venerdì 27 febbraio 2009

La focaccia di Camille Le Foll. E l'uovo di Paolo Parisi.


Ancora le uova di Paolo Parisi! Ancora perchè... praticamente, è da quando le ho, qui, in frigo che continuo a sentirne parlare. Per quanto mi riguarda, ero a dir poco ansiosa (e curiosa) d'assaggiarle: e che saranno mai, alla fine... sono pur sempre uova! Ed è esattamente a questo punto che (di solito) parte la dissertazione sul 'non tutte le uova sono uguali' e, soprattutto, sul fatto che 'il prezzo di un prodotto (non sempre, ma spessissimo), ahimè, la dice lunga sulla qualità'. Ed è inevitabile! In ogni caso, vi ho sparso in giro un po' di link per cui, se vorrete approfondire, troverete tutto quanto c'è da sapere. Io sono troppo occupata a gioire visto che, finalmente, dopo le uova che mi regalava occasionalmente la nonna... quelle delle galline di sua cugina etc etc (giri vorticosi per riuscire a mangiare un ovetto buono!) e dopo una serie di tentativi con tanto di marchio bio (a volte mi sento un po' Babe che va in città!)... niente, quel gusto lì non riuscivo proprio a ritrovarlo. Il sapore dell'uovo. Fresco. Poi è arrivato Paolo Parisi ed il resto della storia potete immaginarlo da soli :-) sicuramente non le utilizzerò per farci dolci, tortini & co., le riserverò gelosamente per quelle occasioni in cui... va in scena l'uovo! Per esempio: avete mai mangiato un (buon) ovetto a colazione, rassodato, ma non troppo (il tuorlo deve restare vagamente liquido), con sopra un pizzico di fior di sale ed un ricciolo di burro (Occelli, ci risiamo coi vizi, lo so)? Io no!!! A colazione, non riuscirei davvero a farcela... diciamo che è più roba da tedeschi ecco :-) però mi son tenuta l'idea per dei pranzetti frugali, magari con una buona insalatina fresca! Invece, per tutti voi... rullo di tamburi (che stia diventando un filino plateale)... siamo andati appositamente a recuperare questa ricetta carinissima di Camille Le Foll. Che non è una cuoca, bensì una giornalista. Solo che ha le nonne brave ai fornelli e c'ha scritto un libro, si chiama Crepes, pancakes, blinis... e tra le varie idee parecchio divertenti (semplici, ma divertenti), mi stuzzicava questa che lei chiama, appunto, focaccia (ma niente a che vedere con le note focacce alte e mollicose) e che, in realtà, è una sorta di pancake di grano saraceno (che adoro!). Molto all'americana, si prosegue con una golosissima farcitura a base di prosciutto (ma anche dell'altro) e, chiaramente, di uova (però, qui, ho fregato tutti e le ho scelte italianissime!!!). E pensavo fosse l'idea giusta (magari anche un po'insolita) per proporre questi gioiellini qui (la cottura delle uova è davvero minima)! Insomma, se uno vuole giustappunto sentirne il sapore...


La focaccia completa di Camille Le Foll

per circa 10 focacce:
250 g di grano saraceno (gluten free)
1 uovo
1 cucchiaino di sale
acqua

per completare ogni focaccia:
1 uovo freschissimo
20 g di burro salato
1 fetta sottile di prosciutto cotto (ma anche salame, lardo di Colonnata...)
30 g di emmental grattugiato
fior di sale, pepe

Sbattete l'uovo con 2 bicchieri d'acqua. In una terrina versate a fontana la farina ed il sale e fate un pozzetto al centro. Incorporate a poco a poco l'uovo sbattuto, mescolando accuratamente. Aggiungete acqua in quantità necessaria per ottenere un impasto fluido e liscio. Lasciate riposare per almeno un'ora in modo che il grano saraceno acquisti la giusta densità; nel caso, allungate con un po' d'acqua. Scaldate una padella antiaderente o una crepiere (non troppo larga) unta al suo interno e versateci un mestolo d'impasto. Stendetelo molto rapidamente con l'apposito rastrellino di legno in modo che raggiunga i bordi della padella e lasciate cuocere finchè non inizia a staccarsi dai bordi (ci vorrà pochissimo!). Girate la focaccia con l'aiuto di una spatola, imburratela, disponetevi al centro la fetta di prosciutto, cospargete di emmental grattugiato ed, infine, rompete sopra l'uovo, cercando di lasciare il tuorlo intero. Salate e pepate quest'ultimo. Quando l'albume diventa latteo, ripiegate i bordi della focaccia verso il centro in modo che, a vista, rimanga solo il tuorlo. Cospargete di fiocchetti di burro e servite subito.

giovedì 26 febbraio 2009

Cavolfiore e caciocavallo... al barattolo!


Non potete immaginare il divertimento! Che inizia sfogliando avidamente le meravigliose pagine del libro di José Maréchal... in pratica, vorresti provarle tutte (le ricette) all'istante, ma davvero! Il che è decisamente un buon segno! Solo che poi, contro ogni previsione, più che dai bicchieri, ci siamo lasciati attrarre dai barattoli, quelli a chiusura ermetica... perchè avrei una sorta d'inclinazione naturale verso tutto ciò che è chiuso e che pian piano, con magia e mistero, ti tocca aprire lentamente... annusando a pieni polmoni! Ed io sarei, appunto, una che (in primis) deve poter annusare... i cartocci al forno, una pentola scoperchiata, ma anche (semplicemente) il sacchetto col pane caldo, profumi di tutti i giorni insomma! Va da sè che queste divertentissime patate+formaggio (in origine, José ha utilizzato le patate!) assemblate e cotte direttamente nel barattolo... nemmeno a dirlo, le ho provate all'istante. E devo (anche) confessare una cosa... che, a questo punto, mi farà apparire scemissima agli occhi di chi conosce la (forse, piuttosto ovvia) risposta, ma anche simpaticissima (e tenerissima) agli occhi di chi, invece, era lì a chiedersi esattamente la stessa cosa! Vada per la tenerezza: la cottura avviene in forno, a bagnomaria e fin qui, tutto bene... ma i barattoli vanno chiusi oppure no??? Ecco, quando la metà di voi avrà finito di divertirsi... e l'altra metà di appoggiare il mio fondamentalissimo punto di domanda (diciamo che spero almeno in un 50 e 50!), potreste riflettere (con me) sul fatto che... A) la ricetta richiede esplicitamente l'utilizzo di barattoli a chiusura ermetica e B) sempre la ricetta, in effetti, non dice di chiudere il barattolo prima della cottura. Ma allora, perchè la necessità del tappo ermetico? E cosa ancor più basilare: in caso di barattolo aperto, dove starebbe la differenza con una normale cottura in terrina? Per cui sì, alla fine ho chiuso i barattoli! Covando una fifa di quelle... ma tutto è bene quel che finisce bene, nessuna esplosione, nemmeno fuoriuscite poco gradite (comunque, non bisogna riempire fino all'orlo)... a fine cottura, con un'ansia davvero non riportabile, sono riuscita ad aprire i mitici (sniiiiifffff, quasi svenivo per le pericolose esalazioni!) e via, nuovamente in forno per qualche minuto di grill-effetto-crosticina (che, in realtà, si stava già ben delinenado sui bordi). Insomma, ansie a parte (effetto-prima-volta), è stata un'esperienza parecchio eccitante, diciamo pure stre-pi-to-sa: avete mai cenato 'al barattolo'? Come dicevo, la ricetta originale prevedeva l'utilizzo delle patate. E del munster/camembert. Noi ci siamo arrangiati con del cavolfiore (assolutamente da consumare!), un commovente caciocavallo silano, i pistacchi che avevamo già avuto modo di apprezzare col cavolfiore, la curcuma di cui (sempre col cavolfiore) s'era letto qualcosa in giro... ma ce li avete o no stì benedetti barattoli?

