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giovedì 8 aprile 2010

Vitello tonnato o vitel tonnè


Ancora in tema di piemontes-itudine, mia primissima volta co' stò gran bel pezzo di vitello! E com'era giusto che fosse, preparato con la ricetta assolutamente pura ed ortodossa dell'amica Sandra Salerno, da seguire alla lettera in quelli che sono pochi, ma doverosi passaggi. Solo che piuttosto che star qui a disquisire sulle meraviglie di un secondo piatto che fa sempre la sua tronfia figura (perfetto per un pranzo domenicale, in generale in caso di ospiti e perfino quando v'invitano e vige la regola 'ognuno porta qualcosa'), ecco, mi concentrerei più che altro su di una serie di appunti pratico-logistici, cosettine sperimentate nel famoso day-after... visto che non si sa bene come e perchè, ma stò vitello tonnato avanza sempre. E oltretutto sembra non finire mai! Ora, posto che potreste tranquillamente congelarlo così da salvarvi in corner in più d'una cena improvvisata (lasciatelo scongelare lentamente, prima in frigorifero e poi a temperatura ambiente), avete mai pensato ad utilizzarlo per tramezzini e sandwiches da asporto? Il famoso pranzo in ufficio che, va bene che lo fate al volo (e pure in ufficio), ma se magari gli diamo anche un appetitoso perchè è pure meglio! Con qualche foglia di lattuga e magari delle fettine di pomodoro da insalata, di quelli belli sodi. Vabbè, poi i giorni passano e se arrivate a sognare il vostro vitello persino di notte, della serie "domani mattina mi alzo e come primissimo atto della giornata lo lancio direttamente dalla finestra"... frullate il tutto e fateci delle polpettine da panare e friggere. Di quelle mono-morso da offrire con l'aperitivo, oppure un polpettone un po' diverso dal solito (cosa che del resto potreste fare anche con gli avanzi dei vari capretti e abbacchi pasquali). Volendo proprio esagererare, frullate, amalgamate con uno o più uova (dipende chiaramente dalla quantità di carne a vostra disposizione, dovrete ottenere un composto piuttosto cremoso), aggiungete magari del porro stufato e schiaffate tra due dischi di pasta brisée/sfoglia, infornate per una buona mezz'ora e lasciate poi la torta in bella mostra sul tavolo in modo che ognuno possa servirsi da solo... se e quando gli va! :))

COMUNICAZIONE DI SERVIZIO

S'informano i gentili lettori che da qui a 2 giorni il blog prenderà una chiara e netta piega partenopea a causa della mia temporanea permanenza sull'isolotto natio... in pratica prenderò d'assalto la cucina di mia madre, senza dimenticare nemmeno quella di zie, amiche e posticini carini... e facciamo che per un po' ci si legge da lì! :))

Vitello tonnato
la ricetta originale è su www.untoccodizenzero.it

noce di girello (vitello) kg 1
cipolla 1
carote 2
costa di sedano 2
prezzemolo 4/5 gambi

per la salsa tonnata

tonno sott’olio grammi 300 (sgocciolato)
capperi sotto sale grammi 20+20
acciughe sott’olio 6 filetti
prezzemolo 1 ciuffo
brodo freddo circa 150 ml (potrete utilizzare quello di cottura della carne)

Mondate e tagliate tutte le verdure a pezzi. Portate a ebollizione le verdure in acqua leggermente salata. Unite la carne e cuocete per 25 minuti a partire dall’ebollizione. Togliete dal brodo e lasciate raffreddare. Tagliate il vitello a fette molto sottili (se possibile con un’affettatrice).

Per la salsa: frullate il tonno, le acciughe, i capperi (20 grammi), il prezzemolo e il brodo. Se necessario salate e pepate. Tenete in fresco.

Disponete la carne su un vassoio o un piatto da portata, coprite con la salsa, i capperi restanti dissalati e qualche ciuffo di prezzemolo.

martedì 9 febbraio 2010

Tacchino al forno alla Donna Hay


Oddio, se ci penso... io, il tacchino, il burro... immaginate la sottoscritta (sconvolta, ma comunque decisa a provarci) con la sua bella ricettina piazzata di fronte manco fosse una specie di testo sacro, guanti da chirurgo, ciotola colma di burro (molto chic, ben aromatizzato, ma comunque sia... burro:)) ed un massaggio lento ed accurato negli angolini più nascosti e reconditi... del tacchino! E tocca dirlo signore e signori, non è propriamente da me stà cosa. Voglio dire, si sarà forse notato che la carne, qui, appare decisamente di rado e che, quando lo fa, assume sembianze sbarazzine, giocose, perfino giappones-izzanti, insomma, tutto pur di non sembrare quasi più carne! :)) E poi accade che, d'amblè, si va in fissa con la questione che il tacchino della domenica andava, magari, un tantino enfatizzato (e baaasta con il solito cartoccio e via dritto in forno) e quindi domanda: chi sono gli indiscussi maestri quanto a tacchini e tacchinerie varie? Ecco appunto, non solo gli americani a quanto pare! Giustappunto Donna Hay sarebbe australiana e, devo dire, l'enfasi del tacchino donnahayano mi mancava. Limone e timo-limone (che adoro letteralmente), ma soprattutto burro! L'ingrediente assolutamente non sospetto che veneriamo tutti in maniera quasi atavica, ma soprattutto inconsapevole visto che, da bravi italici ortodossi, finiamo per snobbarlo regolarmente con tanto di sufficienza e saccenteria (vade retro odiosi grassi animali... c'abbiamo l'olio buono noi!). Sì sì vabbè, calma e sangue freddo, magari fate cenno ai noiosissimi trigliceridi... e che se ne stiano buoni per un po'! Buon tacchino burrosissimo a tutti! :))

Tacchino al forno alla Donna Hay
per 6 persone

150 g di burro morbido
1 cucchiaio di buccia di limone finemente grattugiata
1 cucchiaio di foglie di timo limone tritate
2 spicchi d'aglio sbucciati
1 cosciotto di tacchino da 1 Kg con la pelle (la ricetta originale prevede il petto)
10 rametti di timo
2 cucchiai di succo di limone

2 cucchiai d'olio d'oliva

sale marino e pepe nero macinato

Preriscaldate il forno a 200°C. Ponete in una ciotola il burro, la buccia di limone, il timo limone e l'aglio e amalgamate bene il tutto. Sistemate il tacchino in una teglia antiaderente, con il lato con la pelle rivolto verso il basso, praticate un taglio in senso orizzontale a mò di portafoglio, spalmate l'interno con due cucchiai di burro al limone e coprite con 4 rametti di timo. Girate il tacchino e spalmate l'intera superficie con il burro rimasto (anche sotto la pelle). Irrorate con il succo di limone e l'olio e condite con sale e pepe. Coprite ed infornate per 15 minuti. Quindi scoprite, spargete i rametti di timo rimasti e continuate la cottura per 15-20 minuti, finchè la pelle non risulterà perfettamente dorata. Affettate e servite.

giovedì 21 gennaio 2010

Tsukune: la polpetta nipponica :))

