sabato 31 gennaio 2009

(Pan)Brioche al sesamo, per weekend coccolosi!


Ed ogni weekend dovrebbe esserlo. Coccoloso! Intanto, nessun giro all'ikea in programma, il che è già tanto :-) ne approfitto per rammentarvi - al-volo-al-volo - il termine ultimo per l'invio delle ricette povere, ma belle. Avete tempo fino alla mezzanotte di domani (01.02.09), mandate, mandate, mandate... ma poi, che c'avrete mai da fare?! Intanto, non so se c'è già scappata l'occhiatina curiosa alle ricette già inviate... bè, vi dico soltanto che ieri, la cena, è stata indirettamente offerta da uno di voi (uno, nel senso di concorrente, così restiamo sul vago!)... illuminandomi, tra l'altro, su una questione-riciclo che, davvero, non sospettavo nemmeno lontanamente! Ok, scappo, ho promesso a Jajo che oggi mi sarei rilassata... però una ricetta ve la lascio: facilissima (nel caso v'andasse una brioche, ma senza troppe paranoie, ecco!), morbidissima, coccolosissima (sì, insomma: fatela-fatela-fatela) e... buon weekend a tutti!

Brioche al sesamo

400 g di farina 00
100 g di farina di grano duro

200 ml di acqua tiepida

20 g di lievito di birra fresco

25 g di miele

70 g di burro fuso

1 uovo intero + 1 tuorlo
12 g di sale

semi di sesamo


In un'ampia ciotola, sciogliere il lievito con l'acqua ed il miele, avviare l'impastatrice ed incorporarvi le farine, già miscelate tra loro, il burro fuso, i due tuorli leggermente sbattuti ed infine, quando inizerà a formarsi una massa omogena, il sale. Continuare ad impastare fino ad ottenere un panetto liscio, umido, ma assolutamente elastico (non appiccicoso!). Spennellare il panetto con poco burro fuso, inciderlo disegnandovi una croce sulla superficie, coprire e lasciar lievitare, al caldo, fino al raddoppio (circa un'ora). Riprendere l'impasto, suddividerlo in otto parti di uguale misura (oppure scegliete la forma che più v'aggrada: treccia, chiocciola, in cassetta, pagnottine...), formare delle palline e posizionarle l'una accanto all'altra, ben strette, in uno stampo rettangolare (nel mio caso, stampo a bordi smerlati, ca. 26 x 10 cm). Lasciar lievitare, al caldo, ancor mezz'ora. Quindi, spennellarne la superficie con l'albume leggermente sbattuto, spargere un po' di semi di sesamo su ciascuna pallina e cuocere a 180 gradi per 25 minuiti (nel caso di briochine singole, cuocere a 200 gradi per 12 minuti).

Buonissima tiepida, ma anche a temperatura ambiente (tra l'altro si mantiene morbidissima per almeno tre giorni, conservatela ben chiusa in un foglio di carta stagnola). Può essere consumata da sola oppure con burro e miele a colazione, ma anche con salumi e formaggi per un aperitivo particolare. Provate anche a grigliarne le fette... per accompagnare zuppe e minestre, yum!


venerdì 30 gennaio 2009

Insalata di carote... Ikea style!


Ma quante fantastiche ricette che mi state inviando!!! Tutte povere, belle, ma soprattutto cariche di ricordi, di sincero valore affettivo... i posteri ce ne saranno grati, lo sento! E mentre continuate a cucinare ed inviare (c'è tempo fino alla mezzanotte di domenica 1 febbraio, dopodichè, appena un paio di giorni per la camera di consiglio e vai di dovutissima premiazione!), giusto per ingannare l'attesa snervantissima, lasciatemi dedicare il post del giorno alla persona che, con una disponibilità ed uno spirito organizzativo a dir poco commoventi, m'impegna (quasi tutti) i weekend, ormai, dallo scorso ottobre (e lo so, ci piace valutare bene gli acquisti!). Mi sa tanto che dal bicchiere inequivocabile qualcuno avrà già vagamente intuito, per cui sveliamolo subito: lui, il signor ikea. Il sogno proibito di tutti i traslocandi, rinnovandi e chi più ne ha, più ne metta! E sarà che, noi, stiamo davvero per raschiare il fondo del barile, ma l'ultima volta è finita che mi son messa persino a spulciare i libricini con le ricette ikea, quelli che espongono nel ghetto-ikea-family (ma certo che siamo muniti di apposita scheda, che domande!)... ah, aspetta, dò un'occhiata (anche) qui! E lo devo dire: senza star lì a far troppo gli snob, ci sarebbero un certo numero d'idee carine, ecco, se non altro le idee (tipo questa deliziosa insalata, toh)! Ovvio che, per realizzare le ricette, devi necessariamente fare un salto alla bottega svedese... ma meno male che c'hanno pensato loro, come avrei fatto altrimenti?! Bottega posta strategicamente dopo le casse... nel senso che, mentre sei lì, afflitto, ad attendere il tuo turno per pagare (però bello, dopo, mi toccherà soltanto trasportare, scaricare, montare...)... puntualmente, alle mogli, scatta il solito lampo di genio: dai, stasera salmone marinato, mentre sei in fila, faccio un giro in bottega, ok? E provateci un po' a dissuaderle! Ma il punto è un altro: all'ikea, davvero, nulla è lasciato al caso, tutto è posizionato esattamente là dove dovrebbe essere... per avere la certezza, praticamente matematica, d'essere acquistato! Alzi la mano chi, arrivato al settore utensili da cucina, dopo almeno tre ore di scrivanie e separatori di biancheria, non inizia a buttar giù roba nel carrello, con fare a dir poco compulsivo?! Solo che, a quel punto, ti manca totalmente la lucidità, giusto per rendersi conto che, su dieci cose, nove non ti servono affatto! Ma la cosa che, in assoluto, m'appaga di più, è il fatto che lì, all'ikea, ti capiscono, cavolo se ti capiscono! Sanno che la settimana è stata dura e almeno nel weekend, nonostante i doverosi acquisti, avresti voglia di rilassarti un attimo, di non pensare... accontentati! Lì da loro puoi tranquillamente spegnere il cervello e lasciarti, semplicemente, guidare... dai cartelli! Ci penseranno loro a ricordarti tutto, persino di respirare (capita di distrarsi no?!). Anche in bagno... ehi, appoggia qui la tua borsa, cambia qui il tuo bambino... wow, gagliardo, chi c'avrebbe mai pensato! Oppure, alzi la mano (ancora, sì) chi non ha mai tentato di svignarsela alla chetichella, dopo un sagace piatto di polpette svedesi, quand'ecco che... sai perchè devi provvedere da solo a sparecchiare il tuo tavolo? ... oddio, ma hanno assolutamente ragione!!! Ikea, grazie d'esistere!!!

Insalata di carote, con arancia e pinoli
per due persone

25 g di pinoli
1 arncia
50 g di uva sultanina lavata
1 pizzico di cumino macinato
250 g di carote
1 cucchiaio d'aceto bianco
3 cucchiai d'olio extravergine d'oliva
1 cucchiaio di prezzemolo fresco tritato
pepe, sale

Arrostisci i pinoli in una padella antiaderente e lasciali raffreddare su un piatto. Lava l'arancia e grattugia un cucchiaio di buccia. Spremi l'arancia. In un pentolino, porta a ebollizione il succo, la buccia grattugiata, l'uvetta ed il cumino. Scalda il composto a fuoco lento finchè non risulta piuttosto denso. Pela le carote e grattugiale nel robot o nel tritatutto. Per il condimento, emulsiona in una ciotola l'aceto, l'olio, pepe e sale ed aggiungi le carote ed il composto all'arancia. Cospargi con i pinoli ed il prezzemolo e utilizza per accompagnare carni grigliate e stufati.

E poichè quest'insalatina (ikea a parte) risulta parecchio divertente, ma davvero... quasi quasi, partecipo alla raccolta d'insalate della strega Susina :-)




giovedì 29 gennaio 2009

Arepas, ovvero...


