'anno scorso...). Stavolta, ricettina ad hoc, con tanto di bilancia e procedimento accurato. Così da poter replicare... magari, quando si replicherà anche l'esperienza al lago: calma piatta, un silenzio estasiante. Cielo grigio che regalava luce soffusamente sorniona. Un invito inequivocabile a socchiudere gli occhi... inspirando ed ammiccando sorrisi di benessere.


Frittata di spaghetti, con agretti e ricotta
per 6-8 porzioni

400 g di spaghetti
1 fascio di agretti

200 g di ricotta

1 piccolo cipollotto

6 uova medie

qualche foglia di menta
fresca
2 cucchiai di Parmigiano
grattugiato
olio extravergine d'oliva

sale e pepe

1 cucchiaio d'olio al tartufo
(facoltativo)

Pulire gli agretti staccando la parte terrosa finale e lavarli accuratamente sotto l'acqua corrente. Lessare gli spaghetti in abbondante acqua salata e, negli ultimi minuti di cottura, aggiungere anche gli agretti. Scolarli al dente e passarli sotto acqua corrente ben fredda (servirà a fermare la cottura della pasta e fisserà il bel colore verde della verdura). Versarli nuovamente in pentola e mescolarli con la ricotta lavorata a crema con l'olio al tartufo. Separatamente, sbattere leggermente le uova con il Parmigiano, il sale, il pepe, la menta tritata e versare tutto nella pentola con gli spaghetti. In una padella antiaderente, scaldare un filo d'olio e rosolarvi il cipollotto tritato. finchè non risulterà appassito. Unirlo, quindi, alla pasta e mescolare con cura. Ungere nuovamente la padella, versare il composto preparato e cuocere a fiamma bassa fino a che le uova non si saranno rapprese. Con l'aiuto di un coperchio, girare la frittata e cuocere anche sull'altro lato. Servire tiepida oppure a temperatura ambiente.

E' buonissima anche preparata il giorno prima, conservata in frigorifero ed intiepidita leggermente in forno poco prima di essere servita :-)


venerdì 10 aprile 2009

Pastiera


Più primavera, più morbidezza, più gioia... e se tutto ciò sapesse (anche) d'arancio, ancora meglio! La pastiera, per quanto mi riguarda, è esattamente questo... una perfetta armonia di sapori freschi, primaverili. Inebrianti, ma anche familiari e, per questo, rassicuranti. L'inizio della nuova stagione, l'inevitabile cambiamento, ma con la certezza di ritrovare, ancora una volta, i profumi di sempre... e poichè (da queste parti) facciamo, più che altro, cibo (se n'era accorto qualcuno?) diciamo che, questo di oggi, diventa esattamente il mio messaggio di augurio: per tutti voi. Con giusto due parole al riguardo. Frolla non-frolla, impastata con la sugna in luogo del burro, piuttosto morbida, fondente... per l'appunto, fonde a meraviglia con il ripieno che è assolutamente cremoso, umido. Più ricotta che grano (trucchetto di famiglia, frutto di annuali esperimenti a più mani... ricordate le solite mamme, nonne, zie?!). L'arancia candita, ridotta in pezzi piccolissimi, così da non infastidire davvero nessuno. Anche il grano, leggermente frullato... ed infine, la ricotta: rigorosamente di pecora, tassativamente setacciata (dove setacciare non è l'optional che, tanto, non se ne accorge nessuno), preferibilmente lasciata a riposare in frigorifero per un'intera notte... insomma, un bel po' di cosine che, messe insieme, hanno saputo regalare alla mia famiglia (vabbè, in formato ridotto, giusto i 4 rappresentanti che stanno qui a roma, più qualche condomino a stretto giro di esalazioni aromatiche) un piccolo-grande momento di gioia. Anche quest'anno. Sei lì che assaggi, socchiudi gli occhi, lasci espandere l'aroma... effetto-pastiera: e non provateci proprio a resistere!


La pastiera napoletana
per 3 teglie da 24 cm

per la pasta:
600 g di farina 00
250 g di sugna a temperatura ambiente
250 g di zucchero a velo
3 uova medie
1/2 cucchiaino di cannella macinata
1 pizzico di sale

per il ripieno:
750 g di ricotta di pecora
650 g di zucchero semolato
550 g di grano precotto
300 g di latte intero
1 cucchiaio di sugna
1 cucchiaio di zucchero semolato
6 uova medie (tuorli ed albumi separati)
150 g di arancia candita a cubetti (oppure un misto di cedro e arancia)
16 g di aroma naturale di fiori d'arancio
1 bacca di vaniglia
1 limone non trattato
1 pizzico di sale

zucchero a velo

Impastare tutti gli ingredienti della pasta fino ad ottenere un panetto omogeneo e liscio (risulterà decisamente morbido, ma non appicicoso, eventualmente aiutarsi con un paio di cucchiai d'acqua fredda). Avvolgere il tutto nella pellicola trasparente e lasciar riposare in frigorifero per almeno 4 ore (l'ideale sarebbe prepararla con un giorno d'anticipo e lasciarla al fresco fino all'ultimo momento). Setacciare la ricotta e lavorarla a crema con lo zucchero. Conservare al fresco per almeno 2 ore (anche in questo caso, sarebbe preferibile prepararla già dal giorno prima e lasciarla riposare in frigorifero). Versare il grano in una pentola capiente, aggiungere il latte, un pizzico di sale, un cucchiaio di zucchero ed uno di sugna e cuocere dolcemente finchè non risulterà cremoso (circa 20 minuti). Frullare parzialmente il composto ottenuto (magari con un minipimer) per un risultato più denso. Lasciar intiepidire. Separare i tuorli dagli albumi e montare a neve questi ultimi (senza esagerare, altrimenti sarà difficile incorporarli all'impasto; è giusta una consistenza simile a quella della schiuma da barba). Nella pentola con il grano (ormai quasi freddo), unire i tuorli leggermente sbattuti, la buccia grattugiata del limone, la frutta candita tritata e gli aromi (per la bacca di vaniglia, bisognerà inciderla in senso verticale, aprirla delicatamente e raschiarne la polpa interna con l'aiuto di un cucchiaino oppure con la punta di un coltellino). Amalgamare con cura. Unire anche il composto di ricotta ed, infine, gli albumi montati a neve. Con una frusta a mano, eseguire movimenti circolari dal basso verso l'alto in modo da incorporare gli ingredienti senza smontarli. Riprendere il panetto di pasta e dividerlo in tre parti uguali. Aiutandosi con poca farina, ricavarne tre dischi spessi circa 2 mm e foderare con esse altrettanti stampi antiaderenti. Ritagliare l'eccesso di pasta debordante dallo stampo (conservare i ritagli), versare il ripieno, completare con strisce sottili di pasta ricavate dai ritagli di prima, posizionandole ad X sul ripieno. Cuocere a 170 gradi per 45 minuti (la superficie dovrà risultare dorata). Quindi, spegnere e lasciar raffreddare completamente in forno spento. Spolverare con dello zucchero a velo e conservare al fresco.

Qualche consiglio (spero) utile:

- la pastiera, nei giorni, migliora decisamente: preparatela con (almeno) un giorno d'anticipo e conservatela in frigorifero;

- è buonissima gustata ben fredda... parere personale, ma varrebbe la pena provare prima di storcere il naso :-)

- potete tranquillamente congelarla, sia prima che dopo la cottura: meglio prima visto che, se già cotta e poi scongelata, dovrete consumarla necessariamente entro 24 ore :-)