Oggi ho un po' barato! Intanto perchè si tratta, bene o male, della stessa tecnica di caramellizzazione passata già ieri su questi schermi, solo che qui ci sarebbe anche del mirin! Trattasi infatti della (stra-famosa) salsa teriyaki, adattabile a carni, pesci, tofu e verdure di sorta... oddio, speriamo sempre di non uscircene con troppe eresie (ma stiamo studiando seriamente, si vede?!:)). Per cui stessa salsina e, come se non bastasse, stesso (petto) di pollo utilizzato per gli spiedini del giorno prima (ma sì insomma, un ritaglio qui, un ritaglio lì:))! E quindi gente, tadaaan, le polpette giapponesi! Quelle che le nonne dai vispi occhietti a mandorla preparano pazientemente ogni domenica mattina, quando c'hanno il resto della famiglia che viene per pranzo, sì sì vabbè, ridicolissimo tentativo di associare luoghi comuni non propriamente associabili e teniamoci per buona 'la forma' che è meglio, va. E la forma è decisamente quella delle familiarissime polpette, la solita, morbida rotondità che rassicura e mette tutti d'accordo. In bonus, un lieve passaggio nella farina di mais (toh, uhm) ed una suuuper glassa semi-dolce a tratti piccantina, caramellosa quanto basta, appiccosa all'inverosimile, insomma, ciò che serve a fare di una polpetta... una polpetta giapponese, eheheh. :))

P.S. e se c'inventassimo una sorta di yaki-tsukune? Piccole polpettine caramellose, infilate su micro spiedini di bamboo, accomodate in una qualche ciotolina rubata al volo dalla credenza... e vai con l'aperitivo eretico! :))

Tsukune di Masaki Ko
per 4

4oo g di pollo macinato
4 uova

4 cucchiai di cipolla tritata
1 cucchiaino e 1/2 di zucchero
1 cucchiaino e 1/2 di salsa di soia

farina di mais per la panatura
1 cucchiaio d'olio
1/2 mazzettino di cipollotti freschi per guarnire

per la salsa teriyaki:

2 cucchiai di sake (o vino bianco secco)
2 cucchiai di zucchero
2 cucchiai di mirin

2 cucchiai di salsa di soia

Lavorate il pollo con l'uovo, la cipolla grattugiata, lo zucchero e la salsa di soia fino ad amalgamare bene il tutto (il risultato sarà ancora un po' appiccicoso). Dividete l'impasto in 12 piccole polpette ed appiattitele un po' con il palmo della mano. Passatele quindi nella farina di mais, facendo attenzione a far aderire la panatura sull'intera superficie. Mondate i cipollotti, tagliateli a listarelle sottili, copriteli con acqua fredda e lasciateli in ammollo per 5 minuti. Scolate ed asciugate bene. Scaldate l'olio in una padella antiaderente, unite un po' alla volta le polpette e rosolate per 3 minuti a fiamma moderata. Girate sull'altro lato e ripetete l'operazione. Mescolate gli ingredienti per la salsa e versate nella padella e girate di tanto in tanto le polpette per ottenere una glassa omogenea. Sistemare le polpette in un piatto, coprite con il cipollotto a listarelle e servite immediatamente.

English, please!!!

Tsukune di Masaki Ko
serves 4

4oog minced chicken
4 eggs
4 tablespoons grated onion
1 teaspoon and 1/2 sugar
1 teaspoon and 1/2 soy sauce
corn flour for coating
1 tablespoon olive oil
1/2 bunches spring onions, finely shredded, to garnish

the teriyaki sauce:

2 tablespoons sake (or dry white wine)
2 tablespoons sugar
2 tablespoons mirin
2 tablespoons soy sauce

Mix the chicken with egg, grated onion, sugar and soy sauce until the ingredients are well combined (the mixture'll be a little sticky). Shape into 12 small, flat round cakes and dust them lightly all over in corn flour. Soak the spring onions in cold water for 5 minutes and drain well. Heat the oil in a frying pan, place the chicken cakes in a single layer and cook over a moderate heat for 3 minutes. Turn on the other side and repeat. Mix the sauce ingredients and pour into the pan: turn the checken cakes occasionally until they are evenly glazed. Arrange the chicken cakes on a plate and top with the spring onions. Serve immediately.


mercoledì 20 gennaio 2010

Yakitori, lo spiedino di pollo nipponico


Ve ne siete accorti? Dopo tutta la recente e sbandieratissima nipponitudine, poi qualcuno che giù nei commenti faceva notare evidenti spifferi d'aria nuova buttati qua e là anche un po'distrattamente... di fatto, siamo alla primissima ricetta giapponese, giapponese fin dentro le ossa, ecco! E allora yakitoriiii: pezzetti di pollo e cipollotto fresco impilati su allegri spiedini in bamboo e, attenzione che qui viene il bello, deliziosamente caramellizzati come solo i giapponesi sanno fare, con quest'intruglio a base di sake, zucchero e salsa di soia... e che, me lo sento proprio nel profondo, finirà per diventarmi familiare almeno quanto la cara pizza margherita:)). Giustappunto, dovendo suggerire (uhm, ad un'irriducibile terrona cresciuta a pizza margherita e pochissimo altro ancora, legata ai sapori natii come la lumaca al suo guscio...:)) un approccio magari anche un attimo soft al grande, infinito mondo del japanese cooking style, così, giusto per rompere il ghiaccio senza grossi traumi di sorta, ecco, diciamo che consiglierei vivamente di partire con lo yakitoriiii. E perchè, in fondo in fondo, è pur sempre uno spiedino di pollo, valore aggiunto, uno spiedino di pollo talmente buono (tenero, aromatico, umido, per niente stopposo, ecc ecc) che quelli della pizza margherita di cui prima se lo possono tranquillamente sognare! Finale con chicca, molto in stile tursiti-per-caso: nel caso vi trovaste a passare per Tokyo e di preciso per il quartiere di Ebisu, nel caso vi venisse fame e v'andasse di mangiare yakitori a tutti i costi, uhm, potreste decidere d'arrampicarvi fino al trentanovesimo piano di Yebisu Garden Place, pant pant, infilarvi direttamente da Yebisu, yakitori-pub pocopoco raffinato, ma gli spiedini sono veramente ben fatti (ed i prezzi onesti!), ordinate quindi yakitori, fatevi spillare una buona birra locale (Yebisu of course) e già che ci siete... guardate un po' dritto davanti a voi, anzi, direttamente sotto di voi: signore e signori, l'intera Tokyo ai vostri piedi, woooooooooooow! Resterà soltanto da fare spallucce, prendere atto di esser meno, ma molto meno d'una misera formichina persa in questo grande, immenso mondo... e continuate a sbocconcellare spiedini che è meglio! :))

Nota1: equivoco sulla lista della spesa, io e Precy alla fine non ci siamo capite... lei pensava alle cosce (di pollo, dissossate e con la pelle) ed io avevo già preso del petto (quello intero, non le fettine sottili!); posto che non ho ancora capito se sono più ortodosse le cosce oppure il petto, sta di fatto che al prossimo giro faremo esattamente come dice Masaki Ko... e così vediamo! ;-)

Nota2: se trovate del buon petto di pollo (e diteglielo un po' a quel testone del macellaio: devo fare yakitoriii:)), viene comunque morbido, umido e spaventosamente appetitoso :)).