... la mozzarella in carrozza dei venezuelani?! Ok ok, vedrò di piantarla una buona volta con queste basse (e pure un po' ottuse) analogie etniche... anche perchè sanno tremendamente di "...tanto ce l'abbiamo anche noi, nannananna!!!". E non va bene stà cosa, per niente! Bassa e pure un po' ottusa, ecco!!! Invece, rendiamo merito alle arepas che sono sfiziosissime, assolutamente deliziose... anche troppo direi! Giusto per rendere la dimensione: stuzzicanti pagnottine di mais, cicciotte e con tanto di crosticina dorata, debordanti in maniera indecente di formaggi filanti (o di quel che preferite). I commensali che, nonostante tutto, provano a mantenere una qualche parvenza di civiltà (...e dai, siamo a tavola!). Con uno sforzo sovrumano, s'intrattengono in tematiche più o meno seriose (giusto per non pensare soltanto alle arepas... che sono troooppo filanti!), ma intanto si continua ad andar giù di tovagliolo, come se niente fosse (...quasi quasi ne prenderei un'altra, che buone che sono, hai capito stì venezuelani!). E poi, fili e fili di formaggio che s'incrociano, per poi essere drasticamente recisi da dita inesorabilmente unte... il finger food, in questo caso, diventa addirittura un'esigenza! Bello però!!! Oltretutto, sono davvero semplicissime da preparare (pratiche, veloci, divertenti...), vi basterà avere un minimo di dimestichezza con impasti & co. (acqua e farina vanno miscelate ad occhio, non si sa bene quanta potrebbe servirne...), esser muniti d'una bellissima, fantastica, efficientissima padella antiaderente (s'è capito che ne ho una nuova di zecca?! nannananna!!!) e poi... ci sarebbe un ingrediente caratterizzante: masa harina, ovvero farina di mais bianco. Reperibile anche da noi nei negozi specializzati, vedere soprattutto alla (solita) voce Castroni, ovvero il luogo che tornerò a visitare molto presto... ahhh, non ho più robine strane in dispensa!!! Anche perchè, a dirla tutta, l'aver azzardato le arepas con una comune farina di mais (giallo, però fioretto, quella fine fine fine) proprio non mi va giù! E ci sarebbe un'altra cosa... ci meditavo su proprio stamattina, a mente lucida (sì): magari dico una sciocchezza, anche perchè non avendo utilizzato la masa harina (autoflagellazione in atto) non avrei nemmeno diritto alla parola, comunque... l'impasto di sola farina di mais+acqua, tende a restare sempre un po' slegato e sbricioloso. Quindi, la mia idea (quella partorita a mente lucida) sarebbe: e se, alla prossima, provassi ad impastare, un po' come si fa con la polenta e con gli gnocchi di semola, con acqua bollente? Giù gradualmente di farina, rimestando energicamente fino a compattare il tutto... magari s'arriverebbe ad un composto più liscio, più uniforme... però ripeto: no masa harina? No parli!!!

Arepas
per 4 persone

200 g di masa harina (farina di mais bianco)
acqua q.b.
ca. 200 g di formaggio a pasta morbida
4 cucchiai d'olio di semi
1/2 cucchiaino di sale

Amalgamate la masa harina con il sale ed iniziate ad impastare incorporando, gradualmente, dell'acqua fino ad ottenere un impasto ben sodo che andrà fatto riposare per almeno un'ora. Dividete l'impasto in 15 palline, schiacciatele con le mani per ottenere dischi di circa 1 cm di spessore. Scaldate l'olio in padella e friggetevi le arepas, 4 minuti per ogni lato, finchè sulla supercie non si formeranno delle bolle. Tagliate, quindi, a metà le arepas e farcitele con il formaggio. Rimettetele in padella e cuocete finchè il formaggio si sarà fuso (oppure sistematele in una teglia foderata con carta da forno e passatele al grill per pochi minuti). Servitele ben calde.

mercoledì 28 gennaio 2009

Zuppa d'aglio e mandorle, con tonno scottato e cantucci salati...


... alle olive e pomodorini! Titolo lunghissimo, me ne rendo conto (bè, se a qualcuno venisse in mente un nome appropriato...)! Ciò nonostante, mettetevi comodi perchè, stà zuppa, devo assolutamente raccontarvela! Cioè, devo raccontarvi di come, in corso d'opera, continuino a nascere delle cosine oltremodo divertenti, con quella piacevole punta di soddisfazione che non guasta mai... sì, trattasi del post (numero 2001) sull'autogratificazione!!! Per di più, restando assolutamente in linea con il nostro amatissimo tema della settimana che è... vediamo se siete attenti... esatto: la cucina povera, povera ma bella (a proposito, graziegraziegrazie per le ricette che mi state inviando... ammetto d'essermi già appuntata un paio di cosine particolarmente ingegnose, ooppss). Dove, cucina povera, equivale (anche) a saper rendere all'inverosimile ciò che, normalmente, basterebbe a sfamare poco più d'una persona! E qui ci vuole davvero ingegno! Nel caso specifico, l'idea di base era quella di preparare una zuppa... nuovamente, sarà il periodo! Ed in una qualche casellina cerebrale doveva essermi rimasta quest'intrigante associazione d'idee (aglio e mandorle, uhm, ma dove l'ho letta?)... molto spagnola, un po' sul genere gazpacho, da servire (però) calda! Due ingredienti soltanto, tra l'altro quelli che porterei sulla famosa isola deserta... per cui sì, andava provata!!! Ma andavano (anche) messe a punto delle aggiunte un tantino corroboranti perchè... a dirla tutta, non è che mio marito sia particolarmente entusiasta di questa storia che sua moglie, piuttosto che indire concorsi sulla porchetta o robine simili, continui ad inciampare su penuria, povertà e cucina di stenti! Dicevamo, quindi, le aggiunte (corroboranti): l' aglio e le mandorle, m'hanno indirizzata verso un certo barattolo di tonno sott'olio, senza nemmeno star lì a pensarci troppo su! E prima d'eccepirmi che il tonno proprio no, non è assolutamente cucina povera, restiamo piuttosto sull'analogia: aglio, mandorle, tonno... sicilia no?! Mancherebbero olive e pomodorini... e invece no, ci sono anche loro, direttamente nel cantuccio! Signori, i sapori ci sono tutti! Quelli del tonno al forno alla siciliana (ah, senza fare troppo i pignoli... ho già notato da sola che mancherebbe il capperino, argh). Destrutturato senza dubbio, ma forse proprio per questo incredibilmente divertente e ad alto tasso di autogratificazione (vedi sopra). Per il potere saziante... rivolgersi al marito :-)

Zuppa d'aglio e mandorle, con tonno scottato
e cantucci alle olive e pomodorini
(per due persone)

per la zuppa:
1 fetta di pane raffermo
50 g di mandorle spellate (oltre a 5 o 6 mandorle per decorare il piatto)
1 spicchio d'aglio
1 cucchiaino di sale
2 cucchiai d'olio extrvergine d'oliva
1 cucchiaio d'aceto di vino bianco
pepe

per il tonno:
200 g di filetti sott'olio (ridotti in piccoli tranci)
1 ciuffo di prezzemolo fresco

per i cantucci:
200 g di farina 00
1 uovo piccolo
50 g d'olio extravergine d'oliva
1 cucchiaino di lievito per torte salate
6 olive nere al forno
10 pomodorini secchi
1 cucchiaino di fior di sale
1 pizzico di pepe

