venerdì 30 ottobre 2009

Spigole al forno con patate

E per una volta proviamo anche un po' a sincronizzarci: toh è venerdì! E allora pesce! E mi sa tanto che le spigole (al forno, con le patate), nooo, voglio dire, ma davvero serviva la ricetta? Touché, faccio così ogni volta! E' che la spigola (al forno, con le patate) sarebbe anche un po' il classico piatto dei principianti o sbaglio?! :-) Tipo che "non ho mai acceso nemmeno l'acqua sotto il fuoco (ah no aspetta, mi sa che è il contrario), però stasera avrei gente a cena e (manco a dirlo) gli rifilo le spigole con le patate (prossimo giro, spigole al sale, ihihih)". Precisazione: posto che il piatto in questione troneggia sulle carte dei migliori ristoranti italiani e che sicuramente la stragraaande maggioranza delle persone sa perfettamente come prepararlo a regola d'arte (vabbè, ma che problemi mi faccio?! stà gente qui non viene mica a leggermi il blog, fiuuuu), diciamo che questo post lo dedichiamo, bè, a chi invece stò blog lo legge e quindi dicevamo, scena tipica! Sono un ometto alle prime armi in cucina (sììì, perchè sono soprattutto i maschietti, single, quelli che non hanno mai acceso nemmeno l'acqua...), ho invitato a cena gli amici (volendo esagerare, ho addirittura invitato nà tipa per far colpo) ed ho appena deciso che le spigole al forno, con le patate... ma sì, tutto sommato, potrei perfino farcela! Eheheh (la risata beffarda della Precy), giusto per evitare che la spigola resti troppo asciutta (ma dov'è finito il condimento? ah! scivolato tutto sul fondo, ehvabbè), le patate decisamente crude oppure orrendamente disfatte (uhm, dette tutte? vabbè, nel caso mi lasciate tranquillamente un commento che, tanto, sono lì per quello mi sa), ecco, allora io andrei...

Spigole al forno con patate
per due persone

2 spigole di media grandezza già pulite
4 patate medie (ca. 400 g)
1 ciuffo abbondanti di prezzemolo fresco
1 rametto di timo
1 limone non trattato
1 spicchio d'aglio
olio extravergine d'oliva
1 pizzico di sale grosso
sale e pepe

Lavate le patate e sbucciatele (se sono novelle, di quelle con la buccia chiara e sottile, strofinatele bene con uno spazzolino, ma non sbucciatele, sono molto più buone!). Lasciatele in ammollo in acqua fredda per circa 15 minuti, così da eliminare l'amido in eccesso (verranno più croccanti!). Nel mentre, preparate un battuto con il prezzemolo, il timo, la buccia grattugiata del limone, l'aglio a pezzetti, il sale grosso ed olio quanto basta ad ottenere una cremina fluida (potete utilizzare il classico mortaio oppure, semplicemente, un mixer da cucina). Scolate le patate, asciugatele con cura, tagliatele a tocchetti e sistematele in una teglia: conditele con sale ed olio. Infornate a 220 gradi per 10 minuti, quindi regolate su 180 e proseguite la cottura per venti minuti. Intanto, farcite la pancia delle spigole con il battuto aromatico. Trascorso il tempo indicato, estraete la teglia dal forno, sistemate le spigole sulle patate, irrorate il tutto con il succo del limone ed infornate nuovamente per circa 15-20 minuti (appena gli occhi dei pesci diventano bianchi ed opachi, sono pronti!). Servite immediatamente.

P.S. nel caso interessasse anche l'abbinamento vino, tipo che la seratina è di quelle veramente speciali "e quindi non c'ho tempo di starmene due ore all'enoteca sotto casa (perchè, appunto, c'avrei da mettere al forno le spigole, le patate, ecc ecc...)": Sauvignon friulano doc, firmato Vie di Romans :-)

English, please!!!