Barattoli di cavolfiore al caciocavallo silano
per due barattoli mono porzione (da ca. 350 g)

1/2 cavolfiore
1 patata di medie dimensioni
1 uovo
50 g di latte
6 fettine di caciocavallo (spesse ca. 2 mm)
1 cucchiaio di parmigiano grattugiato
1 manciata di pistacchi
non salati
1 piccolo spicchio d'aglio (facoltativo)
1 cucchiaino di timo fresco tritato
1 pizzico di noce moscata
1 pizzico di curcuma
sale e pepe

Scaldate il forno a 220°. Dividete il cavolfiore in cimette, sbucciate la patata, tagliatela a cubetti e cuocete tutto a vapore fino ad ammorbidirli leggermente. Con un mixer, frullate il tutto unendo anche l'aglio, il sale, il pepe ed il timo tritato. In una ciotola, rompete l'uovo e sbattetelo con il latte, un pizzico di sale e pepe, la noce moscata, la curcuma ed il parmigiano. Nei barattoli, alternate la purea di cavolfiore, le fette di caciocavallo e la crema d'uovo, terminando con una fettina di caciocavallo ed i pistacchi spezzettati grossolanamente. Chiudere i barattoli, posizionarli all'interno di una pirofila da forno, colma d'acqua (i barattoli dovranno risultare immersi di, almeno, due dita) ed infornare per circa 40 minuti. Se dovessero colorirsi troppo, abbassate un po' la temperatura del forno. Infine, facendo molta attenzione a non scottarsi, estraete i barattoli, apriteli lentamente e passateli al grill per pochi minuti, finchè non si formerà la crosticina sulla superficie. Lasciar riposare 5-10 minuti prima di servire. Se preparati in anticipo, i barattoli possono essere scaldati a bagnomaria, nello stesso modo in cui sono stati cotti!

NOTA: alla fine, ne è uscito un piatto (anzi, un barattolo) che di Maréchall, , ha soltanto il barattolo (appunto); per questo, mi sembra oltremodo obbligatorio indicare (anche) la ricetta originale:

Mini-terrine di patate al munster
per 6-8 barattoli da 125 g

3-4 patate
1 piccolo munster
(o del buon camembert)
1 spicchio d'aglio
50 cl di panna liquida
sale e pepe
1/2 cucchiaino di noce moscata
o di quattro spezie in polvere

Unite la panna, l'aglio tritato e le spezie. Salate, pepate e mescolate bene il tutto. Tagliate il formaggio a fettine. Sbucciate le patate, lavatele e tagliatele a fette sottili. Scaldate il forno a 220°. Componete i bicchieri alternando gli strati di patate, formaggio e crema, terminando con una fettina di munster. Cuocete in forno a bagnomaria per circa 40 minuti.

mercoledì 25 febbraio 2009

Polpette al Passito, con le pere


Lo dicevo giusto ieri ad un'amica: ma che carnevale sarebbe senza le polpette?! Almeno, dalle mie parti, il pranzo del martedì grasso (crollasse il mondo) è sempre stato a base di lasagne e polpette... per cui, partendo dalla ricetta di un'amica di famiglia (che però utilizza il marsala), polpette sì, ma con un'intrigante riduzione di passito, le pere caramellate... e vi confesso che mi sta sorgendo un dubbio: ma voi, come mi vedete? Voglio dire, qui ogni giorno ce n'è una nuova... il formaggio tizio, la marmellatina imprescindibile per accompagnarlo, gli aperitivi... non è che, minimo minimo, passo per una di quelle viziose incallite, no eh?! Anche perchè, se ancora non lo stavate pensando, ecco, magari finirete per farlo oggi: il passito, un'altra mia debolezza! La scena: dopo cena, quelle volte in cui ci scappa anche il dessert, preferibilmente del tipo da spiluccare a piccoli morsi (ultimamente, vedere soprattutto alla voce castagnole & co.)... ma che dessertino sarebbe senza il passito? Per cui sì, diciamo che (da queste parti) la bottiglia incriminata oltrepassa di frequente il (labilissimo) confine cucina-pranzo... e se non lo fa, , resta in cucina e viene riciclata per altre cosine d'un certo tipo! Mi rendo conto che, da oggi, saremmo ufficialmente in quaresima (noi, però, siamo più per la meditazione che per l'astinenza!), quindi perdonate il delay-da-pubblicazione-carnevalesca... ma correte ad appuntarvi da qualche parte questo secondo (piatto) alternativo, ma non troppo, chic, ma non troppo... per quella volta in cui non avrete assolutamente idea di cosa preparare, appunto, come secondo (perchè è sempre lì che scarsegggiano le idee, notato?!). E nel caso preferiste evitare la (solita) contemplazione infinita dell'espositore dei vini, giù al supermercato - oddio, quale prendo??? - saltate il tutto a piè pari :-) soprattutto se vi va di gustare un buon passito senza lasciarci lacrime e sangue e dirigetevi su questo qui, testato (e re-testato) con estrema soddisfazione dalla viz.... ehm, dalla sottoscritta! Consiglio spassionato! E concludiamo tirando in ballo anche Nigella Lowson, per quella volta che m'aveva incantata rosolando/caramellando generosi spicchi di pera (doveva accompagnarci una commovente forma di gorgonzola)... ecco, proprio l'idea che mancava per chiudere il cerchio ed affiancare degnamente stè polpette viziose :-)


Polpette al passito

per 5-6 polpette piuttosto grandi:

300 g di macinato misto (manzo e maiale)
50 g di mollica di pane (bagnata, strizzata e sbriciolata)
1 manciata di gherigli di noci spezzettati
1 manciata di uvetta (ammollata e strizzata)
1 cucchiaio di parmigiano grattugiato
1 cucchiaino di erbe di provenza (maggiorana, origano, timo, rosmarino, finocchio, lavanda)
1 uovo (leggermente sbattuto)
farina 00
sale e pepe

2 cucchiai d'olio d'oliva per rosolare

per la riduzione:

1 bicchiere abbondante di Passito
2 piccoli scalogni
1 cucchiaino di farina 00
burro

Amalgamare gli ingredienti per l'impasto delle polpette (tranne la farina e l'olio) e lavorare il composto, preferibilmente con le mani, in modo da insaporire bene il tutto. Formare delle polpette (piuttosto grandi) e passarle nella farina. Rosolarle velocemente in una padella antiaderente con l'olio, solo per sigillarne la superficie esterna (si formerà la cristicina!). Imburrare un pirofila da forno, sistemarvi sul fondo gli scalogni affettati molto finemente, ricoprire interamente con il Passito, spolverare con un cucchiaino di farina setacciata, posizionarvi anche le polpette ed infornare a 180 gradi per circa 20-30 minuti, irrorando generosamente le polpette con la salsa (a metà cottura). Servire ben caldo.