Per i cantucci, riunire in un mixer tutti gli ingredienti e frullare fino ad ottenere una massa umida, ma compatta. Avvolgere nella pellicola trasparente e lasciar riposare in frigorifero per almeno mezz'ora. Quindi, riprendere il panetto, dividerlo in due parti e ricavarne due filoncini (larghi ca. 5 cm ed alti ca. 2 cm). Posizionarli su di una teglia foderata con carta da forno e cuocere a 180 gradi per 30 minuti. Estrarre, lasciar intiepidire, quindi, con un coltello a lama seghettata, tagliarli in maniera leggermente trasversale così da ottenere delle fette spesse ca. 1 cm. Rimettere in forno a 100 gradi finchè i cantucci non risulteranno perfettamente tostati (circa 10-15 minuti). Lasciar raffreddare su una griglia prima di servire.
Per la zuppa, mettere a bagno la fetta di pane con 100 ml d'acqua. In un mixer, unire le mandorle, l'aglio (privato, eventualmente, del germoglio interno), il pane con l'acqua, il sale e tritare fino ad ottenere una purea omogenea. Aggiungere gradualmente l'olio e l'aceto, continuando a frullare. Allungare con circa 250 ml d'acqua, fino ad ottenere una consistenza decisamente cremosa, quasi liquida (a questo punto, la zuppa potrebbe anche essere filtrata, conservata in frigorifero per circa due ore e servita fredda... come il gazpacho, appunto!!!). Versare il tutto in una casseruola e scaldare a fiamma dolce. Distribuire, quindi, nei piatti individuali, unendo anche i tranci di tonno ben abbrustoliti in una padella antiaderente (senza aggiunta di grassi) e cosparsi, poi, di prezzemolo fresco tritato. Completare con del pepe macinato al momento, una manciata di mandorle tostate e tagliate a lamelle, un giro d'olio e servire accompagnando con i cantucci salati.

In dispensa c'era del tonno rosso, scovato qui... ed ero sinceramente curiosa di assaggiarlo! ehm, tutto quello che avanzava nel barattolo (s'era capito che qualcuno non s'era saziato con la zuppa?!)... è stato consumato al cucchiaio subito dopo, come dessert! magnifica consistenza (cercavo qualcosa da piastrare, in alternativa al tonno fresco), morbida e gustosa (niente effetto stopposo, per intenderci), ma anche soda e compatta!!! il che è assolutamente positivo visto che ... non è affatto vero che il tonno dovrebbe tagliarsi con un grissino :-)
Poi, i pomodorini: una varietà di ciliegino siciliano semi-dry, vale a dire essiccato solo parzialmente, decisamente più carnoso, morbido, anche meno pungente del cuginetto secco! cercavo qualcosa da abbinare alla pasta, mantecata per esempio con del pesto, formaggi cremosi... poi c'è scappato anche il panino con la ricotta salata, ehvabbè! Per chi volesse cimentarsi in una deliziosa esperienza gustativa, li trovate qui.

P.S. come (giustamente) mi faceva notare una cara persona in privato... considerato il solito eccesso d'ironia, magari alla fine non s'è capito (e infatti mi sa che proprio non... ), ma la zuppa (in sè) non è altro che la famosissima (ma non quanto il gazpacho) ajoblanco, zuppa spagnola, notoriamente servita fredda, con chicci d'uva, ma anche palline di melone... e quindi, come dice un'altra cara persona, stay tuned... che tra un po' di mesi la (ri)famo originale!!!

martedì 27 gennaio 2009

Latkes di patate dolci



Un piatto ebraico... per il giorno della memoria! E da un po' di giorni, mi ritrovo alle prese con tutt'una serie di riflessioni di tipo culinario (ovvio no?!) ed una certa quantità di volumetti di cucina etnica, piatti interessanti, anche nuovi... nuovi? Apro e chiudo parentesi: al di là delle spezie caratterizzanti, delle tecniche di cottura più o meno tipiche... gira e rigira, torna sempre un po' tutto, non vi sembra?! Questi latkes, per esempio: serviteli contemporaneamente ad un italiano, uno spagnolo, un ebreo ed un tedesco (sempre per fare, solo, un esempio)... sembrerebbe una barzelletta, ma non lo è :-) piuttosto sarà interessante assistere alla loro identica, fortissima familiarità nei confronti di queste simpatiche frittatine: ohhh le frittelle di patate della nonna (ioioio), le tortillas de papas spagnole, i latkes israeliani, mentre il tedesco (e qui ho, davvero, la prova provata)... mein Gott, die Reibekuchen!!! Tra l'altro, in questo preciso istante, mi sarebbero passati per la mente anche i roesti svizzeri, ooppss!!! Della serie, la frittella che mette tutti d'accordo... o tutti contro!!! E sicuramente in questa ricchissima mescolanza/assonanza di sapori, gli ebrei giocano un ruolo importante! Un popolo con una cultura ricchissima, usi e costumi a dir poco spiccati... costretto a spargersi ai quattro angoli del globo, trasferendo con sè la tradizione, le severe leggi alimentari, l'esigenza del kosher... ma dalla diaspora in poi, il problema era piuttosto quello di preservare quanto più possibile l'identità (in questo caso, culinaria) di chi si trovava, ora, alle prese con altri prodotti, diversi... finendo per subire, seppur in maniera parziale, l'influenza del paese ospite! Ma era inevitabile! E per questo, quella ebraica, è una cucina interessantissima, dotata di 3001 sfumature, a seconda che si tratti di ebrei italiani, rumeni... piuttosto che georgiani! Con i soliti, imprescindibili tratti salienti che... gira e rigira, tornano! Sempre!

Latkes di patate dolci, con yogurt e salsa di mele e mirtilli
per 4 persone

650 g di patate dolci
200 g di mirtilli
100 g di yogurt intero naturale
5 mele verdi
2 cipolle
60 g di matzo meal (farina di pane azzimo oppure pangrattato)
2 uova
90 g di zucchero
1 cucchiaino di lievito in polvere
1 stecca di cannella
1/2 limone
olio di semi
sale e pepe

Sbucciare le mele, eliminare il torsolo, tagliarle a cubetti e porle in una casseruola con la cannella. Spruzzarle con il succo del limone, unire lo zucchero (tenendone da parte 1/2 cucchiaino) e cuocere a fuoco dolce per 15 minuti, finchè la frutta risulterà tenera, ma ancora soda. Aggiungere i mirtilli lavati, cuocere ancora 5 minuti, togliere dal fuoco e lasciar raffreddare a temperatura ambiente. Pelare le patate e grattugiarle; strizzarle attraverso un telo di cotone per eliminare più liquido possibile. Trasferirle in una ciotola, aggiungere le cipolle anch'esse grattuigiate, il matzo meal, le uova, il lievito, lo zucchero tenuto da parte, sale, pepe e mescolare bene il composto. Scaldare l'olio in una padella e friggervi il composto di patate a cucchiaiate, per circa 8 minuti, fino ad ottenere delle frittelle perfettamente dorate su entrambi i lati. Tamponarle su carta assorbente da cucina e servirle caldissime, accompagnando con la salsa di mele e mirtilli e lo yogurt.