Seabass with potatoes
for two

2 medium-sized seabass already clean
4 medium potatoes (about 400 g)
1 generous sprig of fresh parsley
1 sprig of thyme
1 untreated lemon
1 clove garlic
extra virgin olive oil
salt and pepper

Wash potatoes and peel them (if they are new potatoes, do not peel them). Let them soak in cold water for about 15 minutes. Prepare a pesto with parsley, thyme, grated lemon peel, chopped garlic, salt and olive oil just enough to obtain a smooth cream (you can use the classic mortar or simply by a mixer kitchen). Drain the potatoes, dry them carefully, cut into pieces and arrange in a baking pan: season with salt and oil. Bake at 220 degrees for 10 minutes, then settled on 180 and continue cooking for twenty minutes. Meanwhile, season the inner of seabass with spicy beat. After the indicated time, remove the pan from the oven, place the bass on the potatoes, sprinkle everything with lemon juice and bake again for 15-20 minutes (just the eyes of the fish turns white and opaque, they are ready!). Serve immediately.

giovedì 29 ottobre 2009

Insalata autunnale [di cachi grigliati]

D: "scusi, ma qual è la differenza tra loti e cachi?";
R: "a' differenza è che loti o' trovi sur dizionario, invece cachi me sa proprio de no!".


Non riuscivo a farmene una ragione: il tipo del mercato m'aveva dato gratuitamente della burina o sbaglio?! Ehvabbè, controllino lampo sul dizionario e, ahhh, lo sapevo (prrrr, mi sa che il dizionario della bassa ciociaria non te l'hanno ancora aggiornato, a' bellooo!!! ok ok la pianto, questione di principio però). Tornando al rigore usuale :-), per la precisione cachi verrebbe da kaki! E per chi magari non lo sapesse, parliamo di origini rigorosamente asiatiche (toh, qualcuno sta per caso programmando viaggi in tal senso? :-)), altrimenti detto mela d'oriente, ma facciamo che, per saperne anche un po' di più, prego, cliccare qui. Vi anticipo però che 'loti' sarebbe più che altro una nomenclatura d'uso comune... ecco, a stò punto chi sarebbe il burino, no ditemelo un po'? Ok ok, touché :-)
E nonostante il cachi della discordia, in barba agli invernalissimi gratin di ieri e ieri l'altro, eccoci qui, voluttuosamente ricascati sull'ennesima insalatona-dell'-ora-di-pranzo! Ovviamente, fatto il cambio di stagione e quindi un'insalata dallo chiccosissimo vestitino autunnale (e ci voleva!). Delizioso il dettaglio del cachi grigliato, crosticina fuori, dentro praticamente intatta l'incofondibile morbidezza del frutto, tutto il resto è semplicemente della misticanza di stagione, tranci di prosciutto cotto artigianale (vabbè, poi ognuno decida per sè) e pistacchi al naturale, leggermente tostati. Un giro d'olio extravergine d'oliva, sale, pepe, un goccio di lime e indovinate un po'? Abbiamo fatto. :-)

mercoledì 28 ottobre 2009

Gratin di finocchi alla senape

Dovesse piombarvi addosso un'improvvisa (quanto indomabile) passione per tutto ciò che è, sì, verdura, ma anche e soprattutto crosticina croccante, appena appena formaggiosa, very very confort... insomma, se impazzite oltremodo per gratin e affini, dopo il cavolfiore di ieri, finocchiii :-). E parafrasando (anche un po') la me stessa di ieri "tutto ciò che abbiamo smesso di tagliuzzare nelle varie insalate più e meno estive..." eccolo qua, in versione molto fascinosamente gratinata, con la fotogenica crosticina di turno e la ricetta che, in realtà, è una simpatica via di mezzo tra due ideuzze del numero di novembre della Cucina del Corriere. Nell'una, finocchi in insalata, conditi con senape e mandorle (ma wow!!!). Nell'altra, stesso ortaggio, allegramente gratinato con un più scontato formaggio e perfino dell'uovo (uovooo???). E quindi, per tutt'una serie di ragioni, ci saremmo un attimo re-arrangiati ed è pure finita in allegria, con una sorta di trade d'union, in tutta onestà, davvero niente male. Per cui sì, finocchi terza versione? Prego, accomodarsi pure da stà parte :-)