Per accompagnare:

sbucciare delle pere non troppo mature e tagliarle in 4 spicchi (eliminando il torsolo centrale). In una padella antiaderente, sciogliere un noce di burro e rosolarvi le pere. Quando risulteranno leggermente brunite, sfumare con del Passito (oppure irrorare con del miele di castagno), aggiungere un pizzico di sale e pepe e cuocere per circa 10 minuti (le pere devono restare sode). Servire ben calde, con tutto il loro sughetto.

martedì 24 febbraio 2009

Lasagne al ragù di selvaggina


Per chi era ormai prossimo a dar di stomaco... ci sono stati casi di trigliceridi scoppiati (ma ero in buona fede, giuro), glicemie impazzite (per capire, riferirsi agli ultimi post), io stessa non voglio più sentir parlare di frittura per un bel po'... niente paura, oggi lasagneee! E già immagino il rullo di tamburi, il tripudio, la hola dei miei amichetti bloggers che fanno il tifo per quel sant'uomo di mio marito che... le lasagne, appunto, le vede passare di striscio sì e no una volta all'anno! E sarebbero il suo piatto preferito! Colpa mia (ovvio), è che ci sono dei piatti che mi stuzzicano poco, mentalmente parlando. E come se non bastasse, si tratta pure di quei maestosissimi piatti di tradizione... bè, quelli mi fanno anche un po' paura: ti sposti d'una virgola e giù, tutti a flagellarti. Vabbè, accampo scuse d'ogni sorta per non cucinare (spessissimo, spesso, più d'una volta all'anno) le benemerite lasagne al ragù! Ma puntualmente il carnevale ci mette lo zampino... tra l'altro, avevo una certa voglia di farle alla napoletana (niente besciamelle, soltanto ragù, micro polpettine fritte, argh, poi ricotta, mozzarella...), ma avevo anche percepito nell'aria una certa preferenza per il trito classico. E la besciamelle. Magari quelle (napoletane) ce le teniamo in caldo e bissiamo prima del 2010! Quindi, bolognese? Ok, chiamo Luca e Sabrina (poi tra una cosa e l'altra, il tempo che scappa veloce... ecco, non li ho chiamati... a proposito, auguri ragazzi!!! e vi ho anche trovato un nuovo 'nido' romano... daidaidai, stà casa aspetta a voi!!!) oppure mi lancio a kamikaze (si fa per dire) ed estrapoliamo man mano: le facciamo in corso d'opera (mi piace stà definizione, s'è notato?!). Il tutto, facendo appello ad una memoria degna di Pico della Mirandola, della serie... aspetta, com'è che faceva quello... e che ci metteva quell'altro? E prima di gridare allo scandalo (comunque, se siete avvezzi ad un certo tipo di letture, saprete che non c'è proprio niente di cui sconvolgersi), vi dico già che troverete uno, due, tre ingredienti un po' particolari e, sempre perchè ormai vi leggo nel pensiero... ma certo che le lasagne non sanno di caffè! E nemmeno di cioccolato! Si tratta d'ingredienti da dosare con la massima cura, ma il risultato è a dir poco sorprendente. I famosi pizzichi (di questo e di quello), si tende spesso a sottovalutarli, niente di più sbagliato! Per la passata di pomdoro (e anche lì, ogni volta ce ne stiamo a scrivere tesi di laurea: acquosa, corposa, acida, dolce, piatta), una parola soltanto, inequivocabile: p-a-z-z-e-s-c-a! In effetti, ne avrei approfittato per provare (finalmente!) la passata di pomodoro Manfuso... per farla breve, se anche voi siete alle prese con la predetta tesi sul pomodoro, segnatesegnatesegnate!!! Il risultato, visto nel suo insieme... senza dubbio siamo sul genere ragù-caldo-corposo. Robusto! Ammettiamo d'esser corsi immediatamente a segnarci le dosi (o meglio, i pizzichi), mentre qualcun altro se ne stava lì a banchettare beato...

Lasagne al ragù di selvaggina
per 4 persone

250 g di sfoglia fresca
250 g di trito di selvaggina (cervo, cinghiale, capriolo...)
500 g di passata di pomodoro
1 scalogno
1 carota
1 costa di sedano (la parte bianca, interna)
1 pizzico di caffè
1 pizzico di cacao amaro
1 pizzico di cannella macinata
1 pizzico di zucchero
1 rametto di timo fresco
1 chiodo di garofano pestato
1 bicchiere di vino rosso
2 foglie di alloro tritate
parmigiano grattugiato
2 cucchiao d'olio d'oliva
1 noce di burro
sale e pepe

per la besciamelle:
500 ml di latte
50 g di farina 00
50 g di burro
1 pizzico di noce moscata
1 pizzico di pepe rosa
sale

In un ampio tegame, sciogliere la noce di burro e saltarvi velocemente la carne. Mettere da parte. Aggiungere l'olio e risolarvi il timo, l'alloro, lo scalogno, il sedano e la carota finemente tritati. Unire anche un pizzico di zucchero e lasciar appassire a fiamma dolce. Incorporare nuovamente la carne e sfumare il tutto con il vino rosso. Quando sarà evaporato, versare la passata di pomodoro ed insaporire con il caffè, il cacao, la polvere di garofano e la cannella. Salare, pepare e cuocere su fiamma dolce per circa mezz'ora. Spegnere e lasciar riposare. Intanto, preparare la besciamelle: sistemare il burro e la farina in un pentolino, accendere la fiamma e mescolare di continuo in modo che il burro, sciogliendosi, incorpori perfettamente la farina (roux). Unire il latte, il sale, la noce moscata, il pepe rosa e, sempre mescolando, cuocere dolcemente finchè la salsa non inizia ad addensarsi (mantenerla piuttosto lenta visto che seguirà la cottura in forno!).
In abbondante acqua bollente e salata, lessare le sfoglie di pasta per pochi secondi, quindi asciugarle ed iniziare a comporre gli strati in una teglia da forno di medie dimensioni, già imburrata ed irrorata con un mestolo di besciamelle e poco ragù. Posizionare il primo strato di lasagne, proseguire con il ragù, la besciamelle e spolverare con del parmigiano grattugiato. Continuare in quest'ordine fino ad esaurimento degli ingredienti, terminando con la besciamelle ed il parmigiano. Passare in forno a 180 gradi per circa 20 minuti. Lasciar riposare 10 minuti prima di servire.

lunedì 23 febbraio 2009

Le stelle filanti di Romoli


Ci ritroviamo esattamente come c'eravamo lasciati: con i dolcetti di Carnevale, (giuro!) gli ultimissimi della produzione 2009! Tra l'altro, non so se è trapelato, quest'anno ci siamo a dir poco allargati (con la produzione!), avete presente le catene di montaggio? Ecco, parafrasando qualcuno: ahò, ma come se spegne stà Precisì?! Quindi, dicevo, stelle filanti: tutta colpa (continuo, inesorabilmente, a dare la colpa agli altri) delle tentazioni/ispirazioni che s'incontrano strada facendo... e la strada, in questo caso, era viale eritrea (quartiere africano - roma), una zona piena, zeppa di negozietti carini... e siccome dovremmo (finire d') arredare casa, diciamo che non si perde occasione per saccheggiare impunemente ogni angolo del globo. Meno male che al (classico) brontolio gastrico delle 17h00 (fare acquisti stanca!), puntualmente, ti si materializzano davanti bar e pasticcerie d'ogni sorta. Strano no?! Casualità o cospirazione? Mah, per esempio, l'altro giorno è apparsa magicamente la (famosa) pasticceria Romoli, quella che alle 22h00 sforna cornetti e saccottini per i golosi irriducibili della notte (segnare-segnare-segnare). Quindi, caffettino e... ohhh, ma cosa sono queste cosine stranissime, tutte arricciate? ahhh, sono le nostre stelle filanti, volete assaggiare? :-) me ne fa un sacchettino, piccolo però! Ma che buoneee!!! Sfiziosissime, frollose, scrocchiarelle, delle frappe (aka cenci, bugie, chiacchiere...), ma molto più croccanti. E decisamente più aromatiche. Per farla breve, l'assaggio m'ha incuriosita talmente che la mattina dopo ero già a girovagare sul web: toh, guarda un po' qui!!! Per cui procediamo: frolla croccante (quella delle sorelle Simili, trovata qui), tanta buccia di limone e d'arancia...