lunedì 26 gennaio 2009

Torta di mele alla francese


Oh mon dieu, la tarte aux pommes! Prima di svenire per l'emozione... due parole su questo classico della pasticceria francese, volutamente selezionato per il nostro tea-time della domenica... una torta speciale (specialmente buona, ndr) per un'occasione speciale (ehm, anniversario da festeggiare)! E poi... come si potrebbe dire di no alla dolce Fanny?! Non so se avete letto, la deliziosa apprendista-pasticcera francofona (apprendista si fa per dire, quando passo da lei... avrei voglia d'andare a nascondermi) gradirebbe conoscere quella che, secondo noi, rappresenta (in assoluto) la torta francese per eccellenza! Per me, esattamente questa qui! Forse perchè, sin dal primo assaggio, ho letteralmente adorato questa tendenza (tipicamente francese) ad utilizzare, come base, la pasta brisée piuttosto che la classica pasta frolla... croccantissima e (soprattutto) non zuccherata, perfettamente legata al dolcissimo ripieno alle mele, glassato al Calvados. Oh mon dieu! Ed il suddetto primo assaggio ebbe luogo proprio a Parigi, in un delizioso café de Montmartre, quando avevo da metabolizzare una certa dose di rabbia, delusione... la napoletana, quella del noio volevam savuàr, elegantemente truffata (perchè i francesi lo fanno con la massima eleganza!) da una sottospecie d'artista fallito... ovvero, quello che non è così bravo da meritare un posto ufficiale alla place du tertre (il folkloristico ritrovo parigino degli artisti di strada), il luogo in cui ogni turista sogna di lasciarsi amabilmente ritrarre. Soltanto che io, stà cosa, non la sognavo affatto! Anzi, avrei preferito continuare tranquillamente la mia passeggiata... fu l'artista a venire da me! Sì perchè mentre per gli altri (artisti), quelli bravi, bisognava aspettare un bel po' prima di veder abbozzare la linea del proprio naso (oltre a sborsare un bel mucchio di soldi)... il mio, addirittura, si fece avanti da sè! Eh certo, era della categoria non-sono-un-artista-ma-ci-provo-lo-stesso! Li riconosci subito: se ne stanno lì, all'uscita della piazza, mettono i saldi e ci provano! Provano a circuirvi, sempre con l'eleganza di cui prima... in men che non si dica, vi trasformano nel loro nuovo soggetto artistico... dipingono ed intanto ammiccano, strizzano l'occhio dalla tela, vedrete che v'aggiusteranno pure i capelli (per non oscurare quei bellissimi occhi...). Faranno un po' i piacioni insomma! E per forza: non devono lasciarvi intendere che... stanno per rifilarvi una di quelle sole pazzesche, con una tale eleganza poi! E tu finisci per addolcirti, alla fine... lo lasci fare! E dopo due minuti esatti (però! gli artisti seri, ci mettono almeno due ore per ogni ritratto!), eccomi, il grande capolavoro tra le mani... scusi, questa sarei io? guardi, non per fare i precisini, ma non mi somiglia proprio per niente!!! E da qui, un'improbabilissima discussione sulla visione dell'artista, etc etc... mentre, per magia, altri artisti (amici del mio), iniziavano a sbucare dai viottoli, parandosi tutt'intorno alla sottoscritta... così la pianti, una buona volta, di scaldarti tanto! L'artista ti vede così! Situazioni che conosco fin troppo bene, per questo desideravo soltanto pagare, fuggire il più presto possibile ed affogare il dispiacere in un fetta di tarte aux pomme... quella con la brisée croccante e la glassa al Calvados! Giusto per la cronaca: è stato l'unico avvenimento infelice della nostra vacanza parigina... tutto il resto, un sogno ad occhi aperti! Ma tout le monde... è paese! Evviva!

p.s. per la torta, ho seguito una ricetta di Maxine Clark (che proprio francese non è, ma comunque)... ricordate il club delle ricette perfette? aggiungere all'elenco, s'il vous plait!

Tarte aux pommes (torta di mele alla francese)
per una teglia da 25 cm, apribile

per la base:
250 g di farina 00 setacciata
1 cucchiaino di sale
125 g di burro a temperatura ambiente
1 tuorlo d'uovo
3 cucchiai d'acqua fredda

per il ripieno:
4 mele dolci, molto profumate (nel mio caso, renette)
3 cucchiai di zucchero
50 g di burro
5 cucchiai di confettura d'albicocche
2 cucchiai di Calvados

Con l'aiuto di un mixer, amalgamare tutti gli ingredienti della base fino a raggiungere una consistenza liscia ed omogenea. Trasferire il tutto su un piano da lavoro leggermente infarinato, raccogliere formando un panetto rotondo, avvolgere in uno strato di pellicola per alimenti e far riposare in frigorifero per almeno mezz'ora (l'ideale sarebbe prepararla con un giorno d'anticipo!!!). Se non si dispone di un mixer, procedere con il classico sistema della fontana, ovvero con la farina posta su un piano da lavoro, il sale, si esegue un buco al centro e vi si inseriscono il burro a tocchetti ed il tuorlo; si lavorano questi ultimi con la punta delle dita così da ottenere un composto unico. Incorporare pian piano anche la farina laterale, spostandola gradualmente verso il centro, aggiungere l'acqua ed impastare rapidamente fino ad ottenere un panetto omogeneo. Portare la pasta a temperatura ambiente prima dell'utilizzo. Quindi, stenderla il più sottile possibile su un piano da lavoro leggermente infarinato, utilizzarla per rivestire la teglia e porre in freezer per dieci minuti. Nel frattempo, sbucciare le mele, eliminare il torsolo e tagliarle a fettine sottilissime. Riprendere la teglia, sistemare le mele formando dei cerchi concentrici (sovrapporre leggermente le mele fra loro), spolverare con lo zucchero, distribuire fiocchi di burro su tutta la superficie e cuocere a 200 gradi per circa un'ora (le mele e la pasta dovranno risultare perfettamente dorate). Sfornare ed attendere 5 minuti prima di rimuovere la torta dalla teglia. In un piccolo tegame, scaldare la confettura ed il Calvados a fuoco lento. Filtrare il tutto con un colino ed utilizzare per glassare la torta. Servire a temperatura ambiente.

Qualche consiglio... della serie, non fate come me: lo zucchero va spolverato soltanto sulle mele, non sulla pasta, la cottura prolungata finirebbe per bruciarla orrendamente. E visto che si richiede l'utilizzo d'uno stampo apribile, assicuratevi che, il vostro, non abbia perdite. In ogni caso, sarebbe preferibile porre una teglia (raccogli-colate-di-burro-fuso) al di sotto dello stampo :-)

venerdì 23 gennaio 2009

Biscotti all'olio extravergine d'oliva... al limone :-)


Proprio come il peperoncino che era tutto dentro la pasta, stavolta il limone è già tutto nell'olio!!! Premessa: nei dolci, tenderei (un po' per status quo) a prediligere ampiamente l'utilizzo del burro! Poi, esattamente come succede per tante verità incrollabili (che tu pensi siano incrollabili e invece...), capita d'auto-eccepirsi, poichè capita (eccome se capita!!!) d'incuriosirsi peggio d'una scimmia... in questo caso, leggere alla voce Corrado Assenza e l'utilizzo dell'olio d'oliva in pasticceria! Mah, volendola fare anche più burina, ci sarebbero le (solite) ciambelline laziali, per cui sì... un bel po' di materiale storico che ti spinge a sperimentare. Senza dimenticare il solito stato di necessità - adesso che c'ho quest'olio fantastico, oddddio quanto lo desideravo, uhm sì, che ci faccio?! - ...la risposta è stata dolce, suggerita da un certo desiderio di biscottini sgranocchiosi, dolci ma anche non (pizzichino di fior di sale, ooppss), consistenza sablé (più rustica e sgranocchiosa della comune pasta frolla, ndr) pur mancando sia di burro che di uovo (mah!) Lemonini senz'altro (lemonerrimi, come direbbe qualcuno!)... degustati a mo' d'oggetto di culto... in centellinate pause prima-colazione/tea-time. Finiti in fretta, sob!