Yakitori di Masaki Ko
per 4

6 cosce di pollo dissossate (con la pelle)
cipollotti freschi
15o ml di salsa di soia
90 g di zucchero
3 cucchiai di sake (o vino bianco secco)
1 cucchiaio di farina

Unite salsa di soia, sake, zucchero e farina, ponete sul fuoco con la fiamma al minimo e cuocete per circa dieci minti (dovrà ridursi di 1/3). Mettete da parte. Tagliate ogni coscia di pollo in 6 pezzi ed i cipollotti in tranci lunghi circa 3 cm (utilizzate solo la parte verde). Alternate pollo e cipollotto su 12 spiedini di bamboo e cuocete su piastra mediamente calda (oppure sul barbecue) bagnando generosamente con la salsa preparata. Girate gli spiedini su tutti i lati in modo da ottenere una cottura uniforme (5-10 minuti, il pollo dovrà risultare cotto, ma ancora umido). Servite caldo con un po' di salsa yakitori extra.

English, please!!!

Yakitori by Masaki Ko
serves 4

6 boneless chicken thighs (with skin)
bunch of spring onions
150 ml soy sauce
90 g sugar
3 tablespoons sake (or dry white wine)
1 tablespoon plained flour

Mix soy sauce, sake, sugar and flour, put on fire with the flame to low and simmer for about ten minutes (until the souce is reduced by 1/3). Then set aside. Cut each chicken thigh into 6 chunks and the onions into 3 cm long pieces (use only the green part). Thread chicken and onions alternately on 12 bamboo skewers and cook, under medium heat, over an hot plate (or on the barbecue), brushing generously with the sauce. Allow 5-10 minutes, until the chicken is cooked but still moist. Serve hot with a little extra yakitori sauce.

giovedì 15 ottobre 2009

Vitello farcito, infarinato...

...insomma, davvero niente di che! Nel senso dell'idea! Tipo che, questa qui, mi sa tanto l'avete già vista/rivista, persino fatta/rifatta, ma magari anche no! Giustappunto, avrei notato che certe volte è soprattutto l'idea solita (solitissima, vista, rivista, ecc) a dover essere sussurrata all'orecchio dell'amica (in panne per l'invito a cena improvviso). Banalità a parte, giusto quelle due/tre cosine che proverebbero anche un po' a fare la sapiente differenza, il mio piccolo, piccolissimo valore aggiunto (vabbèvabbè) e quindi...

1) la farcia, pensarla sempre un po' morbida e possibilmente filante. In questo caso qui, speck affettto sottile e mozzarella di bufala (del giorno prima). Una fogliolina di salvia, chiudere a portafoglio e fermare con uno o più stuzzicadenti.

2) la farina, per proteggere la carne durante la rosolatura (sigilliamo la superficie, otteniamo la crosticina irrinunciabile, ma tratteniamo tutti i succhi interni = carne + morbida), ma soprattutto perchè l'amido rilasciato (ehm, dalla farina) trasforma l'intingolo/fondo di cottura (olio oppure burro, poi vino, succo di limone, latte) in una cremina densa, degna delle migliori scarpette che si siano mai viste (eheheh, anche senza piatto di pasta, ormai, la questione amido/addensante ve la rifilo lo stesso, sic). E quindi, se ancora non si fosse capito, infarinare gli involtini su tutti i lati, premendo bene anche sul lato aperto.

3) la cottura, brevissima (ma davvero breve!), in padella con olio oppure burro, a fiamma vivace, giusto per rosolare/sigillare la superficie. Il resto avviene, molto lentamente, in forno, con del vino bianco secco ed un foglio di carta argentata per coprire il tutto (l'amido farà il resto, ihihih). Ricapitolando, per il passaggio forno, imburrare una teglia, sistemarvi gli involtini rosolati ed irrorare con del vino bianco stemperato con un cucchiaio scarso di farina setacciata, sale, pepe, coprire e cuocere a 150 gradi per circa 15 minuti.

giovedì 8 ottobre 2009

Rotolo di tacchin(a) farcito


Per la storia del "come mai Precy scrive un post così striminzito" vedere post (striminzito) di ieri :-). Qui, limitarsi ad annotare quanto segue :-) . Recarsi dal macellaio di fiducia e pregarlo di predisporre della fesa di tacchinella (che è più dolce del tacchino maschio, eheheh, visto che avere un macellaio di fiducia salva la vita più e più volte?! fa niente se ne cambiate uno al mese, l'importante è che abbia comunque la vs fiducia), specificando bene che dovrete farcirla, arrotolarla, ecc. Appunto, una volta a casa, farcitela come più v'aggrada: nel mio caso, fontina e prosciutto di capra (+ rosmarino e salvia tritati), ma solo perchè volevamo divertirci a caratterizzare un tipo di carne che, di suo, c'ha un certa neutralità, diciamolo. Legare il tutto con lo spago da cucina (non spiego "il come" perchè non è che segua una tecnica particolare, in pratica, cerco di farla star ferma durante la cottura, sic), adagiare in una teglia imburrata, irrorare con del vino bianco stemperato con un cucchiaino di fecola setacciata (effetto cremina densa, ndr) e cuocere in forno a 220 gradi per dieci minuti. Abbassare, quindi, a 180 gradi e proseguire per circa 40 minuti (quando affettate, se la parte centrale dovesse risultare ancora un po' cruda, coprite e proseguite la cottura, ma senza esagerare!). Cosa manca? Ah sì... et voilà :-)

martedì 9 giugno 2009

Peach-lacquered chicken wings


Per cenette al limite del divertimento, prego: accomodarsi pure da questa parte! Si mangia rigorosamente con le mani (chiaro, è tutto lì il divertimento) ed a voler essere più precisi, giusto giusto con la punta delle dita! A tal proposito, ne approfitterei per ricordare che peach-lacquered sta per glassato alla (confettura di) pesca e che, se ancora non si fosse capito, abbiamo archiviato il tutto alla voce 'appicicosissimo'. Poi, volendo, ci sarebbe anche la sotto-voce intrigante/ammiccante... ehm, è che sarei reduce da un certo passaggio di ricette pro-conquista... ma sì, un'amica che deve (assolutamente trovare il modo di) far colpo e la sottoscritta, qui, che fa da consulente per le inevitabili cenette galeotte (dopo che su facebook è venuta fuori la questione che... quando inizi a farli mangiar bene, ehvabbè). Tornando a noi, ricettina adocchiata sul solito Gourmet... e se ci pensate un attimo (io c'ho pensato, esattamente, per un nano secondo), ricorda tremendamente dell'altro. Solo che stavolta si esagera all'inverosimile, mooolto più appiccicoso, dolce, ma anche piccante... facciamo così: segnare alla voce "da fare al più presto e, comunque, non appena il marito/fidanzato/moglie/fidanzata non ne potrà proprio più delle insalate anti-caldo e vi supplicherà di ritornare una buona volta ai fornelli"!!!


Ali di pollo con glassa alla pesca
per 4 - 6 persone

3 spicchi d'aglio
1 pezzetto di zenzero, pelato e tritato grossolanamente
2/3 di tazza di confettura di pesche
1/3 di tazza di salsa di soia
1 pizzico di pepe rosso in grani (io, pepe nero)
2 cucchiai di acqua
4 ali di pollo intere (8 se già divise a metà)
olio d'oliva
sale

Con l'aiuto di un mixer, tritate finemente l'aglio e lo zenzero. Aggiungete la confettura, la salsa di soia, l'acqua ed il pepe: frullate fino ad ottenere una salsa omogenea. In un'ampia padella antiaderente (possibilmente, a bordi alti), rosalate le ali di pollo con un filo d'olio. Ricopritele, quindi, con la salsa e cuocete a fiamma vivace per 5 minuti. Girate il pollo, abbassate un po' la fiamma e proseguite la cottura per 20-25 minuti (continuando a girare le ali di pollo, di tanto in tanto). Servite appena tiepido... con dell'insalata o verdure di stagione.

giovedì 23 aprile 2009

Polpette di lesso. E panatura al limone.