Stelle filanti

250 g di farina 00
100 g di burro

100 g di zucchero a velo

1 uovo intero

1 pizzico di sale

la buccia
(finemente) grattugiata di un limone ed un'arancia non trattati
olio d'arachidi per friggere

Con l'aiuto di un mixer (oppure sfregando velocemente con la punta delle dita), incorporare il burro, tagliato a piccoli dadini, alla farina già mescolata con il sale e lo zucchero. Unire anche l'uovo leggermente sbattuto e la buccia grattugiata degli agrumi. Lavorando il minimo indispensabile, raccogliere il tutto in un panetto omogeneo, avvolgere nella pellicola e lasciar riposare in frigorifero per almeno un'ora. Riportare la pasta frolla a temperatura ambiente e, aiutandosi con pochissima farina, stenderla con il mattarello cercando di formare un rettangolo spesso 2 mm. Arrotolare la pasta su sè stessa e tagliare delicatamente delle spirali di pasta spesse circa un dito (un po' come si fa per le tagliatelle). Scaldare abbondante olio e friggere le rotelline di frolla a 170°, avendo cura di scolarle appena prendono colore. Tamponarle con della carta da cucina assorbente, sistemarle su un vassoio e lasciarle raffreddare a temperatura ambiente. Raffreddandosi diventeranno croccantissime!!!

venerdì 20 febbraio 2009

Ravioli di Carnevale...


...ma non prendetevela con me! E' tutta colpa - nell'ordine - di Annalisa Barbagli (l'avevo detto che se n'era uscita con un'intera rubrica a-tutto-fritto), del GS sotto casa e, dulcis in fundo (è proprio il caso di dirlo), dei regalini golosi di una mia amichetta blogger! La prima, , per aver gentilmente diffuso un'altra validissima ricetta, il secondo perchè... capita di scendere un attimo a prender le uova e, mentre sei lì in fila alla cassa, magari ne approfitti per sbirciare l'assortimento di dolcetti carnevaleschi, confezionati, industrialissimi però... bella l'idea! I ravioli della Barbagli prevedono un ripieno di (solo) ricotta, quelli confezionati/industrialissimi hanno, invece, anche le ciliegie: yum... esclama il cliente soddisfatto! Ed il pensiero è volato dritto a quegli splendidi lamponi (sotto sciroppo) gentilmente offerti da colei (la terza!) che, sulla neve, non va soltanto per sciare, ma anche (e soprattutto) per curiosare nei vari negozietti di montagna e tornare, così, carica di oggettini golosi per chi, tapino, se n'è rimasto a valle! Per cui grazie, grazie, grazie :-)

Ravioli di Carnevale di Annalisa Barbagli

per la pasta:
250 g di farina 00
2 uova
1 cucchiaio di zucchero
1/2 cucchiaino di cannella macinata
1 chiodo di garofano
1 noce di burro

per il ripieno:
350 g di ricotta di pecora
50 g di zucchero
1 tuorlo
la scorza grattugiata di un'arancia non trattata
1 chiodo di garofano
1 pizzico di cannella macinata

olio di arachidi per friggere
zucchero a velo

Pestate il chiodo di garofano riducendolo in polvere. Setacciate la farina sulla spianatoia e mettetevi sopra le uova intere, lo zucchero, la cannella, il burro fuso, la polvere di garofano e 50 g d'acqua. Impastate bene il tutto per una decina di minuti, avvolgete nella pellicola e fate riposare per un'oretta. Nel frattempo, preparate il ripieno: setacciate la ricotta e raccoglietela in una terrina con lo zucchero, il tuorlo, la scorza d'arancia, la cannella, il chiodo di garofano pestato e mescolate bene. Dividete la pasta in due o tre pezzi e ricavatene delle strisce non troppo sottili (penultima tacca della macchinetta). Disponetevi sopra dei mucchietti di ripieno ad una distanza di circa 5 cm. Dopo averla inumidita leggermente tutt'intorno al ripieno, ripiegate la pasta premendo bene con le dita fra un mucchietto e l'altro. Ritagliate i ravioli con la rotella dentata e, via via che son pronti, adagiateli su un panno. Friggeteli in abbondante olio caldo (170°), due o tre minuti per parte e sgocciolateli quando hanno preso colore. Passateli su un doppio foglio di carta da cucina e, quando sono tiepidi, spolverateli di zucchero a velo.

Nota: la mia cremina, piuttosto che risultare bianca, candida come la neve, è diventata piuttosto rosata perchè, come dicevo, ho aggiunto anche un lampone allo sciroppo (ben sgocciolato) in ogni raviolo!

giovedì 19 febbraio 2009

Le frittelle di mele di Annalisa Barbagli


Dunque, eravamo rimasti alle scorte d'olio e quant'altro :-) ed, in effetti, la signora-delle-ricette-perfette non lascia proprio alternativa: la sua rubrica di febbraio (quella su gambero rosso) è a tutto fritto!!! Quindi, sfogliando e re-sfogliando, avrei selezionato per noi e per voi :-) queste deliziose ciambelline che... magari, presi dagli stranoti cenci & co., ecco, magari uno non ci pensa. Non pensa che anche una mela renetta, sotto le famose (mentite) spoglie d'alimento sano e genuino, possa tranquillamente trasformarsi in un insieme di succose fette rotonde (con tanto di buco al centro!), pastellate, fritte, poi il rum, la cannella.... un mito che crolla, ecco! E sempre perchè, ormai, sembra quasi di sentirvi mentre ve ne statea rimurginare - ehm, scusa precy, ma la mela, dentro, come rimane? - eccomi qui pronta a fugare ogni dubbio, fresca-fresca d'assaggio tra l'altro (certo che il fritto a colazione, yum): ebbene, la mela si scioglie e, dentro, vi ritroverete una mousse delicatissima che... ma non vi ho ancora convinti?!


Le frittelle di mele di Annalisa Barbagli

2 mele Renetta (oppure Golden)
200 g di farina 00
latte
1 uovo
50 g di zucchero
1 cucchiaino di lievito in polvere
2 cucchiai di rum
il succo di 1/2 limone
sale
olio di arachidi per friggere
zucchero a velo e cannella

Setacciare la farina con il lievito in una ciotola e, mescolando con una frusta, unire il latte necessario ad ottenere una pastella semidensa. Continuando a mescolare, unire il tuorlo (conservare l'albume), lo zucchero, il rum ed un pizzico di sale. Quando la pastella sarà pronta, lasciarla riposare per almeno mezz'ora. Intanto, sbucciare le mele intere, privarle del torsolo con l'apposito utensile e tagliarle a fette dello spessore di mezzo cm (risulteranno delle ciambelle, col buco al centro). Spruzzatele con il succo di limone. Montare a neve l'albume ed unirlo delicatamente alla pastella, con un movimento circolare dall'alto verso il basso. Scaldare abbondante olio e, dopo averle asciugate, passare le fette di mela nella pastella. Friggerne tre o quattro per volta, girarle (una volta soltanto) e quando sono dorate, scolarle e tamponarle con della carta da cucina assorbente. Spolverare di zucchero a velo e cannella e servire calde oppure tiepide.

mercoledì 18 febbraio 2009

Castagnole alle mandorle...