Biscotti all'olio extravergine d'oliva
e limoni di Sorrento

(per 10 biscotti piuttosto grandi)

250 g di farina 00
120 g di zucchero
100 g d'olio extravergine d'oliva al limone
5 g di fior di sale (due pizzichi)
la buccia grattugiata di 1/2 limone (non trattato)

Se utilizzate un mixer, inserite tutti gli ingredienti e frullate fino ad ottenere una massa liscia e compatta (diversamente, mescolate la farina con lo zucchero, il sale e la buccia di limone e lavorate il tutto con l'olio fino ad ottenere un panetto come sopra). Avvolgete il tutto nella pellicola e lasciate riposare in frigorifero per circa due ore. Riprendete l'impasto, stendetelo ad uno spessore di 5 mm, ritagliate i biscotti e posizionateli su di una teglia foderata con carta da forno. Riponete nuovamente in frigorifero per almeno mezz'ora. Infine, cuocete a 180 gradi per 12 minuti. Estraete e lasciate raffreddare completamente prima di servire... con un buon tè al limone magari :-)

p.s. come giustamente mi faceva notare qualcuno nei comments, sììì... potete utilizzare anche un olio extravergine normale, non aromatizzato; in tal caso, aggiungete la scorza di un limone intero, tritata finemente, con due cucchiai di succo (di limone) filtrato... anche un po' di più, a patto di riuscire a raccogliere l'impasto in un panetto umido, ma assolutamente liscio e compatto; per chi, invece, volesse cimentarsi nell'aromatizzazione fai-da-te (cosa che non ho fatto io, visto che l'olio in questione m'è arrivato già pronto, da qui), suggerirei un giretto su questo sito ...e poi fateci sapere :-)

giovedì 22 gennaio 2009

Uovo in camicia, con speck di Sauris e tartufo


Dov'eravamo rimasti? Ah sì, ai poveri ma belli... mettetevi il cuore in pace perchè ve ne parlerò con nonchalance fino al termine del concorso (che non è poi così lontanto, vi siete già messi all'opera, vero!?). Ed in tutta onestà, non credo che la cosa possa dispiacere a qualcuno... voglio dire, parliamo di un bel piatto, un'idea carina che se ne stava proprio lì, a portata di frigo, oltre tutto a costo ridotto, anzi meno! Boh, ma uno che dovrebbe inventarsi per incollarvi al monitor?! Dai, oggi ci cuciniamo il secondo: niente carne, pesce nemmeno, ci facciamo un ovetto, proteina povera... e così ci becchiamo anche la fascia vegetariana (qualcuno in ascolto?), fascia che potrà ampiamente glissare la fase speck e fermarsi appena prima dove, garantisco, non si sta affatto male!!! Mai fatto l'uovo in camicia? Niente paura, vi dirò tutto quanto c'è da sapere, senza dimenticare che, la sottoscritta, alla sua primissima volta, telefonate isteriche con la mammina a parte (ma stò coso devo versarlo proprio nell'acqua?), se ne rimase lì, ricetta tra le mani, a rileggere il procedimento per almeno 5 volte... non risucivo a capacitarmi sulla storia del tuffo, ecco! Poi sì, rassegnatevi, i primi tentativi saranno da dimenticare (oddio, non è che se ne stanno tutti lì a fotografare... poveri e brutti, ma si mangiano lo stesso!!!). Invece, per farli (anche) bellini, fate esattamente così...

Uovo in camicia, con speck di Sauris e tartufo
per ogni uovo:

1 uovo freschissimo (a temperatura ambiente)
acqua
1 cucchiaio d'aceto di vino bianco
1 noce di burro
1 cucchiaino di parmigiano grattugiato
1 fettina di speck
1 cucchiaino di tartufo nero grattugiato
fior di sale
pepe nero

In una casseruola (diametro di circa 15 cm), versare dell'acqua fino a riempire la stessa per 3/4, unire l'aceto e mettere sul fuoco a bollire: quindi, abbassare la fiamma, in modo che l'acqua frema soltanto, rompere l'uovo in un piattino e farlo scivolare delicatamente nella casseruola. Con un cucchiaio, eseguire dei cerchi concentrici intorno al tuorlo (senza però toccare l'albume) in modo che, cuocendo, il bianco vada a rapprendersi proprio come una camicia intorno al rosso. Lasciar cuocere per 3 minuti, quindi scolare l'uovo sollevandolo con una schiumarola e posizionarlo in una piccola cocotte imburrata (a questo punto, potrete tranquillamente cuocere altre uova utilizzando la stessa acqua e procedendo sempre con un uovo alla volta). Condire l'uovo con un pizzico di sale e di pepe, spolverare con il parmigiano, un fiocchetto di burro ed appoggiarvi sopra la fettina di speck. Ancora un fiocchetto di burro, il tartufo, un pizzico di pepe e passare al grill (ben caldo) per pochi minuti, così da lasciar sciogliere leggermente il formaggio. Servire caldo, accompagnando, eventualmente, con della verdura cotta al vapore.

E visto che, ancora un volta, gli ingredienti da utilizzare sono davvero pochi, solito occhio di riguardo per la materia prima, con solitissima sbirciatina in dispensa, ovvero ciò che ho utilizzato io:

- uova pref. biologiche (se poi avete l'amico contadino...)
- burro Occelli
- fior di sale di Guérande
- parmigiano reggiano 30 mesi (...e non oso immaginare cosa dev'essere il 36)
-
speck di Sauris

Due parole su quest'ultima, felice scoperta: a pensarci bene, decisamente non sono (sarei) tipo da speck, nel senso che lo utilizzo per farcire, ma da qui ad elevarlo a salume da degustare sic et simpliciter... è che lo trovo sempre un po' secco, duretto e pure un po' salato. Ma avevo sentito un po' di voci in giro (visto che le voci servono?!) e mi sono lanciata con quello di Sauris, ovvero lo speck che d'ora in poi farà compagnia ai nostri soliti noti, nelle amate cenette-aperitivo (che diventano sempre più frequenti tra l'altro, mah)... ed anche lo speck che mi costringerà (finalmente) all'acquisto di una piccola affettatrice perchè, davvero, non potete immaginare cos'è questo speck affettato sottile-sottile, con la fettina di pane ed il prosecchino, non potete :-)))

mercoledì 21 gennaio 2009

Ajo, ojo e peperoncino


Fermi tutti, ricetta con dedica: Jajo, tutta per te!!! Ok, detto questo... piatto semplice, di più, semplicissimo... però non facciamo che, in quest'infinito elogio della semplicità, finisce per cascarci (ancora) il solito, tapinissimo asinello!!! Intanto, perchè sarà anche un piatto povero (ma bello, ndr) eppure è il cavallo di battaglia di Adriano Baldassarre, per citarne uno. Semplice... semplice perchè (tutto) ruota intorno a tre ingredienti, esattamente quelli del titolo (nel mio caso qualcuno in più, ma ne parliamo dopo...). E quindi è impossibile barare, il confine tra una pasta ajo e ojo strepitosa ed una massa di spaghetti asciutti e collosi... bè, è oltremodo labile! Un po' come quello tra una cacio e pepe da urlo ed una "mappazza di roba" che puoi tranquillamente inforcare e sollevare dal piatto così com'è, in un colpo solo! Quindi che si fa? Fattore essenziale... velocità: si scola la pasta, tuffo nel condimento, qualche salto in padella e via nel piatto! Tutti a tavola! E poi (anzi, questo viene decisamente prima), la scelta della materia prima! Lasciarsi sopraffare dal sentore dell'olio sfrigolato, dall'aroma inconfondibile dell'aglio rosolato... giuro, non ha prezzo! Ed avevo accennato a qualche ingrediente opzionale: particolarità-numero-uno, nel mio caso il peperoncino è proprio dentro la pasta (non è un effetto photoshoppesco, pasta rossa... come il peperoncino appunto)! Parliamo di puro e semplice divertimento (sempre tutte stè cose strane in cerca di utilizzo...), eppure devo dire... scelta azzeccatissima. Ampiamente apprezzata!!! Particolarità-numero-due: uvetta e pinoli, in bonus!!! Con la seguente motivazione: a casa mia (in senso ampio, nel senso che anche a casa della zia, dell'altra zia, della nonna...) s'è sempre fatta così! Vi basta?! Molto poco professionale come spiegazione, lo ammetto... ma facciamo che prima l'assaggiate e poi commentate! E mi direte anche a proposito di quel pezzetto di pane, immancabilmente intinto sul fondo del piatto...