Le prime, rubate (senza pensarci nemmeno un istante) alla trattoria Felice a Testaccio. La seconda (rubata, anche questa) alla cuoca della porta accanto, ovvero, colei che all'inizio di questo mese... mancava poco che mi facesse prendere un colpo! Era lì, sul numero di aprile del Gambero Rosso, in sostituzione della mia amatissima Annalisa Barbagli (quella de La cucina di casa), con la rubrica La 'nuova' cucina di casa. Di Viviana Lapertosa. Schiarisco un po' la voce e, in qualità di affezionata lettrice, mi permetterei d'obiettare un piccolissimo dettaglio, talmente piccolo che, magari, non se ne sono nemmeno accorti: le bellissime ricette (altamente creative) di Viviana Lapertosa, secondo me, non è che sanno propriamente di casa, non nel senso tradizionale e rassicurante del termine. Come c'aveva abituati Annalisa, insomma. E aggiungerei che potrebbe (perfino) apparire come una sorta di doppione dell'attiguo Finger food di Sigrid Verbert, voi che ne dite? Però, alla fine di tutti i conti, anche un po' per superare il trauma... cominciamo a provare subito stè (nuove) ricette di casa e... tocca dirlo, la signorina mi sta già piacendo (ma nooo, in realtà ero già un'assidua lettrice del suo blog): in particolare, tra le ricette di questo mese, ci sarebbe un'intrigante farina al limone (abbinata alle alici fritte)... la panatura è stata una personalissima associazione d'idee (ho pensato: se va bene per la farina, perchè non applicare il concetto anche al pangrattato?). E più leggevo la ricetta, più ne apprezzavo la genialità. Spiego: ci siamo arrivati un po' tutti al fatto che, la frittura, non andrebbe annegata sotto fiumi di succo di limone?! "Vai vai, spremici una mezza dozzina di limoni, vedrai come ti si sgrassa! :-) Chiaro che la punta acidula del limone, sul fritto, regala al palato quella meravigliosa, innegabile sensazione di fresco, di pulizia (cosa che, del resto, farebbe egregiamente anche il vino giusto, no?!). Ma addirittura, c'è chi pensa (uhm, io stessa credo d'averlo pensato in un'altra vita...) che il limone possa arrivare ad incidere (niente di meno che) sulle famigerate calorie... cioè, utopia allo stato puro! Senza contare che, spremendo che così si sgrassa, finiamo anche per rovinare la friabile croccantezza del fritto. In poche parole, na' tragedia... eppure, quel guizzo di limone sulla cotoletta alla milanese, piuttosto che sulla rondella di calamaro pastellato... e allora, guardate un po' cosa fa Viviana? Toglie il succo e mette la buccia, ma direttamente nella farina (io, nel pangrattato :-)), con un risultato gradevolissimo, una chicca da re-applicare sicuramente, più e più volte.

Per le polpette di lesso invece, nient'altro che un irrinunciabile riciclo di carne (lessa) in surplus (come dicevo, un riciclo firmato Felice a Testaccio... perchè chi cucina casareccio sa che, prima di tutto, non si butta via niente). So cosa state pensando: cara Precy, non credi sia un tantino difficile che, col caldo che fa (anche se non s'è ancora capito... fa caldo o no?), qualcuno pensi di cucinare il lesso, addirittura in quantità tale da farselo pure avanzare?! Raccolgo e rilancio all'istante: dunque, pensate alla notissima carne inscatolata che fa tanto bella-stagione, quella tutta ingelatinata (ci siamo capiti no?)... avete mai provato a far raffreddare il lesso (di carne), a sfilettarlo grossolanamente ed a condirlo con dei carciofi, della rucola, dei pomodorini, della cipolla di Tropea, un goccio di limone, un filo d'olio di quello buono... per cui, tornando esattamente al punto di partenza, nel caso doveste ritrovarvi con un avanzo di carne lessa, potreste trasformare il tutto in versione-polpetta, la panatura intrisa di buccia di limone rinfrescante... e vai di allegra/gratificante frittura. Che tanto, mica s'è capito se fa già caldo oppure no!


Polpette di lesso, con panatura al limone
per 4 persone

ca. 400 gr di carne lessa avanzata (oppure carne macinata)
2 patate di medie dimensioni
1 spicchio d'aglio privato del germoglio interno
1 ciuffo di prezzemolo tritato
1 uovo grande leggermente sbattuto
2 cucchiai abbondanti di Parmigiano grattugiato
sale e pepe
olio per friggere (extravergine d'oliva oppure d'arachidi)

per la panatura:
1 uovo grande
la buccia grattugiata di un limone (non trattato)
1 tazza abbondante di pangrattato

Lessare le patate con la buccia, in abbondante acqua salata, per 15-20 minuti (penetrandole con una forchetta, dovranno risultare decisamente morbide). Scolarle, sbucciarle e schiacciarle (con l'apposito attrezzo oppure con una forchetta: se lo fate quando sono ancora calde... sarà molto più semplice). Tritare l’aglio e, in una ciotola capiente, unire tutti gli ingredienti ed amalgamare con cura. Formare le polpette, passarle nell'uovo sbattuto e, quindi, nel pangrattato mescolato alla buccia di limone grattugiata finemente. Friggere in olio abbondante, a 170 gradi (per verificare la giusta temperatura, se non avete l'apposito termometro, immergete un cucchiaio di legno al centro della padella: se l'olio inizia a formare delle piccole bolle tutt'intorno, procedete pure). Scolarle non appena si formerà una bella crosticina dorata, tamponarle su carta assorbente da cucina e servire, accompagnando con insalata fresca e magari... qualche spicchio di limone :-)

giovedì 16 aprile 2009

Galletto ai lamponi. In cocotte.