Gratin di finocchi alla senape
per 4 persone

4 grandi finocchi
200 g di formaggio cremoso
2 cucchiai di senape all'antica
2 cucchiai d'olio extravergine d'oliva
2 cucchiai di Parmigiano grattugiato
1 manciata di mandorle a lamelle

per la pirofila:
burro e pangrattato

Eliminate le foglie più dure dei finocchi (quelle più esterne), tagliateli in quattro spicchi e lavateli sotto l'acqua corrente. Tuffateli in acqua bollente, salata e cuocete per dieci minuti. Nel mentre, lavorate il formaggio con la senape e l'olio (dovrete ottenere una cremina bella fluida, nel caso aiutatevi con un altro cucchiaio d'olio). Scolate i finocchi, sistemateli in una pirofila leggermente imburrata e cosparsa di pangrattato e ricopriteli con la crema alla senape. Spolverate abbondante Parmigiano grattugiato sulla superficie, spargete le mandorle e passate al grill ben caldo finchè la crema non si sarà rappresa e formata una leggera crosticina (10-15 minuti circa).

martedì 27 ottobre 2009

Cavolfiore in forno alla ricotta via Giuseppe Capano

Chi conosce Giuseppe Capano? Uhm! E vi dice mica niente Cucina naturale, la rivista che ne vanta, appunto, la preziosa consulenza in fatto di cucina sana, cotture al vapore, ecc ecc... rivista che, la sottoscritta, non compra praticamente mai perchè, ehvabbè... bisogna pur far delle scelte davanti a quel sant'uomo del giornalaio (che se fosse per lui!)! E quindi, questa sì, quest'altro no, provando a colmare le lacune poi... con le riviste degli altri! Giustappunto, a chi non è mai capitato di sfogliare distrattamente Cucina naturale, intanto che la sorellina dillà finiva un attimo di prepararsi, ecc ecc. Colmare le lacune, attingere anche altrove... se non altro, per garantirsi una sorta di sguardo d'insieme :-) culinariamente parlando! E ringraziamo quel genio di Woody Allen per l'illuminante concetto di sguardo d'insieme! Anzi, a proposito, se ancora non l'avete fatto, correte a vederlo stasera stessa, evitando tranquillamente di passare anche in edicola (giacchè uscite per andare al cinema :-)) che tanto, questa ricetta qui, non è sulla rivista citata, ma arriva dritta dritta dal sito personale del Capano. Ed è una ricetta che apre senza dubbio un nuovo capitolo di storia: per quanto mi riguarda, mai nella vita avrei pensato di gratinare qualcosa (e soprattutto il cavolfiore, ma che scherziamo?!) senza burro, senza besciamelle. Senza panna e senza parmigiano. Ebbene, non lasciatevi ingannare dai troppi 'senza': il piatto è assolutamente stre-pi-to-so! Delicato e saporitissimo, poi con la questione che è pure leggero da morire, completamente inutile pensare di cucinarne un teglia intera che tanto, così, basterà anche per la cena! Ecco, pensate piuttosto a riciclare l'intero 'concetto' anche per altri usi e consumi. O meglio, per tutte quelle verdure/ortaggi che se non finiscono più in insalata, di stì tempi qui, mi sa tanto che ci faccio un gratin :-)

Cavolfiore in forno alla ricotta
per 4 persone

1 cavolfiore
60 g di farina
250 g di ricotta fresca
noce moscata
1 cucchiaio di semi di sesamo
olio extravergine d'oliva
sale

Lavate il cavolfiore, dividetelo a cimette e conservate le foglie tenere. Lessate cimette e foglie in acqua bollente salata per 10-15 minuti, scolatele e disponetele in un vassoio conservando al caldo l'acqua di cottura. In un pentolino, scaldate 4 cucchiai d'olio d'oliva, aggiungete la farina e amalgamate bene. Versate gradualmente 8 dl di acqua di cottura dei cavolfiori calda e, mescolando accuratamente con un cucchiaio di legno, portate la salsina ad ebollizione insaporendola alla fine con una generosa spruzzata di noce moscata. Unite la ricotta alla salsina insieme alle foglie di cavolfiore cotte tritate, mescolate bene, versate sulle cimette e disporre il tutto in una teglia da forno leggermente oliata e cosparsa di pangrattato. Spolverate con il sesamo e gratinate in forno caldo a 200 gradi per 10 minuti circa.