Ajo e ojo con linguine al peperoncino
per due persone

150 g di linguine al peperoncino e germe di grano
2 spicchi d'aglio
2 acciughe sott'olio
2 cucchiai di pinoli
1 cucchiaio di uvetta (già fatta rinvenire in acqua tiepida)
1 cucchiaio di prezzemolo fresco (tritato)
olio extravergine d'oliva
sale

Mentre cuoce la pasta (in acqua bollente e salata), scaldate abbondante olio extravergine d'oliva in un'ampia padella a bordi alti e rosolatevi due spicchi d'aglio schiacciati (normalmente, andrebbe rosolato anche un peperoncino fresco a pezzetti, ma nel mio caso, era già tutto nella pasta). Unite anche le acciughe e lasciatele sciogliere. A rosolatura avvenuta, eliminate l'aglio ed aggiungete i pinoli, l'uvetta e lasciate tostare per circa un minuto a fiamma vivace. Salate. Con una schiumarola, sollevate la pasta e versatela direttamente nella padella con il condimento. Saltate il tutto velocemente unendo, soltanto alla fine, un cucchiaio di prezzemolo fresco tritato al momento. Servite immediatamente!

Sbirciatina nella mia dispensa?

Olio extravergine d'oliva Pianogrillo


Pasta al peperoncino e germe di grano Morelli

... e buon appetito!!!

martedì 20 gennaio 2009

Poveri, ma belli: contest!


Ce l'abbiamo fatta: secondo capitolo della saga "mammachebuono organizza i concorsi a premi"!!! In realtà, la cosa era già nel cassetto da un bel po' di tempo, soltanto che il trasloco, poi il trasloco bis... come dicevo, però, alla fine ce l'abbiamo fatta. E vi confesso che il nocciolo della questione lo trovo assolutamente stuzzicante, oltre che serio e degno del massimo rispetto (da parte nostra, ovvero di chi la guerra non l'ha fatta, etc etc... alzi la mano chi non se l'è sentito dire almeno una volta, da nonni, zii e dintorni)! Per cui sì, parliamo di cucina povera, nella fattispecie... di quei piatti assolutamente strepitosi nati dal niente o poco più! Epoche in cui la creatività andava letta alla voce f-a-m-e!!! Ed ancor più nella fattispecie... parliamo di quei piatti che, nella loro disarmante semplicità, occupano (oggi) un posto di rilievo sui menu dei ristoranti più famosi oppure, perchè no, sulla vostra tavola, quella delle feste magari! Non a caso, il logo di questa (nuova e bella) avventura altro non è che nostra-signora-la-pasta-e-fagioli... a parer mio, un esempio su tutti! Ricapitolando, tutto ciò che vi chiedo è riproporre un piatto povero legato alla vostra tradizione regionale, ma andrà benissimo anche quella famosa ricetta che inventò la nonna... quel giorno che aveva solo 2 etti di carne e 6 figli da sfamare! V'informo sin d'adesso che tutte le ricette pervenute, faranno parte di un ricettario in formato pdf (sì, ma certo che ci penso io!), suddiviso per portate (antipasti, primi, secondi)... utile no?! Ok, penso d'aver detto (quasi) tutto: vi esorto di cuore a partecipare per puro e sano divertimento... mettendoci dentro, però, quel necessario (pizzico di) spirito competitivo - anche stavolta non ci siamo di certo fatti mancare i premi - e senza dimenticare una bella presa d'orgoglio... ci state raccontando un pezzettino di storia culinaria, la vostra!

Per partecipare:

inviate la ricetta (preferibilmente corredata da una foto) all'indirizzo di posta elettronica nadia(chiocciola)mammachebuono(punto)org indicando gli ingredienti, il procedimento ed anche la genesi della ricetta (quel giorno, la nonna aveva solo 2 etti di carne e ben 6 figli...). Fatelo nella maniera che più vi garba, davvero, anche se il tutto dovesse diventare un filo commovente... ci piace, ci piace :-)

Le ricette (e tutto il resto) dovranno pervenire entro (e non oltre) la mezzanotte di domenica, 1 febbraio 2009. Chi ha un blog, naturalmente, potrà dedicare un post al concorso, pubblicando la propria ricetta ed il logo del concorso (quello lassù)!

La premiazione:

le ricette pervenute verranno giudicate dallo staff di mammachebuono, nella persona di Precisina (ehm, abbiamo fatto il tocco ed è uscita ancora lei), con la gentile collaborazione de La Compagnia del Cavatappi, nella squisita persona del signor Giovanni. Premieremo tre ricette (primo, secondo e terzo posto), quelle che ci sembreranno maggiormente creative, geniali, succulente ed assolutamente economiche... piccola spesa, massima resa (e massimo gusto!!!), il senso è proprio questo! In palio, tre buoni-spesa da spendere liberamente sul sito del nostro sponsor (le spese di trasporto sono gratuite, ma che gentile stò Giovanni, davvero non ho parole)...

150,00 euro di spesa per il primo posto
100,00 euro di spesa per il secondo
50,00 euro di spesa per il terzo

Allora, vi piace? E mentre iniziate a meditare sulla cosa, suggerirei un giretto panoramico da queste parti... così, giusto per decidere quanto prenderla sul serio :-)



Le ricette dei bloggers:

Ciccioria con Cime e Baccalà, Cicatielli, Cavaiuoli, Scarola e Fagioli, Malati, Patate e Peperoni, Fusilli alla genovese, Mugliatielli e Pizza con le Cecole

Imma con Frittata di spaghetti

Elga con Zuppa di Cipolle con croste di Formaggio

Twostella con Bagna d'infern

Antonella con Frittelle di Pane

Paola con Finta genovese

Jajo con Cappone di galera, Pasta e fagioli, Frittata mille aromi, Pinzimonio

Lisa con La scarpaza

Ivana con Spaghettini in brodetto di 'finto' pesce

Kitty con Minestra di fagioli cotti in forno a legna

Nonna Ines con Minestra povera

Chiara con Zuppa di Castagne e Ceci

Onde con Pasta arruminata

Elle con Scarola 'mbuttunata, Pasta con Verza, Spaghetti al Limone, Polpettone di Lenticchie

Elisabetta con Clafoutis di porri e pane

Lydia con Bocconcini di Ricotta in umido

Gloricetta con Crema di Mosto creativa

Lenny con Peperoni salati all'Olio d'oliva

Mariluna con Insalata di Fagioli, Cipolle di Tropea e Pane toscano

Luca and Sabrina con Zuppa di Fagioli e Vongole

Lo con Torta di Pane

Virginia con Semolino alla nocciola e limone

Trattoria Muvara con Pani frattau

Ady con Minestra di Cavolfiore e Spaghetti spezzati

Chiara con Pancotto

Rorò con Lagane e Ciciri

Cocozza con Minestra di Zucca, Patate e Fagiolini

Cindystar con Stracciatella in brodo

Daniela con Maccheroni con Casu furriadu, Pane Guttiau, Zuppa di Fave secche e Verza, Zuppa Cuata e Casadine

Dida con Pizzicotti al sugo di Guanciale

Alex con Pasta e Fagioli con quenelle di Radicchio

Kristel con Fainà

Cannelle con Minestra di Zucca e Ceci

Cocò con Pane fritto con la Bieta

... e quelle dei no-bloggers:


Acquaviva con Rösti e Zincarlin

Sono cresciuta in Lombardia ma con una mamma svizzera, molto più dedita al lavoro ed ai surgelati che alla cucina di tradizione... e questa è la parte “lacrimevole” della mia storia, perchè capirai che quando ho letto che volevi ricette di famiglia mi sono depressa!Mi ha risollevato però il pensiero del tema “economico”, dato che la mia famiglia ha vissuto, come tante, la fame della guerra, quindi ha naturalmente sviluppato un istinto “risparmioso”.Ho deciso dunque di sfruttare proprio il lato elvetico della nostra dispensa, povera di tutto tranne che di patate (come si diceva allora: “in ogni cucina la patata è regina”), che mia madre ci propinava in ogni versione, e quello supersviluppato dell'arte del riciclo “quasi estremo”.A casa dei miei era considerato un sacrilegio buttare via qualsiasi alimento (per darti la dimensione, mia madre da bambina faceva merenda pucciando il pane secco nell'olio di frittura del pesce...), così il mio piatto di origine familiare “povero ma bello” parte da qualche patata e da due litri di latte...scaduto (eh già!), miscelati ad una madre senza tempo per stare in cucina e ad un mix di culture di confine, compresa una tradizione locale che rende omaggio a San Carlo Borromeo. N.B. piccole precisazioni filologiche: i rösti svizzeri in realtà si fanno con patate lessate la sera prima e poi grattugiate al momento della cottura, ma la mia mamma non aveva tempo, quindi nella sua efficienza svizzera ne ha collaudata una interpretazione personale in cui grattugiava direttamente le patate da crude... Lo zincarlin, cioè San Carlino, in realtà sarebbe una formaggina tipica sia del lato lombardo che della sponda piemontese del lago Maggiore; si può consumare fresca ma nella stagione fredda si usava anche farla stagionare, partendo con la cagliata il 4 novembre, giorno appunto di San Carlo,detto confidenzialmente in zona Carlun o Carlin. Questa ne è una versione ultracasalinga e semplificata che utilizziamo in famiglia ancora oggi per riciclare (davvero!) il latte scaduto da un paio di giorni, ma naturalmente si può usare anche latte normale! per la formaggina: - 2 lt. latte intero (meglio ancora parte latte e parte panna) - 3 cucchiai di aceto bianco (o succo limone filtrato) - sale fine - pepe al mulinello - 1 rametto rosmarino - 1 grosso spicchio d'aglio - scaldare il latte in una pentola larga e bassa fino a che quasi comincia a fremere e spegnere - versarci l'aceto ed un cucchiaino abbondante di sale (il doppio se si vuol fare stagionare il formaggio), rimestare appena per distribuirli in modo uniforme e lasciar riposare coperto fino a che si comincia a separare una parte bianca e solida da un siero liquido e più trasparente - versare il tutto in un in un colapasta foderato con un panno pulito dalla trama fine (ideali i fazzoletti di batista), raccogliere a fagotto il telo e premere bene dall'esterno con il dorso di un cucchiaio per far uscire più liquido possibile e compattare le “briciole” solide, quindi lasciar raffreddare - annodare le cocche del telo attorno ad un cucchiaio di legno, sospendere il cucchiaio sopra un recipiente abbastanza alto perchè il fagotto resti distaccato dal fondo e riporre tutto in frigo a scolare per 6 ore (ma si può variare dalle 3 alle 12... più tempo passa più la formaggina resta asciutta e grumosa) - rovesciare la formaggina ottenuta in una ciotola e lavorarla con la forchetta per renderla spumosa, incorporando a piacere sale, pepe appena macinato, aglio e/o rosmarino tritatissimi (se ne possono anche preparare due o tre aromarizzati diversamente con altre erbe, spezie,peperoncino, eccetera. La ricetta tradizionale prevede aglio, pepe e prezzemolo, che mia mamma sostituiva con il rosmarino del cespuglio in giardino) e tenere in frigo ben coperto fino al momento di servire - si può consumare così, come formaggina fresca, eventualmente condita con un po' di olio (mia mamma perchè rendesse di più lo lavorava con poco olio e qualche cucchiaio di latte fino ad ottenere una crema morbida e fluida, io lo preferisco, come in foto, un po' più spumoso), oppure ricomapattarla in formaggelle, spennellarne la superficie con acqua e sale e tenerle in frigo sotto un panno a maturare per qualche giorno, fino ad un mese, in modo che diventi un formaggio un po' più sodo ed asciutto, tipo quartirolo, da servire poi spruzzato di aceto (balsamico). per le frittelle di patate:- 4 patate medie (c.a 750/800 gr.) - olio di arachidi - 2 fette di pancetta un po' spesse (circa 2 mm.) - 1 cipolla piccola - 1 rametto rosmarino - sale - pepe - (cumino) - (latte) - tritare grossolanamente la pancetta e metterla in una padella calda in modo che perda il grasso e si incroccantisca leggermente senza però seccare, quindi scolarla conservando il grasso sciolto - grattugiare le patate sbucciate da crude con la grattugia a fori grossi, salare pepare, lasciar scolare l'acqua di vegetazione per qualche minuto ed aggiungere la cipolla ed il rosmarino tritatissimi e la pancetta croccante (rosmarino per le stesse ragioni di cui sopra. Spesso ora sostituisco cipolla e rosmarino con sola erba cipollina) - scaldare 1 cucchiaio del fondo della pancetta con 3 o 4 cucchiai di olio (mia mamma usava burro ma non mi sembra il caso) in un largo tegame e versarci 2 cucchiaiate di patate per ogni frittella, appiattendole con una spatola e dorandole 2 o 3 minuti per lato - spolverare di sale e pepe e servire con accanto la formaggina. Ecco, fino a qui tutto bene, tranne che stamattina, quando mi collego per mandarti il tutto vedo che hai pubblicato... delle frittelle di patate! Allora possiamo “arricchire” le patate di casa nostra con farina e formaggio (poca spesa!) e sostituire i rösti con dei:Bastoncini di patate alle erbe - 180 gr. patate farinose - 150 gr. burro - 200 gr. farina 00 (più quella per la spianatoia) - 2 cucchiai parmigiano grattugiato - sale - pepe (e/o noce moscata) - 1 cucchiaio rosmarino tritatissimo (e/o erbe di provenza, semi di senape, di cumino, di papavero, sale grosso, parmigiano grattugiato ...) - 1 uovo - 2 o 3 cucchiai di latte (o panna) - lessare le patate sbucciate in acqua salata per 20 minuti (io le cuocio a vapore nel microonde a pezzi ma con la buccia per 7 o 8 minuti), scolarle e ridurle in purè - lasciar intiepidire ed unire il burro a fiocchetti, la farina, l'albume, il rosmarino (e/o altre erbe/spezie), il parmigiano, una buona grattata di pepe e, se serve, un pizzico di sale - impastare fino ad ottenere una bella palla omogenea e soda, dividerla in panetti e rotolarli sul piano infarinato fino ad ottenerne dei salsicciotti spessi circa un dito, che andranno poi tagliati in bastoncini di circa 5 o 6 cm (oppure stendere l'impasto in spessore 7/8 mm. e ritagliare con formine per biscotti) - Spennellare i bastoncini con il tuorlo sbattuto con il latte (o con la panna), ed eventualmente cospargerli con le diverse erbe/spezie - infornare a 170° in forno ventilato o 190° statico e cuocere per circa 25 minuti (quelli tagliati a biscotto un po' meno), fino a che i bastoncini sono ben dorati, quindi lasciar raffreddare su una gratella - sono buoni sia al momento, con il centro leggermente morbido, che il giorno dopo, più secchi, naturalmente sempre accompagnati dallo zincarlin, ma anche con una salsina di pomodoro, aglio ed erbe. (nella foto: biscottini lisci con erbe di provenza nell'impasto e biscottini dall'impasto neutro con semi di papavero in superficie, formaggina appena levata dal telo, formaggina compattata pronta per l'eventuale maturazione e formaggina lavorata con olio, aglio, pepe fresco ed erbe di provenza, per assonanza con i biscotti).