...di Iginio Massari! Giunte (però) a noi attraverso un illuminante post (dell'anno scorso... sì, le mie solite, disperate ricerche su google, la donna che non smise mai di cercare, potrebbero farci un film!) di nostro signore dei lieviti, Adriano! Un blog indecentemente goloso (con un autore vergognosamente bravo, ehvabbè): ve lo dico subito, mettetevi l'animo in pace perchè tanto, a Carnevale, ogni frittella vale! Pensate, piuttosto, a fare scorta d'olio e quant'altro... e rassegnatevi all'idea d'intridere ogni fibra del vostro essere (ed ogni millimetro quadro della vostra cucina) di quel noto, avvolgente, sano ed irrinunciabile odore di fritto. Il risultato vi ripagherà talmente che non vedrete l'ora di ricominciare. Sì perchè, detto tra noi, le frittelle di carnevale generano dipendenza: per i più deboli, lasciar perdere, davvero! Ma visto che, qui, siamo decisamente forti (ed ugualmente dipendenti, sigh), siamo andati a cercare la castagnola d'autore, addirittura! A proposito, ditemi che stà cosa succede anche a voi, vi prego, prima che decida di consultare qualcuno - dottore, sono nuova-ricetta-dipendente, la sola idea di replicare quella vecchia mi trascina in un profondo stato d'angoscia, è grave? - e come un copione già letto, nonostante le promesse dello scorso anno - giuro, la ricetta delle castagnole non la cambio più, che buoneee... - un minuto dopo, sono già in cucina a provare questa sorta di frolla alle mandorle, morbidsisma, profumatissima che, giusto per l'occasione, finì per farsi castagnola! E meraviglia delle meraviglie (come sottolinea giustamente adriano) non risultano affatto unte, anzi, fragrantissime, morbide, lasciatele friggere per pochi secondi, giusto il tempo di dorarne la superficie: l'interno resterà cremoso e... son cose per cui si potrebbero fare gesti folli! Ah, se non avete il maraschino, sappiate che la sottoscritta ha optato per il (solito) amaretto di saronno... che secondo con la mandorla va decisamente a braccetto. E se non avete nemmeno l'amaretto, va bè, ma tanto al supermercato dovevate andarci comunque no?!


CASTAGNOLE ALLE MANDORLE

500gr farina 00
150gr zucchero

2 uova grandi
zeste gratt. di un limone
75gr farina di mandorle
5gr lievito in polvere

50gr latte

50gr maraschino

2,5gr sale
75gr burro fuso freddo


Montare in planetaria le uova con lo zucchero, unire il burro e le zeste e continuare a montare. Mettere la foglia ed unire le mandorle, il sale e metà della farina setacciata con il lievito. Alternare liquore e latte al resto della farina fino ad ottenere una pasta della consistenza di una frolla morbida. Arrotolare bastoncini di circa 2cm e tagliare tronchetti di circa 2cm.Friggere in olio profondo a 170°. Passarle calde nello zucchero semolato e consumare tiepide.

martedì 17 febbraio 2009

Risotto al cavolfiore, con coppa e pistacchi


Capisco che siamo soltanto a febbraio, ma avrei idea d'eleggere il (mio, personalissimo) risotto 2009! Gli elementi caratterizzanti (sempre miei, personalissimi) ci sono tutti: cremosità, morbidezza ed un insieme d'aromi e sapori che, di primo acchitto, potresti persino leggere alla voce 'contrasto'. Anzi, l'idea iniziale era appunto quella! Solo che (per fortuna) avviene la famosa alchimia e succede che il contrasto, quello nato per spingere un po' lì e smorzare un po' là, si trasforma in un tutt'uno assolutamente bilanciato, gradevole e particolare. Mi son lasciata un attimo trasportare, è vero, ma s'è capito che stò risotto è s-p-a-z-i-a-l-e?! E poi ne ho approfittato per testare finalmente il carnaroli gliAironi, quello di Michele Perinotti. Italiano, anzi di più, vercellese: il cuore della produzione risicola europea. Un'accuratissima pilatura artigianale a pietra... come si dice, tutto faceva ben sperare! Infatti, nonostante la cremosità del cavolfiore, l'esageratissima mantecatura finale (che se non manteco generosamente...), ecco, nonostante tutto, ogni chicco ha saputo conservare gelosamente il proprio, minuscolo spazio vitale (chicchi ben separati, ndr). Sopravvivendo anche alla mia notoria stra-cottura (i risotti al dente proprio non...). E poi ci sarebbe la questione 'coppa' e qui mi spiace, nessun link, nessuna dritta... la prepara il mio macellaio con le sue sante manine (bè, se qualcuno si trovasse a passare in via d'ovidio, nel quartiere talenti... roma, per chi si fosse sintonizzato soltanto adesso) ed è una cosa che... ehi, la piantate un po' di farmici pensare?! :-)

Risotto al cavolfiore, con coppa e pistacchi
per due persone

120 g di riso carnaroli
1/2 cavolfiore (di quelli non troppo grandi)
2 fette di coppa piuttosto sottili
1 piccolo scalogno
20 g di pistacchi sgusciati, non salati
2 cucchiai d'olio extravergine d'oliva
2 cucchiai di parmigiano grattugiato
1 pizzico di zafferano in fili

acqua
sale e pepe nero

Sbucciare e tritare finemente lo scalogno e lasciarlo appassire dolcemente con l'olio e la coppa spezzettata (in un tegame adatto alla cottura del risotto). Dividere il cavolfiore in piccole cimette e cuocerlo a vapore per una decina di minuti. Frullarne una metà. Intanto, portare ad ebollizione un pentolino d'acqua e salarla. Versare il riso nel soffritto di coppa e scalogno, tostarlo velocemente ed unirvi, quindi, le cimette di cavolfiore intere. Incorporare anche la crema di cavolfiore ed aggiungere, gradualmente, acqua bollente quanto basta a portare il tutto a cottura, mantenendo una densità piuttosto cremosa. Sciogliere lo zafferano in un po' d'acqua bollente ed incorporarlo al risotto. In una padella antiaderente, tostare i pistacchi e metterli da parte. A cottura ultimata del riso (circa 18-20 minuti), spegnere, aggiungere il parmigiano ed i pistacchi, mantecare con cura e lasciar riposare due minuti prima di servire con una generosa macinata di pepe.