lunedì 26 ottobre 2009

Ciambella all'anice con noci e ricotta


A parte il fatto che sarebbe pur sempre lunedì, ci sarebbe anche la questione del rientro in tarda serata, sempre il solito isolotto natio e sempre la nostra solita toccata e fuga (ma vabbè, quando il papà chiama! a proposito, auguriauguriauguri!:-)). Che poi, sempre a fare le vittime predestinate di questo sporco, triste mondo e invece, mangiato benissimo, visti tutti i parenti, coccole e bacini sparsi, ma la contropartita di tutto ciò, signori miei, è sempre e comunque lei! L'imprescindibile traversata transoceanica che, sarà che sono ormai 32 anni che vado di rollio e beccheggio (ah, frequentato velisti, si sente?), in tutta onestà, finirò davvero per non reggerla proprio più (ma nooo mamma, tranquilla che torno :-)). Per cui, causa assenza di lucidità necessaria (e se ci penso, avrei anche un tantino sonno), mi sa tanto che finiremo per adeguarci all'attualissimo less is more e quindi due parole, ma davvero due, sul soggettino del giorno che, di base, sarebbe ancora una ricetta della solita Ady (e quando si parla di ciambelle) "ma so fare anche altro eh!" :-). Quindi ricotta e niente burro/olio, per cui mi sa che (finalmente!) abbiamo prodotto un qualcosa di tutto sommato leggero (ehm, nel caso aveste da smaltire una certa cena, grandi festeggiamenti, ecc ecc). Consistenza morbidissima, al contempo piacevolmente densa, non di quelle sbriciolosissime insomma (poi, non so voi, ma qui preferiamo di gran lunga il genere 'un filo più sodo', il che non significa secco, ma questa è una lunga storia! magari un giorno ve la racconto). Di mio, l'uso di una profumatissima sambuca (ndr: anice stellato al ciiento pe' ciiento!) sempre perchè "i liquori non li bevo nemmeno se m'ammazzano, però li uso spessissimo per farci i dolci'. E pure con grande soddisfazione. Poi le noci: effetto rustico, se vogliamo anche un po' granuloso, il che con la ricotta sta esattamente come lo Chanel n°5 alla Marylin (di turno:-)). Secondo me. Del cioccolato fondente grattugiato (molto poco) delicatamente in tutto l'insieme e abbiamo fatto.

Ciambella all'anice con noci e ricotta

3 uova
200 g di zucchero
250 g di ricotta
100 g di noci finemente tritate
200 g di farina 00
1 bustina di lievito per dolci
50 g di cioccolato fondente
5 cucchiai abbondanti di sambuca
1 pizzico di sale

Montate le uova con un pizzico di sale e lo zucchero fino a farle diventare spumose (pref. fruste elettriche, alla massima velocità, per 15 minuti). Unite la ricotta passata al setaccio e le noci finemente tritate. Incorporate anche la farina setacciata con il lievito, il cioccolato grattugiato ed infine il liquore. Versate in uno stampo a ciambella di 22 cm di diametro, ben imburrato ed infarinato e cuocete in forno già caldo a 180 gradi per 35 minuti.

venerdì 23 ottobre 2009

Le caldarroste [al forno] della domenica

COMUNICAZIONE DI SERVIZIO
Una manciata di lettori incalliti (a questo punto, pure un filo incavolati) ci fanno sapere che con il solito (dannatissimo) browser InternetExplorer non riescono a visualizzare tutti gli elementi di questo blog (tipo che non vedono la colonna laterale, i post più vecchi, il 99% per cento del mio lavoro insomma, grrr)! Bene, la tenutaria di turno, cioè io, si sarebbe attivata per vedere di risolvere l'inconveniente tecnico: e se provaste ad aggiornare la versione del vostro Explorer? Versione 7, anzi no, Versione 8 come ci fanno gentilmente osservare (grazie Sergio!)...... e poi fatece sapè!