Borraccia con Purea di Fave con Cicoria

Un ricordo… a volte è difficile andare a scavare nella propria vita, soprattutto se ci si affida solo alla memoria, tanti episodi, più o meno lontani, si accavallano confusi, senza un ordine, né un’importanza precisa. Quando ho pensato di partecipare a questo “nostalgico” concorso, ho dovuto farmi spazio tra le mille ricette che hanno accompagnato la mia infanzia, e devo ammettere, che quando cresci in una famiglia genuina come la mia, scegliere un solo piatto povero diventa un’impresa davvero ardua. Così, ho pensato di lasciarmi guidare più dal cuore che dal palato e sono stata illuminata da un ricordo… Dovevo avere circa sei o sette anni, quando mia nonna, in un tranquillo e silenzioso pomeriggio di settembre, esce sul pianerottolo di casa e GRIDA: “mann’ purtat e’ fav! Anna, manna a figliet!” Urgono sottotitoli? Ma no, dai! Confido nelle capacità linguistiche di voi chef. Chiaramente, all’inizio, l’invito non destò in me grande entusiasmo, ma come volevasi dimostrare, dopo qualche minuto, mi trovavo a casa di mia nonna con davanti una montagna di fave provenienti dalla terra di non so chi. Insomma, oggetti verdi, dalla strana forma allungata, inodori e dal fastidiosissimo inconveniente di dover essere SBUCCIATI per ricavarne meschine palline deformi. Quando vedo mia nonna addentarne una, sono travolta dalla curiosità di imitarla. E assaggia una, divora un’altra, con timida convinzione ammisi che MI PIACEVANO!! Erano croccanti, sfiziose e soprattutto mi regalarono un divertente e inaspettato pomeriggio con mia nonna… Le fave le ho sempre mangiate così, come natura vuole! Ma sapevate che sono sempre state considerate “la carne dei poveri”? (voi direte, ma non erano i fagioli? Vabbe’, diciamo che se la contendono) Così ho riscoperto un piatto meridionale (pugliese, per la precisione) che abbina la dolcezza della fave all’amaro della cicoria. Un piatto salutare, ma nutriente, che in tempi dove l’abbondanza aveva ancora un suo fascino permetteva di sfamare tante bocche semplicemente con i prodotti dell’orto.

400 gr. di fave
1.000 kg di cicoria
1 patata
olio
sale
pepe
(Purtroppo gennaio non è il periodo ideale per le fave, quindi dobbiamo accontentarci di quelle secche.)
Mettete a bagno le fave in abbondante acqua per tutta la notte. Dopo averle scolate, disponetele in una casseruola, aggiungete la patata tagliata a dadini e coprite con acqua fredda. Mettete la casseruola sul fuoco e portate ad ebollizione. A quel punto salate e lasciate cuocere per circa un’ora senza mai mescolare fino a quando le fave non saranno tenerissime e quasi disfatte. Intanto mondate la cicoria, lavatela e lessatela in abbondante acqua salata. Scolatela ancora al dente e tenetela in caldo. Quando le fave sono pronte, conditele con 3 cucchiai d’olio e lavoratele energicamente con un cucchiaio di legno, in modo da trasformarle in una purea che dovrà essere non troppo densa. Insaporite fave e cicoria con un’abbondante macinata di pepe e con altro olio. Distribuite la purea caldissima nei singoli piatti e adagiatevi sopra una forchettata di cicoria come se fossero degli spaghetti, o tante piccole forchettate, come ho fatto io. Ora non vi resta che lasciarvi avvolgere dal suo sapore.


Ilenia con Pasta e Fagioli con i Frizzuli

Fortunatamente sono nata in un periodo in cui la fame non si è sofferta e in casa non ci è mancato mai nulla...La stessa fortuna non l’hanno avuta i miei genitori : parlo di mia madre … Non per imitare ciò che la mia cara "Precy “ dice nella presentazione di questo concorso culinario con quel giorno, la nonna aveva solo 2 etti di carne e ben 6 figli da sfamare….”ma mia nonna Lucia ( che abbiamo sempre chiamata ‘ Cia ) davvero aveva 6 bocche da sfamare…ma il problema era che non aveva nemmeno i due etti di carne !!!!!Parliamo degli anni del dopoguerra…considerando che mia madre è del 1945 e che è stata l’ultima della famiglia, una famiglia che nonna Cia ha dovuto crescere e mandare avanti da sola, facendo i lavori più impossibili, “vendendosi” anche il latte del proprio seno per dar da mangiare ai propri figli, visto che il marito era morto in guerra….Certo non esistevano merendine e succhi di frutta per la colazione, ma esisteva la fame…quella che lo stomaco te lo fa brontolare sul serio …e che sicuramente nessuno della nostra generazione ha mai provato…Pentoloni di acqua e legumi che venivano cotti rigorosamente sul “focalile”, (così lo chiamava lei nel suo dialetto )in proporzioni strane…..litri e litri di acqua…. Perché? Perché con l’acqua dei fagioli o dei ceci ci si bagnava il pane e ci si faceva merenda…Mia madre ricorda che anche tra vicini di casa c’era quest’abitudine di scambiarsi l’acqua cotta dei legumi : oggi ho fatto io i fagioli e do un po’d’ “acqua “ a te…domani fai tu i ceci e ne dai un po’ a me. Ancora oggi mamma quando cuoce i legumi ,a mezza mattinata prende la fetta di pane casereccio e la bagna con la loro acqua…e un filo d’olio .Dice che, nonostante oggi non le manchi niente…quel pane non sa come sapeva a quei tempi !

Ingredienti ( per 4 persone ):

· 250 gr di fagioli cannellini secchi ( messi a bagno la sera prima e fatti stare in ammollo tutta la notte )

· 350 gr di pasta mista

· 75-100 g di Olio extra vergine di oliva

· Pepe e sale

Lessare i fagioli in sola acqua e sale preferibilmente facendoli cuocere in una pentola di coccio ( ci metterete un bel po’ ma avranno tutt’altro sapore ).Se avete poco tempo potete utilizzare due scatole di quelli che vendono già cotti ( e’ consigliabile però farli cuocere ancora un pochino) .: Mentre cuocete la pasta mettete un pentolino antiaderente con l’olio sul fuoco e quando questo diventerà bello caldo versateci una manciata di pasta mista cruda. Ci vorranno due minuti circa per farla colorire…ma non bruciare!!!!!! Quando diventa marroncina , potete spegnere. Non appena la pasta ( quella che state cuocendo in acqua ) è cotta, scolatela e conditela con i fagioli lessati e la pasta fritta nell ’olio bollente ( olio compreso…mi raccomando !!!! ). Una bella macinata di pepe…e buon appetito!!!
Più povero di così si muore…!!!!


Rossella con Pizza di Carne

Vorrei partecipare al concorso con questa ricetta di mia nonna che aveva 6 figli e che li ha cresciuti durante il periodo della guerra. Per economizzare sulle spese e sul tempo di preparazione aveva elaborato questo piatto che consente molte varianti che dipendono da quello che c'è in casa. Io la faccio spesso anhce quando ho ospiti, soprattutto bambini e riscuote molto successo.

(per 6-8 persone)
per la base:
500 gr. di carne macinata meglio se assortita (maiale, manzo) e un po' venata (non magrissima)
2 uova
500- 600 di pane raffermo misto (anche integrale)
4 cucchiai di formaggio grattugiato, meglio se romano
100 gr di ricotta
sale, pepe, semi di finocchio,. olio
per la guarnizione:
pomodoro, formaggio, olio o quello che avete in frigo (funghetti trifolati avanzati, broccoletti già cotti, provola)

Preparare l'impasto base facendo ammorbidire il pane in acqua calda. Amalgamare poi le uova, il formaggio grattugiato, il sale il pepe, la ricotta, i semi di finocchio, la carne macinata ed il pane ben ammollato e strizzato. L'impasto dovrà risultare abbastanza morbido. Ungere una bella teglia da forno e stendere l'impasto che dovrà avere uno spessore di non più di 2 cm. Cospargere la superficie con un filo d'olio e mettere in forno ben caldo (200 gradi), per circa 20 - 25 minuti. Estrarre la teglia dal forno e guarnire come se si trattasse di una pizza. Ecco alcune possibilità:
- MARINARA: polpa di pomodoro, aglio origano e olio;
- MARGHERITA: pomodoro e mozzarella, parmigiano olio sale
- Provola, broccoli, parmigiano;
- patate al forno e mozzarella
- funghi trifolati e mozzarella
Rimettete la pizza in forno con il grill acceso per il temo necessario a far gratinare la guarnizione. Servire calda.Quando ci sono ospiti consiglio di preparare la base in anticipo e di effettuare il secondo passaggio in forno poco prima di servire.
P.S.: quando mia nonna non aveva la possibilità di comprare la carne, la sostituiva con delle melenzane lessate, strizzate e tritate.... il risultato è ugualmente eccellente. Mi dispiace ma non ho a disposizione la foto di questo piatto.