lunedì 16 febbraio 2009

Halva al cocco


Ammetto d'essermi calata in uno studio (mooolto approfondito) del caso! E la colpa è, ancora una volta, di quel libricino (nuovo, intrigante...) appoggiato sul comodino, ormai, da un buon numero di settimane. Per cui sì, capita di lasciarsi stuzzicare! E si scopre che, intanto, non esiste un solo tipo di halva, bensì una serie di paste, creme, preparazioni (addirittura c'è scappata la parola burro), a seconda del paese in cui ci troviamo: India, Pakistan, mediterraneo orientale, passando anche per i Balcani! Per esempio, la tahine (che è anch'essa un tipo di halva) è soprattutto turca ed è una sorta di patè o, più precisamente, di crema (o burro) di sesamo. Ed è anche l'ingrediente jolly di tutt'una serie di piatti sia dolci che salati (nel senso che, a prescindere dalle ricette tradizionali, ci si può divertire ad aggiungerla un po' qui ed un po' lì, ecco). Ma se l'halva non è tahine (perchè, magari, ci siamo spostati in India), parliamo soprattutto di preparazioni a base di farine diverse (soprattutto semolino), addolcite con zucchero o miele. I dolci definiti halva, in questo caso, presentano una consistenza molto simile a quella di un budino. E sono (manco a dirlo) dolci, dolcissimi (uomo avvisato...)! Eppure, più leggevo la ricetta... più mi sembrava d'averla già letta! Solo che il dolce a cui pensavo io, di halva, non aveva proprio nulla (almeno, non consapevolmente). Eh sì perchè, contro ogni previsione, io continuavo a pensare al migliaccio! Ma dai?! Preparato, appunto, col semolino, ma è soprattutto la consistenza a ricordarlo tantissimo. Tra l'altro è un dolce che adoro... figurarsi un po' se non mi lanciavo alla scoperta del parente medio-orientale!!!

Halva al cocco
per uno stampo da 24 cm, apribile

150 g di semolino
50 g di farina 00
180 ml di latte
140 g di burro
300 g di zucchero
80 g di cocco disidratato
50 g di mandorle pelate
1 cucchiaio di succo di limone
1 cucchiaino di lievito per dolci
1 cucchiaino di aroma naturale di vaniglia

Versate in un tegame metà dello zucchero, 150 ml di d'acqua ed il succo di limone; mescolate bene per amalgamare il composto. Portate ad ebollizione e lasciate sobbollire lo sciroppo per una decina di minuti. Lasciate raffreddare completamente e ponetelo in frigorifero. Fate sciogliere 120 g di burro in un tegame (senza farlo assolutamente bruciare), aggiungetevi lo zucchero rimasto, la farina setacciata con il lievito, il semolino, il cocco, il latte e la vaniglia: mescolate bene per amalgamare il composto. Versate l'impasto nello stampo, precedentemente imburrato e cosparso di pangrattato, livellate la superficie e cuocete in forno già caldo a 180 gradi per 35 minuti. Quindi sfornate, irrorate con lo sciroppo freddo, decorate con le mandorle intere e, lasciate raffreddare completamente. A questo punto, sganciate il bordo laterale dello stampo e ponete il dolce in frigorifero per almeno due ore... è buonissimo freddo, magari accompagnato da rivoli di caramello appena tiepido!

venerdì 13 febbraio 2009

Bonbon di cioccolato al peperoncino thai


Dura la vita del (food)blogger! Sarà almeno una settimana che continuo a sorridere (ma anche ad indispettirmi, dipende dall'umore) dei vari volantini infilati sotto il parabrezza dell'auto piuttosto che nella cassetta della posta, dei messaggi che il fioraio sotto casa appiccica tutto contento alla vetrina... ma anche il tabaccaio non scherza affatto! Non lasciatevi fuorviare, nessun assalto di fans in delirio :-) semplicemente, pare che domani sia san valentino, ecco tutto! E come al solito, l'umanità si divide: la parte che adora leggere i volantini, i messaggi, i menu studiati per l'occasione (ohhh, sì, andiamo lììì!) - in effetti, cos'è che prevede un tipico menu 'valentino'? roba paurosamente afrodisiaca che appena torni a casa... - e poi, , ci sarebbero tutti gli altri. Quelli che sorridono (o s'indispettiscono, dipende dall'umore). Mettiamola così, senza star lì a far sempre il bastian contrario del caso (che pure quelli hanno rotto un po'!): il cioccolato al peperoncino thai l'ho assaggiato una volta sola. Ed era quello di Gay Odin a Napoli. Siccome a Roma non ho ancora eletto la mia cioccolatteria di fiducia (già m'immagino la valanga di suggerimenti in arrivo), diciamo che me lo son rifatta da sola! A questa scusa ci credo soltanto io, ma intanto... giacchè sono anche un foodblogger (inside) e, comunque, per pasticciare un giorno vale l'altro, eccolo! Nel caso si trovasse a passare uno che non sorride e non s'indispettisce (e che, in questo momento, non starà pensando cose bellissime al mio riguardo)... il mio regalino personalissimo è servito :-)

p.s. il barattolo non è puramente indicativo :-) ricettina facile-facile scovata sul ricettario ikea (che a quanto pare possiede soltanto la sottoscritta, bene)!!!

p.p.s. ...e niente forno! è la giornata dedicata al risparmio energetico! a quante cose deve pensare un povero (food)blogger! :-)


Bonbon di cioccolato al peperoncino thai

500 g di cioccolato fondente al 50%
100 g di burro

5 cucchiai di panna
fresca
1 spruzzata di cognac

1 cucchiaio di peperoncino
rosso thai

Spezzettare il cioccolato e scioglierlo a bagnomaria con la panna. Tagliare il burro a pezzetti ed unirlo al cioccolato bollente fino a formare un insieme ben amalgamato e liscio. Non fate cuocere troppo. Aprite i peperoncini, eliminate i semi interni e tagliate la buccia a listarelle sottilissime. Mescolatele con il cognac ed unite tutto al composto di cioccolato. Versate il tutto in un piccolo stampo quadrato foderato con carta da forno (dovrete ottenere uno spessore di circa due dita) e lasciate raffreddare e riposare. Capovolgete, quindi, il composto ormai freddo su di un tagliere e tagliatelo a cubotti.

giovedì 12 febbraio 2009

Moghlai Murgh (india)


"Quando la tavola parla straniero", non so se avete letto l'articolo pubblicato qualche giorno fa su Repubblica. Personalmente, l'ho fatto tramite PaperoGiallo, devo aggiungere, con una certa punta d'interesse. Sarà il periodo! E però, alla fine di tutta la storia... e di tutti i commenti scaturiti dall'inevitabile dibattito (etnico sì, etnico no, etnico-sì-ma-con-cautela, etnico-quello-vero e non etnico-a-tutti-i-costi... solo perchè fa tanto figo!), pensandoci, sono ancora al punto di partenza: cioè, non me la spiego! Non mi spiego la reazione tipica, quella dell'italiano tipico... dura, quasi violenta, ogni qual volta si parli di cibo-non-italiano. Diciamolo subito, così da sgomberare il cambo da possibili obiezioni al riguardo: ci riferiamo all'etnico buono, quello di qualità! E se qualcuno stesse pensando (per caso) al sushi pronto del supermercato sotto casa... non vale, è chiaro! Ora, perchè la chiusura? Paura che finiranno per rubarci il tortellino? Oppure, semplicemente, paura (ancora un volta) del diverso che avanza? Mi rendo conto, tante domande e nessuna risposta... è che ci sto pensando. Oh, se (intanto) qualcuno avesse già qualche risposta, basta scrivere (siamo qua per questo, no?!). Partirei, però, da una certa associazione d'idee: diverso=interesse=arricchimento! Ed è un buon punto di partenza. Prima d'ogni altra, approfondita analisi del caso! Seconda certezza :-) una simpatica ricettina indiana: per quando avrete del pollo da consumare e la voglia di... farlo-strano!