Ricettina, assolutamente, da leccarsi i baffi. E da farci pure la scarpetta... a patto di rientrare nella schiera di quelli che, eventualmente, il salato condito con le salsine un po' dolci... la carne abbinata alla frutta... faccio la doverosa premessa (a costo d'apparire anche un po' antica) perchè osservo le reazioni delle persone e v'assicuro: raccontarsi le reciproche cene, al parco sotto casa, in attesa degli espletamenti fisiologici dei vari amichetti a 4 zampe... provando ad infilare un galletto ai lamponi tra un'amatriciana ed una carbonara, così, come se niente fosse... ecco, diciamo che al momento sarei, per tutti, quella che cucina cose strane. Primo ed inevitabile step per essere accettati in società :-). Poi, magari, s'approfondisce, t'ascoltano, qualcuno lo invito anche a cena... e l'oggetto misterioso potrebbe persino piacere!!! La stranezza di oggi sarebbe una piccola cocotte di José Maréchal. Legata, tra l'altro, ad un aneddoto talmente buffo... io che punto la ricetta, io che scorro la lista degli ingredienti... galletto (ok), lamponi (ok), mele (ma sììì), patate viola (oddio nooo, andranno bene quelle rosse prese da Biopolis?). Io che ero sicura d'aver acquistato delle (seppur un pochino strane) patate rosse! Io che l'avevo anche spifferato in giro, tant'è che una delle mie più dolci e affezionate commentatrici m'aveva prontamente suggerito una ricettina ad hoc, carinissima... che proverò senz'altro... non appena avrò sotto mano delle patate rosse, appunto. Eh sì perchè, udite udite, una cosa sono le patate e cosa ben diversa sono, invece, le batate! Quindi: io che leggo frettolosamente i cartellini al banco frutta (ah guarda, hanno anche le patate rosse...), io che penso che l'addetto ai cartellini potrebbe soffrire di sinusite, io che penso persino che, l'addetto, potrebbe essere mezzo africano (in quel caso, una b in più poteva anche scapparci...). Sì, ma poi, quand'è che il genio (cioè io) s'accorge, finalmente, che la batata non è una patata raffreddata, bensì un tubero a sè, sudamericano, con un sapore a metà strada tra una zucca e una castagna? Molto semplice: io che sbuccio, affetto e realizzo :-) solo che, ormai, era decisamente tardi per spingermi alla ricerca delle patate rosse (men che meno di quelle viola). Io che, a questo punto, considero la ricettina in questione (anche) allegramente versatile: nel caso qualcuno avesse in casa della batate (no eh?!)... oppure del pollo/coniglio in luogo del galletto. Perchè come dicono spesso i maestri... ehm, giusto l'altra sera alla scuola del GR, Antonello Migliore lo raccomandava proprio caldamente: ragazzi, principalmente, prendete per buona l'idea di base :-)


Galletto in cocotte,
con patate, mele e lamponi
per 6-8 cocotte mono-porzione (oppure un'unica pirofila)

3 galletti di circa 600 g ciascuno
3-4 mele pref. renette
200 g di patate viola (oppure rosse, gialle e persino batate)
125 g di lamponi
15 cl di aceto di lamponi
(nei supermercati ben forniti, erboristerie, negozi biologici, Castroni)
50 g di burro
5 cl di olio di girasole
50 cl di sidro (succo di mela al naturale)
sale e pepe

Dividete i galletti in due parti uguali, nel senso della lunghezza, separate le cosce dalle ali e disossate, eventualmente, petti e cosce per una presentazione migliore (oppure saltate tutta la fase e sparate, semplicemente, un paio d'occhi dolci al macellaio di fiducia!). Mettete le patate (con la buccia) in una casseruola piena d'acqua fredda. Salate generosamente (per fissare il colore), portate ad ebollizione e cuocete per 15 minuti. Intanto, lavate le mele, privatele del torsolo e tagliatele a tocchetti. Scaldate l'olio ed il burro in una padella e rosolatevi i pezzi di galletto ed i tocchetti di mela, finchè non prenderanno una bella colorazione dorata. Salate, pepate e sfumate con l'aceto di lamponi. Togliete dal fuoco e mettete da parte. Scolate e lasciate raffreddare le patate. Quindi, pelatele delicatamente. Preriscaldate il forno a 200°C. Suddividete il galletto, le mele e le patate nelle cocotte, completate con i lamponi ed irrorate con il sidro. Infornate per 30 minuti e servite caldo.

lunedì 16 marzo 2009

Un polpettone da aperitivo!?


Vabbè dai... è lunedì, si scherza! Un normalissimo polpettone, simpaticamente porzionato come il più scontato dei finger-food: a cubetti! Normalissimo... in realtà, c'è voluto più d'un trucchetto per provare a renderlo più umido (vedi alla voce: caprino), più stuzzicante (vedi alla voce: mortadella), più divertente (vedi, pistacchi!!!). In parole povere (lodico-nonlodico-lodico-nonlodico - lo dico!), decisamente meno scontato (e banale... e noioso...)! Perchè diciamolo, il polpettone ha stufato un po' tutti (no?), già il nome... una noia mortale!!! Solo che, poi, è (anche) estremamente pratico da preparare: tanta gente a cena e (tante) altre cose da preparare, avete presente?! Ad ogni modo, di polpettone un po' alternativo ne avevo già letto qui, ma capita che tra il segnare (le varie chicche da provare!) ed il fare (sempre le chicche di cui prima!)... se non ci fossero i (soliti) grilli-parlanti, lì, pronti a riaccenderti le famose lampadine!!! E stavolta c'ha pensato il (mio) macellaio: che faccio, metto anche un po' un po' di mortadella nel trito? ...oh sì, la prego!!! Il resto è venuto da sè... già che c'era la mortadella, è stato piuttosto naturale aggiungerci anche il caprino. E la menta! Ve l'avevo detto che l'abbinamento firmato Open Colonna c'era piaciuto non poco! Mancherebbero i carciofi... e se il polpettone (che sa anche un po' di primavera... nel senso che risulta più fresco al palato, decisamente!) lo servissimo con una gustosa purea di carciofi?! Che dite, ci sta?! Yum :-)


Il polpettone saporito

per l'impasto:
750 g di carne trita (manzo e maiale)
250 g di mortadella
tritata
250 g di caprino
fresco
1 generosa manciata di pistacchi
(non salati)
2 cucchiai di parmigiano
grattugiato
1 cucchiaio di menta
fresca tritata
1 uovo piuttosto grande
2 fettine di pane bianco
vino bianco
sale e pepe

per lo stampo:
olio extravergine d'oliva
pangrattato


Spezzettare il pane e metterlo a bagno con il vino. Quindi, strizzarlo e sbriciolarlo finemente. In un'ampia ciotola, unire tutti gli ingredienti ed amalgamarli con cura (preferibilmente, lavorando il composto con le mani!). Formare il polpettone e sistemarlo all'interno di uno stampo per plumcake (lungo 30 cm), ben unto e cosparso di pangrattato. Ungere ancher la superficie del polettone, spolverarla con del pangrattato e cuocere a 180 gradi per circa un'ora. Far raffreddare completamente prima di affettare e servire.

mercoledì 4 marzo 2009

Un cuore di burrino!


Chi l'ha notato? Due piatti di carne di seguito (...senza contare le polpette dell'altro giorno)!!! Colpa delle congiunture astrali oppure, più terennamente parlando, delle pressioni di un po' tutto il circondario? Confesso che, caricando la foto, ho pensato immediatamente a mio padre! Per la precisione, ho pensato che, oggi, leggendo l'ennesimo post ad elevato fattore-di-rischio, non ne potrà davvero più e se ne uscirà con un secco e lapidario: sì, ma il colesterolo?! E confesso (anche) che, al riguardo, non ci provo nemmeno a giustificarmi. Dalla mia, c'è però il fattore "vi avevo avvertiti!!!". Della mia spudoratissima predilezione verso tutto ciò che è, bene o male, formaggio! Del recente (ed indecente) shopping a tema... oltretutto, qui ci chiameremmo mammachebuono e non mamma-che-analisi-perfette... per cui il suddetto prembolo vale anche come blando invito a farsi un po' i conti in tasca (per capire: esame di coscienza... che poi non voglio sapere niente!). E se siete fortunati al punto da uscirne pulitipulitipuliti (arterie comprese)... alèèè, di corsa a replicare questo piatto che, giuro, è assolutamente fe-no-me-na-le!!! Ed in una casellina cerebrale doveva essermi rimasta quella tartare (di fassone, credo) di Simone Rugiati, con un cuore di burrata (per chi non lo sapesse, la burrata è un involucro di mozzarella con, dentro, un morbido cuore di panna... sembro uno spot pubblicitario o sbaglio?! Se, poi, tolgono l'involucro e ci servono soltanto il cuore morbido, attenzione, stiamo mangiando l'altrettanto famosa stracciatella pugliese). E l'idea è più o meno la stessa, solo che, qui, abbiamo un vero e proprio tortino di carne (nel senso che l'impasto è piuttosto simile a quello di una polpetta), da cuocere in forno... soprattutto perchè, non avendo la burrata (incredibile, non si è mai forniti abbastanza!), abbiamo utilizzato del burrino (che, invece, è un involucro di caciocavallo, con un altrettanto vergognoso cuore di burro... uhm, il fratello stagionato della burrata?!). Quindi, più che per la questione carne-cruda-sì-carne-crudo-no, il calore del forno è indispensabile per fondere il formaggio... e procurare l'effetto slavina testimoniato dalla foto: eh, provateci un po' a pungolarlo con coltello e forchetta! Gnam!