Invece qui, come preannunciato, ci lasciamo in maniera decisamente amarcord con un pensierino affettuoso da re-girare, magari, domenica ai vostri cari (a proposito, fatto i soliti inviti?). Ed esattamente come recita il titolo su in alto, trattasi di pensierino da dopo-pranzo, diciamo, per ogni domenica d'autunno che si rispetti. Noto già un evidente filo d'emozione (occhi lucidi, ricordi d'infanzia, ecc ecc), ma valeva la pena scriverci addirittura un post? Cioè, alla fine, parliamo pur sempre di castagne arrostite! Sì vabbè, un po' come la storia degli spaghetti col pomodoro (a seguire, tutto ciò che è talmente semplice, talmente essenziale, insomma, dov'è impossibile barare!). Per quanto ci riguarda, trattandosi (e lo ripetiamo) dell'amarcord, davvero, più totale - la famiglia intorno alla solita tovaglia a quadretti bianchi e rossi, le caldarroste roventi, sballottate da un palmo all'altro, soffiando, sbucciando con avidità, quel mezzo bicchiere di vino rosso, ecc ecc - ecco, ammettiamo d'aver richiesto il solito aiutino da casa! Mammaaaa, ma poi com'è che si fanno stè famose caldarroste? :-)

"Le lasci stare un po' nell'acqua (ma un po' quanto?), eh, almeno due ore; poi le scoli e le tagli (ndr. vanno incise su entrambi i lati con un coltellino appuntito, arrivando bene fino alla polpa!!! potete anche utilizzare l'apposito utensile in vendita dai casalinghi e nei supermercati ben forniti). Le metti in una teglia e le fai stare in forno finchè non sono cotte (ndr: in forno, a 200 gradi per circa 30 minuti, dipende dalla pezzatura delle castagne). Ogni tanto muovile un po' con la mano così cuociono meglio (eh, peccato che la mamma c'abbia la mano d'amianto ed io no). E hai fatto".

giovedì 22 ottobre 2009

Zuppa di lenticchie e castagne al vino rosso

COMUNICAZIONE DI SERVIZIO
Una manciata di lettori incalliti (a questo punto, pure un filo incavolati) ci fanno sapere che con il solito (dannatissimo) browser InternetExplorer non riescono a visualizzare tutti gli elementi di questo blog (tipo che non vedono la colonna laterale, i post più vecchi, il 99% per cento del mio lavoro insomma, grrr)! Bene, la tenutaria di turno, cioè io, si sarebbe attivata per vedere di risolvere l'inconveniente tecnico: e se provaste ad aggiornare la versione del vostro Explorer? Versione 7, ad esser proprio precisi... e fatece sapè!

Tornando al post di oggi, un piatto che strizza chiaramente l'occhio all'Abruzzo. E stavo per incollare l'etichetta 'piatto povero', solo che le lenticchie, in effetti, sarebbero quelle di Castelluccio di Norcia (che non vanno messe in ammollo; quindi liberissimi di decidere una cena legumosa, occhio e croce, un'ora prima di mettersi a tavola! E che rappresentano, senza dubbio, la quint'essenza della goduria cucinate proprio così, a zuppa; quindi perfette per una fredda seratina autunnale, osservando quella rossa d'una Gruber che... uhm, no, non pervenuta opinione definitiva al riguardo!). Ed avrei fatto mente locale anche sui 6 eur(i) al chilo spesi, bè, per delle castagne stre-pi-to-se firmate "la mia nuovissima fruttivendola di quartiere" (a proposito: grazie Raffaaa! ma sì che ho fatto il tuo nome! 6 eurini lo stesso però! e per chi volesse favorire, siamo in via di monteverde, verso incrocio colli portuensi :-)). Giustappunto, nel caso dovesse interessare anche la castagna sic et simpliciter, ovvero irrinunciabili e coccolosissime caldarroste della domenica, prego, ricollegarsi qui domani... che tanto, per il weekend, ci siamo quasi ;-).
Infine il vino, manco a dirlo, Montepulciano d'Abruzzo varietà Marina Cvetic, quanto basta a dare un gusto pieno e decisamente aromatico a questa zuppa (a proposito, mai provato a cuocere i legumi nel vino?). Quel che resta della bottiglia, semplicemente calice alla mano... e nojo, ci si rilegge domani :-)

COMUNICAZIONE DI SERVIZIO/bis
Poichè una certa persona s'è gentilmente offerta di tenere aggiornato l'angolino delle chicche golose di piazza Zama (Roma) - sissì, una cosa assolutamente goliardica, degna di due compari di merende come me ed il tizio di cui prima :-), ma che potrebbe perfino tornare utile a chi è di zona, boh - ecco, giusto per info: nuove chicche on-line, qui! ;-)


Zuppa di lenticchie e castagne al vino rosso
per due persone

150 g di lenticchie.
100 g di castagne
1 spicchio d’aglio
1 cucchiaio d'olio extravergine d'oliva
1 foglia d’alloro
1 bicchiere di vino rosso
sale e pepe q.b.