p.s. il riferimento è forzatissimo, anzi, non c'entra proprio niente! Così, giusto perchè si parlava del non-solo-noi-ma-anche-tutti-gli-altri... se non avete (ancora) visto Milk, fatelo! Non foss'altro per l'interpretazione assolutamente estasiante di Sean Penn (oscar-oscar-oscar)! Poi vabbè, dopo il cinema (mmm, non si riesce a nascondervi proprio nulla)... altra esperienza gratificante (parliamo de magnà, eh certo). Magari approfondiamo poi, digerisco prima :-)

Moghlai Murgh (india)
per 4 persone

1/2 kg di pollo
100 g di anacardi

30 g di gherigli di noce

30 g di mandorle
20 g di uvetta

60 g di burro ghee

250 ml di yogurt intero al naturale
3 spicchi d'aglio

1/2 cipolla

2 cucchiai di zenzero fresco

3 bacche di cardamomo verde
80 g di semi di papavero bianchi*
1/2 stecca di cannella

sale

Ammollate l'uvetta in una tazza con poca acqua calda, per 20 minuti. Nel frattempo, mettete in un mixer lo zenzero grattugiato, l'aglio sbucciato e poca acqua: frullate e mettete da parte. Scaldate il burro ghee in una casseruola ed unitevi la cannella, la cipolla mondata e tritata e le bacche di cardamomo intere. Lasciate rosolare, quindi aggiungete le noci, le mandorle e l'uvetta scolata. Unite il pollo tagliato a pezzi e lasciatelo dorare uniformemente mescolando spesso. Aggiungete anche il frullato d'aglio e zenzero, lo yogurt ed un pizzico di sale. Coprite e lasciate cuocere per 15 minuti. Versate infine i semi di papavero e gli anacardi tritati e mescolate bene il tutto. Coprite nuovamente e lasciate cuocere per altri 10 minuti. Servite ben caldo.

*i semi bianchi di papavero sono un possibile ingrediente del curry; il seme azzurro è invece molto utilizzato in pasticceria e per la preparazione di alcuni tipi di pane.

mercoledì 11 febbraio 2009

Sora Margherita


E chiudiamo (in bellezza) il racconto di questo weekend mangereccio... sempre perchè c'erano i miei! Pensandoci, dovrei raccontarvi (anche) delle mie colazioni a base di caffellatte e biscotti all'amarena giunti appositamente dai lontani lidi partenopei... invece, sabato sera, siamo finiti da sora margherita, nel ghetto, in pieno centro storico! Ed è un'esperienza che merita davvero d'esser raccontata! Divertente, schietta... già dalla telefonata per la prenotazione (che è assolutamente necessaria!) - sono precisina, mi riserva un tavolo per sei persone, diciamo alle 20h30?! Intanto, lì da margherita, non è che si può scegliere a che ora cenare. Almeno, non durante il weekend (tra l'altro, a cena, sono aperti soltanto il venerdì ed il sabato). Fanno due turni, quello delle 20h00 e quello delle 21h30 - lei quando vuole venire? Senza pensarci troppo, m'affretto a confermare il primo turno, poi (come al solito) finisce che ci penso su e richiamo - scusi sora margherita, sempre la precisina di prima, ma per caso siete uno di quei posti dove, diciamo così, si mangia con una certa sollecitudine, tipo che alle 21h29 quelli del secondo turno già ti guardano male?! Quindi, genialata: prenoto per il secondo turno... così ci lasceranno in pace! Scordatevelo, la sollecitudine è la stessa. Ma si tratta d'una sollecitudine perfino piacevole, perchè è tutto così tremendamente caratteristico. Come ve la spiego? Non è propriamente un'esperienza da trattoria, non nel senso classico del termine. Anzi, in realtà non è nemmeno una trattoria, non nel senso fiscale del termine :-) bensì un'associazione culturale (se non siete degli afficionados, vi faranno compilare la tessera per diventare soci, gratis ovviamente). E per quanto mi riguarda, devo dire, ho vissuto tutto l'insieme come una specie di sortita in un luogo che ha un-non-so-che di misterioso. A metà tra una bisca clandestina ed un tempio. Perchè c'è sacralità (un trionfo di cucina romana), ma anche sotterfugio... con questa storia che, ad una certa ora, sprangano le porte - perchè così sembra che siamo chiusi! Affascinante no?! E il locale è davvero striminzito: si sta stretti, senz'ombra di dubbio. Con il chiacchiericcio che ne è l'inevitabile colonna sonora. Ma è pur sempre questione d'impostazione mentale: cerchi il locale tipico, alla buona, cucina romana, robusta, immediata... eccolo! Tutto il resto non conta! Anche perchè, poi, quando inizia la carrellata dei piatti, iniziano anche le varie conferme... qualcuna più, qualcuna meno. Personalmente ho adorato il carciofo alla giudia, croccantissimo, da sgranocchiare foglia-dopo-foglia. E le fettuccine, fresche. Condite con cacio, pepe e ricotta (le mie), un po' d'acquetta sul fondo del piatto, ma basta mantenere l'impostazione mentale di cui prima, mantecare un attimo e il tutto si trasforma in un bel sughettino avvolgente. Con un giustissimo equilibrio di sapori (nè piccantissimo, nè sciapo... e nemmeno banale!). Le polpette al sugo, con tutta probabilità, saranno come quelle che vi faceva vostra nonna, la cicoria ripassata era assolutamente deliziosa (sarà che adoro tutte stè erbarelle genuine). Ma avevano terminato la crostata con le visciole (sigh). Ripieghiamo (un po'tutti) sulle ciambelline al vino, pucciate nel vin santo... uhm no, da rivedere, un po' mollicce, niente crock! Il vino (rosso), boh, te lo portano direttamente al tavolo, in una caraffa trasparente, poi caffè con... i (soliti) 30-35 euro a persona. E varrebbe (davvero) la pena tornarci, magari a pranzo, visto che la zona è carinissima, centrale, autentica, piena di vita. D'obbligo la passeggiatina digestiva in pieno quartiere popolare... dove avrei (tra l'altro) realizzato di poter vivere anche da domani (ho ancora la mentalità del turista, mi dicono). Passeggiatina che potrebbe condurvi al cospetto della vetrina di Roscioli (per esempio)... dove l'altra sera troneggiavano (per esempio) dei bellissimi biscotti all'amarena (per loro sono i bicotti napoletani, ndr). Scherzi del destino?!

sora margherita, piazza delle cinque scole, 30 - roma
tel. 06 6874216 (aperto a pranzo / di sera soltanto venerdì e sabato)

martedì 10 febbraio 2009

E venerdì, cena vegetariana :-)


Mi sa che... ve lo racconto proprio tutto stò weekend mangereccio con i miei! Torniamo (quindi) a venerdì sera: cena-buffet, vegetariana. E potrebbe scapparci (davvero) qualche ideuzza interessante, anche qualcosina di nuovo magari. Soprattutto per i meno avvezzi... che ogni volta che invito quella che non mi mangia la carne, oddio! Trucchetto personalissimo: evitare le portate classiche (antipasto, primo, secondo...), si rischia facilmente di eccedere con l'utilizzo di uova e formaggi (oltre ogni umana decenza)... a meno che non siate amici dei vari tofu, seitan... solo che io non lo sono :-) e allora punto tutto sull'informale, ovvero tavola piena di terrine/vassoi/ciotoline d'ogni sorta... e buon appetito!