Tortini di vitello e nocciole
con cuore di burrino


per due tortini:
200 g di polpa di vitello
1 manciata di nocciole tostate e spellate
1 uovo
1 cucchiaino di timo tritato
2 cucchiai di Parmigiano grattugiato
2 pomodori secchi
sale e pepe

per il ripieno:
ca. 60 g di burrino

per gli stampini (tipo muffins):
burro e pangrattato

Riscaldate il forno a 200 gradi. Tritate la carne al coltello e lavoratela con l'uovo leggermente sbattuto, il Parmigiano grattugiato, pochissimo sale, il pepe, il timo, i pomodori secchi tagliati a listarelle sottili e le nocciole tritate grossolanamente. Imburrate gli stampini e passateli col pangrattato (eventualmente, si possono utilizzare anche dei coppa-pasta piuttosto alti). Con l'impasto di carne (lasciatene un po' da parte per chiudere il tortino), foderate base e pareti degli stampini, inserite al centro un tocchetto di burrino, richiudete con l'impasto di carne tenuto da parte (proprio come un tappo) e passate in forno per venti minuti. Lasciateli riposare per qualche minuto. Quindi, sformateli direttamente sui piatti da portata e servite subito.

martedì 3 marzo 2009

Cartoccio di pollo e caprino, alla provenzale


Due secondi (bastano!) per leggere la ricetta (ricettario "Tutto al forno" by Ikea... lol!!!). Due secondi (bastano!) per esser sicuri di avere tutti gli ingredienti in frigo/dispensa... capirai, la ricetta è proprio tutta nel titolo! Apro e chiudo parentesi: utilissimo (ma anche pericoloso, sigh!) riempirsi il frigorifero di golosissimi formaggi d'ogni sorta, sono d'una versatilità a dir poco commovente... uhm, cosa pesco stavolta dal cilindro magico? ma sì, mister bacio di latte... detto tra noi, quel che ne resta dal cartoccio di ieri... finirà oggi a pranzo, in un doveroso panino con tanto di rucola e fettina di bresaola, me lo sento! Infine, sempre i soliti due secondi per stabilire che quella sarà senz'altro la ricetta che ci salverà la cena: tra sistemazioni varie, sali-e-scendi per portar via le scatole (finalmente!) vuote... amore, ma sei già tornato?! Uhm, qui ci vuole il mini-ricettario-ikea! :-) Voi ci scherzate su, invece io ne prendo uno ad ogni giro... eh sì, ne ho già un bel po'!!! Easy? Di più! Però come ho già detto, le idee sono carine, a volte illuminanti. E, soprattutto, possono salvarti la cena!!! Che poi, volendo, questa qui sarebbe anche la versione easy (appunto!) del pollo alla provenzale (ecco, detta così fa già più chic, vero?! modaioli che non siete altro!), con le note erbette caratterizzanti, il caprino che si scioglie (a proposito, tenete pronti gli ovvi crostini da intingere!). E dulcis in fundo, ci sarebbe il fattore-cartoccio... ho già detto che adoro tutto ciò che è chiuso e che dev'essere, poi, scartocciato ed annusato a pieno polmoni? L'ho già detto! Ok ok, sparo l'ultima e me ne vado: non lasciatevi ingannare dalla ricetta quasi ridicola (e dal fatto che l'abbia suggerita l'ikea), è un'idea pratica/gustosa, replicabilissima anche in caso di ospiti a cena... voi pensate a portare i cartocci direttamente a tavola, chiusi... misteriosissimi! E lasciate che ognuno scartocci ed annusi per conto suo... molto democratico no?! Come l'ikea! :-)


Cartoccio di pollo e caprino
per due persone

250 g di petto di pollo
1 scalogno
1 pomodoro
1 cucchiaino di erbe di Provenza essiccate
(maggiorana, origano, timo, rosmarino, finocchio, lavanda)
50 g di caprino morbido
olio d'oliva
sale e pepe

Riscaldate il forno a 180°. Mescolate in una ciotola il pollo tagliato a tocchetti con il sale ed il pepe. Aggiungete lo scalogno affettato ad anelli sottili, il pomodoro tagliato a pezzetti e privato dei semi e le erbe. Mescolate. Stendete due grandi pezzi di carta stagnola e spennellateli d'olio. Distribuite il pollo al centro dei fogli, ricoprite con il caprino, sigillate i cartocci con la chiusura verso l'alto avendo cura di non comprimerli troppo. Cuocete per circa 25 minuti ed accompagnate, eventualmente, con un'insalata verde e del riso.

mercoledì 25 febbraio 2009

Polpette al Passito, con le pere


Lo dicevo giusto ieri ad un'amica: ma che carnevale sarebbe senza le polpette?! Almeno, dalle mie parti, il pranzo del martedì grasso (crollasse il mondo) è sempre stato a base di lasagne e polpette... per cui, partendo dalla ricetta di un'amica di famiglia (che però utilizza il marsala), polpette sì, ma con un'intrigante riduzione di passito, le pere caramellate... e vi confesso che mi sta sorgendo un dubbio: ma voi, come mi vedete? Voglio dire, qui ogni giorno ce n'è una nuova... il formaggio tizio, la marmellatina imprescindibile per accompagnarlo, gli aperitivi... non è che, minimo minimo, passo per una di quelle viziose incallite, no eh?! Anche perchè, se ancora non lo stavate pensando, ecco, magari finirete per farlo oggi: il passito, un'altra mia debolezza! La scena: dopo cena, quelle volte in cui ci scappa anche il dessert, preferibilmente del tipo da spiluccare a piccoli morsi (ultimamente, vedere soprattutto alla voce castagnole & co.)... ma che dessertino sarebbe senza il passito? Per cui sì, diciamo che (da queste parti) la bottiglia incriminata oltrepassa di frequente il (labilissimo) confine cucina-pranzo... e se non lo fa, , resta in cucina e viene riciclata per altre cosine d'un certo tipo! Mi rendo conto che, da oggi, saremmo ufficialmente in quaresima (noi, però, siamo più per la meditazione che per l'astinenza!), quindi perdonate il delay-da-pubblicazione-carnevalesca... ma correte ad appuntarvi da qualche parte questo secondo (piatto) alternativo, ma non troppo, chic, ma non troppo... per quella volta in cui non avrete assolutamente idea di cosa preparare, appunto, come secondo (perchè è sempre lì che scarsegggiano le idee, notato?!). E nel caso preferiste evitare la (solita) contemplazione infinita dell'espositore dei vini, giù al supermercato - oddio, quale prendo??? - saltate il tutto a piè pari :-) soprattutto se vi va di gustare un buon passito senza lasciarci lacrime e sangue e dirigetevi su questo qui, testato (e re-testato) con estrema soddisfazione dalla viz.... ehm, dalla sottoscritta! Consiglio spassionato! E concludiamo tirando in ballo anche Nigella Lowson, per quella volta che m'aveva incantata rosolando/caramellando generosi spicchi di pera (doveva accompagnarci una commovente forma di gorgonzola)... ecco, proprio l'idea che mancava per chiudere il cerchio ed affiancare degnamente stè polpette viziose :-)