Mettete a bagno le lenticchie in acqua tiepida, per almeno 12 ore (saltate il passaggio se sono quelle di Castelluccio:-)). Arrostite le castagne sul fuoco oppure in forno. In una pentola, rosolate l’aglio nell'olio, eliminatelo ed aggiungete le lenticchie, la foglia d’alloro, sale e pepe. Bagnate con il vino ed aggiungete acqua fino a ricoprire il tutto di almeno due dita (preparate dell'acqua bollente in modo da aggiungerne gradualmente alla zuppa man mano che s'asciuga: in questo modo, un po' come per i risotti, eviterete di ritrovarvi troppo liquido a fine cottura!). Lasciate cuocere a fiamma dolce per circa venti minuti minuti, mescolando di tanto in tanto. Pelate le castagne e tritatele grossolanamente. Unitele alle lenticchie e continuate la cottura sino a che la zuppa sarà sufficientemente densa, non troppo brodosa e le lenticchie ben cotte (complessivmente, dai 40 minuti a circa un'ora, dipende dalla qualità delle lenticchie; regolatevi sempre con l'aggiunta di acqua calda). Servite con un giro d'olio extravergine d'oliva a crudo e del pane caldo.

mercoledì 21 ottobre 2009

I panini al latte di Dana


Giusto per farsi un'idea su (e mò chi sarà mai stà) Dana, prego, cliccare pure qui. Di mio, aggiungo che trovare il suo messaggino, giorni fa, sul solito facebook (e meno male che c'è! ohhh, mò l'ho detto!) è stato come tuffarsi all'indietro, lì nei nei meandri della mia (tutto sommato) recente passione per fornelli and co. Ai tempi in cui era, soprattutto, un forum, qualche bella amicizia nata tra sbuffi di farina e ricette della nonna, della zia e quindi sì: confermo all'istante di conoscere Dana! E così, siamo di nuovo amiche :-)). Ah bè, tornando ai primordi (uhm, sicuri di voler proprio approfondire?), ci sarebbero anche 1, 2 album a mo' di cronistoria della sottoscritta (ndr: foto/presentazioni a dir poco orrende, roba da farsi venire davvero un infarto fulminante, ma è pur sempre un pezzo di storia, per cui). E Dana, nella fattispecie, sarebbe quella che m'avrebbe anche un po' iniziata alla produzione panosa. Soprattutto, per la questione che quei deliziosi panini semi-dolci da buffet "guarda che te li puoi fare anche a casa, tranquillamente". E dio solo sa se c'abbiamo provato, provato, provato, provato... morbidissimi, una mollica che basterebbe ampiamente a se stessa, poi bè, liberissimi di farcire sia prima che dopo la cottura. Volendo, liberissimi di farci anche un danubio alleggerito. E quindi cara Dana, te l'avrò detto già un milione di volte o forse due, ma mi sa che oggi suggelliamo definitivamente: g-r-a-z-i-e!!!

Panini al latte

500 g di farina manitoba
75 g di burro morbido
1 cubetto di lievito
250 g di latte
1 pizzico di zucchero
10 g di sale

Versate la farina in una ciotola. Separatamente, mischiate il latte, l'acqua, lo zucchero e scioglietevi, quindi, il lievito. Versate sulla farina ed iniziate ad impastare. Unite anche il burro fuso, il sale ed impastate fino d ottenere un panetto compatto. Coprite e lasciate lievitare per un'ora abbondante (o, comunque, fino al raddoppio del volume). Riprendete l'impasto, ricavatene 16 palline di peso uguale e sistematele su di una teglia coperta da carta da forno e lasciatele lievitare ancora un'ora. Infine, spennellate con dell'albume sbattuto (o, se preferite, con un tuorlo sbattuto con un goccio di latte) ed infornate a 200 gradi per 10 minuti.