Champignon marinati

per due persone

2 cucchiai d'olio extravergine d'oliva
1/2 bastoncino di cannella
1 foglia di alloro
2 cucchiaini di semi di coriandolo leggermente schiacciati
250 g di piccoli champignon interi
2 dl di vino bianco secco
pepe, sale
1 cucchiaio di coriandolo o prezzemolo tritato finemente
spicchi sottili di limone

Scalda l'olio in un tegame antiaderente e fai rosolare la cannella, l'alloro ed i semi di coriandolo per circa due minuti. Aggiungi gli champignon e mescolali in modo che si coprano completamente d'olio. Aggiungi il vino e porta tutto ad ebollizione. Soffriggi gli champignon, coperti per 5 minuti. Toglili dal tegame con una schiumarola, mettili in una ciotola e prosegui la cottura del liquido finchè non si sarà dimezzato. Insaporisci con sale e pepe e versa la salsa sui funghi. Lasciali marinare per almeno 2 ore, in modo che gli champignon s'insaporiscano bene. Cospargili, prima di servire, col coriandolo e guarnisci con gli spicchi di limone.

Ancora una ricetta very easy tratta dal libricino delle ricette ikea :-) Si tratta di un piatto di origine greca, notoriamente servito come 'meze' (antipasto) oppure come contorno della carne grigliata. Eventualmente, sostituite i funghi con cimette di cavolfiore oppure con delle carote (da soffriggere, rispettivamente, 8 e 15 minuti).


Soufflè di broccoli e patate
per 9 pirottini tipo muffins

1 broccolo non troppo grande
ca. 400 g di patate
1 uovo + 2 albumi
100 ml di panna fresca
2 cucchiai di pecorino grattugiato
sale e pepe

Lavare il broccolo, dividerlo in cimette e cuocerle al vapore con le patate sbucciate e ridotti in piccoli cubetti. Quando risulteranno molto morbidi, con l'aiuto di un mixer frullarli insieme a tutti gli altri ingredienti (tranne i due albumi). Insaporire con il sale ed il pepe. Montare a neve gli albumi ed incorporarli delicatamente al composto (con una frusta a mano, oppure con una forchetta, eseguire dei movimenti rotatori dal basso verso l'alto, cercando di non smontare gli albumi). Suddividere il composto ottenuto all'interno dei pirottini e cuocere in forno già caldo a 200 gradi per circa 20-30 minuti o, comunque, fincheè non risulteranno belli gonfi. Servire immediatamente... altrimenti, com'è risaputo, si sgonfiano! Eventualmente, inserire un cubetto di formaggio saporito (tipo caciotta, auricchio...) al centro dei pirottini, prima d'infornarli!


Flamiche
per uno stampo da 20-22 cm

1 disco di pasta brisè*
75 g di burro
900 g di porri
1 cucchiaino di sale
4 tuorli d'uovo (medi)
300 ml di panna fresca
noce moscata grattugiata
sale e pepe

Porta la pasta brisée a temperatura ambiente. Accendi il forno a 200 gradi. Lavora la pasta fino a renderla sottile e stendila nella teglia. Con l'aiuto di una forchetta, fai qualche foro sulla base della torta e mettila in freezer per 15 minuti. Quindi, ricoprirla con un foglio di carta da forno, tagliata esattamente della misura del fondo dello stampo, riempirla di fagioli secchi ed infornare per 10 minuti a 200 gradi. Sfornare, eliminare i fagioli e la carta da forno e spennellare la pasta intiepidita con dell'uovo sbattuto (per evitare che il ripieno bagni troppo la base ed anche per sigillare, eventualmente, quei buchini che tendono a formarsi sul fondo). Fai scogliere il burro in una grossa pentola, aggiungi i porri lavati e tagliati a fettine sottili, amalgama il tutto. Versa qualche cucchiaio d'acqua, aggiungi il sale e copri con il coperchio. Cuoci a fuoco lento per circa 30 minuti, fino ad ottenere un composto soffice ed omogeneo. Al termine, togli il coperchio e lascia raffreddare. Metti i tuorli e la panna in una ciotola, aggiungi, sale, pepe e noce moscata e lavora energicamente. Aiutandoti con un cucchiaio, riempi la torta con i porri (ormai quasi freddi) e distribuiscili uniformemente. Aggiungi la crem a base di uova e cuoci in forno per 30 minuti finchè il ripieno non si sarà rassodato e la pasta non avrà assunto un bel colore dorato. Servila appena tiepida.

*è una ricetta tratta da Torte dolci e salate di Maxine Clark: per la pasta brisèe, potete prepararla con questa ricetta ed utilizzarne, poi, soltanto una metà (l'altra può essere tranquillamente congelata). A dire il vero, ho utilizzato una teglia grande, da 30 cm (ma non chiedetemi il motivo!), ho steso l'intero panetto di brisée e, naturalmente, il ripieno è venuto più basso... buonissima lo stesso! :-)


Crostoni con feta e olive

In una ciotola, lavorare la feta con qualche cucchiaio di ricotta fresca, un pizzico di sale e di pepe, abbondante origano tritato ed, infine, incorporare anche una manciata di olive nere kalamata, denocciolate e tagliate a metà. Aggiungere dell'olio extravergine d'oliva a filo, fino a raggiungere la giusta cremosità. Utilizzare il composto per farcire delle mezze baguette (tranci di baguette aperti a metà), irrorare ancora con un filo d'olio e passare al grill per pochi minuti.


Insalata doppia verza con crema di noci

Per un'insalatiera di medie dimensioni, ho utilizzato 1/2 verza bianca ed 1/2 rossa, soltanto il cuore (la parte più tenera), lavata e tagliata a striscioline. Le ho condite con sale, pepe ed olio extravergine d'oliva. Per la crema di noci, ho frullato 100 g di gherigli di noci con dello yogurt fino ad ottenere un composto abbastanza omogeneo. Ho versato la crema sulla verza ed insaporito bene il tutto. Quindi, va coperta e conservata in frigorifero per almeno mezz'ora prima di servire.


Mousse con fichi e pinoli
per 6 porzioni

150 g di cioccolato fondente (70% di cacao)
60 g di burro
3 uova grandi
6 biscotti tipo savoiardo
6 cucchiai di sciroppo d'acero
6 cucchiai di Amaretto di Saronno (o altro)
6 cucchiai di confettura di fichi bianchi
100 g di pinoli tostati

Sciogliere il cioccolato ed il burro a bagnomaria. Amalgamarli bene e lasciarli intiepidire. Incorporare, quindi, i tuorli leggermente sbattuti ed, infine, gli albumi montati a neve ben ferma (con una frusta a mano, oppure con una forchetta, eseguire dei movimenti rotatori dal basso verso l'alto, cercando di non smontare assolutamente gli albumi). Spezzare i biscotti a metà e posizionarne due (metà) sul fondo di ogni coppa. Irrorarle con un cucchiaio di sciroppo d'acero ed uno di liquore e suddividere, quindi, la mousse nelle coppe. Conservare in frigorifero per almeno due ore. Al momento di servire, scaldare la confettura e, con un cucchiaino, distribuirla sulla mousse... delizioso il contrasto caldo-freddo, dolce amaro!!!