Polpette al passito

per 5-6 polpette piuttosto grandi:

300 g di macinato misto (manzo e maiale)
50 g di mollica di pane (bagnata, strizzata e sbriciolata)
1 manciata di gherigli di noci spezzettati
1 manciata di uvetta (ammollata e strizzata)
1 cucchiaio di parmigiano grattugiato
1 cucchiaino di erbe di provenza (maggiorana, origano, timo, rosmarino, finocchio, lavanda)
1 uovo (leggermente sbattuto)
farina 00
sale e pepe

2 cucchiai d'olio d'oliva per rosolare

per la riduzione:

1 bicchiere abbondante di Passito
2 piccoli scalogni
1 cucchiaino di farina 00
burro

Amalgamare gli ingredienti per l'impasto delle polpette (tranne la farina e l'olio) e lavorare il composto, preferibilmente con le mani, in modo da insaporire bene il tutto. Formare delle polpette (piuttosto grandi) e passarle nella farina. Rosolarle velocemente in una padella antiaderente con l'olio, solo per sigillarne la superficie esterna (si formerà la cristicina!). Imburrare un pirofila da forno, sistemarvi sul fondo gli scalogni affettati molto finemente, ricoprire interamente con il Passito, spolverare con un cucchiaino di farina setacciata, posizionarvi anche le polpette ed infornare a 180 gradi per circa 20-30 minuti, irrorando generosamente le polpette con la salsa (a metà cottura). Servire ben caldo.

Per accompagnare:

sbucciare delle pere non troppo mature e tagliarle in 4 spicchi (eliminando il torsolo centrale). In una padella antiaderente, sciogliere un noce di burro e rosolarvi le pere. Quando risulteranno leggermente brunite, sfumare con del Passito (oppure irrorare con del miele di castagno), aggiungere un pizzico di sale e pepe e cuocere per circa 10 minuti (le pere devono restare sode). Servire ben calde, con tutto il loro sughetto.

giovedì 12 febbraio 2009

Moghlai Murgh (india)


"Quando la tavola parla straniero", non so se avete letto l'articolo pubblicato qualche giorno fa su Repubblica. Personalmente, l'ho fatto tramite PaperoGiallo, devo aggiungere, con una certa punta d'interesse. Sarà il periodo! E però, alla fine di tutta la storia... e di tutti i commenti scaturiti dall'inevitabile dibattito (etnico sì, etnico no, etnico-sì-ma-con-cautela, etnico-quello-vero e non etnico-a-tutti-i-costi... solo perchè fa tanto figo!), pensandoci, sono ancora al punto di partenza: cioè, non me la spiego! Non mi spiego la reazione tipica, quella dell'italiano tipico... dura, quasi violenta, ogni qual volta si parli di cibo-non-italiano. Diciamolo subito, così da sgomberare il cambo da possibili obiezioni al riguardo: ci riferiamo all'etnico buono, quello di qualità! E se qualcuno stesse pensando (per caso) al sushi pronto del supermercato sotto casa... non vale, è chiaro! Ora, perchè la chiusura? Paura che finiranno per rubarci il tortellino? Oppure, semplicemente, paura (ancora un volta) del diverso che avanza? Mi rendo conto, tante domande e nessuna risposta... è che ci sto pensando. Oh, se (intanto) qualcuno avesse già qualche risposta, basta scrivere (siamo qua per questo, no?!). Partirei, però, da una certa associazione d'idee: diverso=interesse=arricchimento! Ed è un buon punto di partenza. Prima d'ogni altra, approfondita analisi del caso! Seconda certezza :-) una simpatica ricettina indiana: per quando avrete del pollo da consumare e la voglia di... farlo-strano!

p.s. il riferimento è forzatissimo, anzi, non c'entra proprio niente! Così, giusto perchè si parlava del non-solo-noi-ma-anche-tutti-gli-altri... se non avete (ancora) visto Milk, fatelo! Non foss'altro per l'interpretazione assolutamente estasiante di Sean Penn (oscar-oscar-oscar)! Poi vabbè, dopo il cinema (mmm, non si riesce a nascondervi proprio nulla)... altra esperienza gratificante (parliamo de magnà, eh certo). Magari approfondiamo poi, digerisco prima :-)

Moghlai Murgh (india)
per 4 persone

1/2 kg di pollo
100 g di anacardi

30 g di gherigli di noce

30 g di mandorle
20 g di uvetta

60 g di burro ghee

250 ml di yogurt intero al naturale
3 spicchi d'aglio

1/2 cipolla

2 cucchiai di zenzero fresco

3 bacche di cardamomo verde
80 g di semi di papavero bianchi*
1/2 stecca di cannella

sale

Ammollate l'uvetta in una tazza con poca acqua calda, per 20 minuti. Nel frattempo, mettete in un mixer lo zenzero grattugiato, l'aglio sbucciato e poca acqua: frullate e mettete da parte. Scaldate il burro ghee in una casseruola ed unitevi la cannella, la cipolla mondata e tritata e le bacche di cardamomo intere. Lasciate rosolare, quindi aggiungete le noci, le mandorle e l'uvetta scolata. Unite il pollo tagliato a pezzi e lasciatelo dorare uniformemente mescolando spesso. Aggiungete anche il frullato d'aglio e zenzero, lo yogurt ed un pizzico di sale. Coprite e lasciate cuocere per 15 minuti. Versate infine i semi di papavero e gli anacardi tritati e mescolate bene il tutto. Coprite nuovamente e lasciate cuocere per altri 10 minuti. Servite ben caldo.