martedì 20 ottobre 2009

Torta di mele con mascarpone e Calvados

Ehbbè sì, ancora (un) dolce! Del resto, c'eravamo lasciati con la voglia di merende coccolose e tutto ciò, senza contare la necessità di una coccolosa colazione da post-giretto-col-cane... perchè non so se ve n'è giunta voce, ma alle sette del mattino fa decisamente freddo (ma no che non mi sto già lamentando! dato di fatto, stop :-)). Insomma, dopo il freddo mattutino e prima di darsi alle molteplici cosettine miste della giornata: caffellatte (che è piuttosto un latte con una vaghissima abbronzatura color, ehm, caffè), diciamo, sul semi-bollente andante (uhm, due secondi di micro, regolato quasi al massimo, interessa a qualcuno?) e per il lato-cibo, mooolto preferibilmente, torta fatta in casa, please! Vuoi mettere l'adrenalina che ti scatta automaticamente al risveglio, al pensiero che dillà, sul banco colazione, l'ennesima torta di mele pronta a darti il buongiorno, accomodante come non mai... ah, ennesima perchè, per quanto mi riguarda, non sarebbe nemmeno autunno, senza l'ennesima versione estemporanea. Per la verità, versione neanche tanto dissimile da quella a marchio 2008, come marchingegno di base, ancora un volta, il superlativo (barra praticissimo) quatre-quart, con tanto di slogan pensato sul momento: voglia improvvisa di torta, ma nessunissima intenzione di accendere il pc, cercare e stampare la ricetta, men che meno di ricordarsi su quale libro avete inserito quel benedetto post-it (the ultimate apple cake!)? Ok, buttatevi sul quatre-quart (dove, lo ricordiamo: si pesano le uova e si continua con lo stesso peso di farina, burro e zucchero). Dettaglio: qui, mascarpone invece del burro (e dell'olio di riso, ooppss)... per vedere un po' l'effetto che fa! E come si potrebbe vagamente intuire, strepitoso effetto morbidezza, consistenza vagamente formaggiosa (strano, eppure sò 160 g di roba), umidissima e per la questione aromatica, ehvabbè, mettetevi comodi, capitolo a parte. Partiamo dal presupposto che sarei tornata dalla Francia con un'incredibile voglia/necessità di girarmi in direzione mela. E non a caso. Con tutto quel gironzolare di cidre all'ora dell'aperitivo, di tarte-tatin a colazione, di crepe all'ora della merenda (ndr: farcita, manco a dirlo, con mela a cubetti, zucchero di canna e burro salato ) e poi Calvados! Che non ho assaggiato e me ne sono anche ben guardata dal farlo (negata per tutta la questione super alcolici, amari, distillati, digestivi... no, grazie). Ma ne ho prontamente acquistato una bottiglia, in versione decisamente artigianale, invecchiato 20 anni, ecc ecc. Perchè non lo bevo, ma dovevo farci le torte, appunto. Anche se, per questa torta qui, a voler fare la filologia precisa, avrei sacrificato il Calvados gentilmente offerto dall'amico blogger che, sì, di Francia se ne intende. E che, chiaramente, ad una cena che si preannunciava di marcatissimo sentore francia-amarcord, ehvabbè, doveva pur sempre fare la sua solita, sapiente figura :-)


Torta di mele con mascarpone e Calvados

3 uova medie (160 g)
160 g di zucchero
160 g di mascarpone
160 g di farina 00
1 punta di lievito per dolci
1 mela renetta bella grossa (o due piccole)
1 presa di mandorle in lamelle
1 presa di pinoli
4 cucchiai di Calvados
1 pizzico di sale

per lo stampo:
burro e farina

Montate le uova con lo zucchero ed il sale per almeno 15 minuti. Unite il mascarpone ed il Calvados e continuate a montare. Aggiungete, quindi, la farina setacciata con il lievito ed amalgamate con un frusta a mano per non smontare il composto (procedete con movimenti circolari dall'alto verso il basso). Imburrate uno stampo di 22 cm di diametro, infarinatelo e spargete sul fondo le mandorle, i pinoli e la mela sbucciata e tagliata a fettine sottili. Coprite con il composto ed infornate a 180 gradi per 30 minuti. Servite tiepido o a temperatura ambiente.