*i semi bianchi di papavero sono un possibile ingrediente del curry; il seme azzurro è invece molto utilizzato in pasticceria e per la preparazione di alcuni tipi di pane.

venerdì 6 febbraio 2009

Parmigiana di milanese. Firmata, Simone Rugiati


Eravamo rimasti alle torrette, giusto?! Per altro, parafrasandomi alla grande (a cosa siamo arrivati, sigh), dicevo che... quando uno/a inizia a fare le torrette, sembra quasi che sappia cucinare! Poi, sempre perchè si cucina seguendo tutt'una serie di nessi logici (ah sì?), di recente s'era anche sottolineata la fondamentalissima questione del lasciarsi guidare dai consigli degli spacciatori di fiducia (fruttivendolo, macellaio ed affini... chiaro no?!). Infine, di non decidere il menu da casa, bensì al mercato. Anche perchè le melanzane a febbraio, a 2 euro(e 50) al chilo, tra l'altro belle tronfie (e gonfie) come mongolfiere, non mi sembra davvero il caso! Ma a questo punto, aggiungerei una terza questione, quella che (molto spesso) vince su tutte le altre: le ricette (troppo) stuzzicanti, ma come si fa a resistere? Voglio dire, per restare una cuoca tutta d'un pezzo... avrei dovuto aspettare giugno! Suvvia, cosa sarà mai una misera melanzana febbraiola (giuro, soltanto una per l'occasione)?! Eh no, invece non si fa! E mentre sarà, ormai, chiaro a tutti che la sottoscritta, qui, soffre d'un evidente caso di personalità multipla, tessiamo (piuttosto) un meritatissimo elogio a quel gran pezzo d'un Simone Rugiati che.... se un giorno riuscirò a cucinare con la sua stessa leggerezza, tipo coltelli che volano per aria, padelle che roteano... l'essere bravo, ma con leggerezza (appunto)! E di riuscire a rendere in maniera decisamente (lo dico, non lo dico, lo dico, non lo dico, lo dico!) fashion (l'ho detto) due, tre ingredienti al massimo. Una cucina giovane, estemporanea, basata (però) sulla materia prima, di qualità. Quindi (...e parlo con me stessa) stè melanzane, a febbraio, che c'entrano?

Parmigiana di milanese (di Simone Rugiati)

per ogni torretta:
3 fettine di vitella da latte (piccole, sottili e molto tenere)
2 fette di melanzane grigliate (e condite con sale, pepe ed un filo d'olio)
2 fette di fior di latte
2 fette di pomodoro da insalata
basilico
scaglie di parmigiano
q.b. farina 00
1uovo
q.b. pangrattato
olio d'oliva
sale, pepe

Passare le fettine di vitella nella farina, quindi nell'uovo leggermente sbattuto ed infine nel pangrattato. Friggerle velocemente in una padella antiaderente con un filo d'olio (basterà un minuto per lato) e tamponarle con della carta da cucina assorbente. Per la composizione della torretta, si parte dall cotoletta, vi si adagia sopra una fetta di melanzana, una di fiordilatte, il pomodoro (con un pizzico di sale, pepe e un filo d'olio), del basilico spezzettato e scaglie di parmigiano. Ripetere la sequenza e terminare con una cotoletta. Posizionare due stuzzicadenti sui lati, in modo da fissare il tutto e passare in forno, a 200 gradi, per pochi minuti o comunque finchè il formaggio non inizierà a fondere.

martedì 16 dicembre 2008

Filetto al radicchio (cremoso)


Alla fine, l'ho fatto! Nonostante la pioggia battente, le strade infangate ed i fiumi a serio rischio di straripamento (ovviamente, sotto casa, non c'è alcun fiume a rischio di...), nonostante tutto, mi decido a mettere alla prova il macellaio-pizzicagnolo-lattaio che sta proprio dietro l'angolo... è decisamente il caso di dirlo! Da quando abito qui, quante volte ci sarò già passata davanti? Un'infinità! Ed ogni volta osservavo... le persone, il locale, il prodotto, religiosamente in quest'ordine, con la cagnolina che, immancabilmente, incolla il suo naso da segugio alla vetrina, si gira pietosa e sembrerebbe chiedere "ma perchè non entriamo mai?". Dicevo, quindi, macelleria-salumeria-latteria (in pratica, dove trovi di tutto un po', migliore la qualità, più alto il prezzo). A conduzione familiare... in effetti non è che ne abbia la prova-provata, ma ci metterei la mano sul fuoco: sono troppo solidali, tutti in linea (tutti, nessuno escluso) con un'accentuatissima intenzione di fare la salumeria-a-cinque-stelle. Prendi la moglie-cassiera: tutte le mattine è già lì, truccatissima, cotonatissima, impellicciatissima (ma a che ora si svegliano queste persone qui?) e più che batter-cassa, ha tutta l'aria di stasene lì ad attendere, impaziente, la quotidiana sfilata dell' amata clientela abituale (...e questi posti qui, hanno sempre un'amata clientela abituale. del resto, il rapporto personale è la miglior carta che hanno da giocare contro la concorrenza della grande distribuzione). E dall'altro lato ci sono loro, appunto, i clienti abituali. Che sono i cosiddetti nostalgici, quelli che hanno bisogno di spiegare, ogni volta, com'è che gli devono affettare il prosciutto, quelli che devono svegliarsi sapendo che, lì, ci sono le due rosette messe da parte, con tanto di nome sul sacchettino. A scrivere il nome, ci pensa lui, Graziano, il proprietario. Che giusto per non esser da meno (alla moglie?), si destreggia tra pani-salumi-formaggi con un piglio decisamente da camice-bianco (salumiere-chirurgo?). Serissimo, concentratissimo, accuratissimo. Infine, c'è un ragazzo al banco-carni (ecco, giusto lui, mi sa che è un dipendente). Persona mite e gentile... diciamo che, al momento, ha proprio tutta la mia solidarietà: sarebbero iniziate le famose ordinazioni per i famosi pezzi-grossi da cucinare a natale... e lì sì che le donne vanno in totale paranoia, gli controllano pure l'agenda per esser proprio sicure, hai visto mai che si dovesse morir di fame, giusto a natale?! Ma io dovevo prendere (soltanto) della carne, per cui entro (ehssì, finalmente) e mi dirigo dal mite macellaio. Gli spiego cos'è che mi passa per la testa (parlo della cena ovviamente), mi lascio docilmente consigliare (ah! filetto! di manzo danese!), prendo, pago, torno a casa, scartoccio... e da Graziano ci ritorno, tanto sta pure dietro l'angolo :-)

- salumeria/macelleria 'da graziano', via ugo ojetti 410, roma - tel. 06 82000058


Filetto al radicchio e crema di ragusano
per due persone

4 scaloppe di filetto da circa 100 g (piccole e spesse)
30 g circa di burro

1 cespo di radicchio trevigiano,
piccolo e sodo
1 piccola cipolla

70 g di ragusano
(caciocavallo)
70 g di latte
vino bianco, secco
olio extravergine d'oliva

farina 00

sale e pepe


Tagliare a metà il radicchio e suddividere, ogni metà, in due parti (nel senso della lunghezza). Sciacquare, quindi, sotto acqua corrente, allargando bene le foglie. Sbucciare la cipolla, tritarla e saltarla velocemente con un due cucchiai d'olio. Unire il radicchio, sale e pepe, coprire e lasciar cuocere per dieci minuti. Intanto, diluire 1 cucchiaino di farina con due cucchiai di vino. Tritare il formaggio ed unirlo al latte, all'interno di un pentolino. A fuoco dolce, lasciar sciogliere il tutto a bagno-maria, mescolando continuamente. Incorporare, quindi, la miscela di vino e cuocere ancora dieci minuti, continuando a mescolare. Sistemare il radicchio in una teglia, coprire con la crema di formaggio e passare sotto il grill del forno finchè non inizierà a dorare. Intanto, infarinare i filetti, sgrondarli e rosolarli, un minuto per lato, con il burro fuso. Sfumare con mezzo bicchiere di vino e lasciar evaporare l'alcol. Servire immediatamente, adagiando il radicchio e la sua crema direttamente sui filetti ed, eventualmente, accompagnando il tutto con lamelle di mandorle tostate ed una quenelle di gelatina di aceto balsamico.