lunedì 19 ottobre 2009

Plumcake al cacao, con zenzero ed olio di riso


Ricapitolando: il tanto atteso maglioncino, finalmente, ce lo siamo infilati; sull'argomento, ribadiamo la nostra soddisfazione dalle quattro alle cinque volte al giorno e quindi, nell'ordine, tornato il freddo, tornato il rito del tè delle cinque, tornata la voglia di merende pomeridiane oltremodo coccolose (i tempi in cui andavo di yogurt freddisssimo con frutta fresca a pezzetti sembrano, ormai, già belli che andati) e, a quanto pare, tornata pure - e non so se gioire per questo - la voglia di cioccolato. Spiego! Non siamo al punto di darci dentro di tavolozze, ciobar e brownies tutto incluso (ndr: resto di quelli che, in pasticceria, continuano a girarsi in direzione frutta, sempre e comunque) però va detto: la menata estiva del io ooodio il cioccolato, sembrerebbe ormai voluttuosamente congelata (la scongeleremo verso giugno 2010, ovvio!), per cui, inizierei la settimana con tanto di dolcino al cacao, manco a dirlo, perfetto per il tè delle cinque e, manco a dirlo/bis, oltremodo coccoloso! E giusto per introdurlo un po', primissima volta in cui grattugio senza ritegno la mia radicetta di zenzero direttamente nell'impasto. Un impasto che è, tutto sommato, un morbidissimo quatre quart (uova, zucchero, farina e burro in pari quantità), olio di riso per vedere un po' se rimpiangevamo il solito burro (decisamente no!) e già che c'eravamo, il nuovissimo tè al mandarino per accompagnare tutto ciò. E poi, bè sì, buon lunedì a tutti.

Plumcake al cacao, con zenzero ed olio di riso

2 uova grandi (130 g)
130 g di zucchero

130 g di olio di riso
110 g di farina

20 g di cacao amaro
8 g di lievito per dolci

1 pizzico di sale

1 cucchiaino di zenzero fresco grattugiato

4 cucchiai di mandorle in scaglie

Montate le uova con lo zucchero, il sale e l'olio per almeno 15 minuti. Unite la farina ed il cacao setacciati con il lievito ed amalgamate con un frusta a mano per non smontare il composto di uova (procedete con movimenti circolari dall'alto verso il basso). Continuando a mescolare, unite anche lo zenzero e le mandorle. Versate il tutto in uno stampo per plumacke di 18 cm di lunghezza, foderato con carta da forno oppure imburrato ed infarinato. Infornate a 180 gradi per 30 minuti e servite, quindi, tiepido o a temperatura ambiente.

venerdì 16 ottobre 2009

I pomodori con il riso

E le patate. Manco a dirlo, alla romana! E mi sa ch'ero rimasta, di sicuro, l'unica emigrante (indi, adrenalina alle stelle per tutto ciò che è intimamente locale) a non aver ancora pensato di auto-riprodurseli a casa. Spiego: ci sarebbe che, a Roma, una tavola calda senza i pomodori con il riso in bella vista, subito dopo le pizze, appena prima del pollo allo spiedo, magari accanto alla cicoria, ecco, senza di loro non sarebbe nemmeno una tavola calda. Tutto qui. Entusiasmo a parte, verrebbe da chiedersi come mai festeggiamo il primo maglione della stagione a suon di pomodori e basilico, ma questa è senza dubbio un'altra storia (un po' come la questione che la normalità non è di questa terra, ecc ecc). Apro e chiudo parentesi - visto che mi sarei anche autodenunciata sul piatto fuori stagione - buonissimi freddi e, fin qui, tutti d'accordo (ndr: se riuscite a prepararli in netto anticipo, ancora meglio), ma sarei pronta a mettervelo per iscritto (ah già, lo sto appunto facendo :-))... sorprendentemente stuzzicanti anche in versione tiepidina. Perfetti per una cenetta coccolosa, di quelle confort, da calice di vino rosso scalda-anima (e quant'altro). E lo dicevamo appunto poco fa, ancora meglio il giorno dopo, ehm, per salvare il solito pranzo da 5 secondi di microonde e passa la paura. Mancherebbe la questione del "sì, ma come si fanno?" e potremmo lasciarci, semplicemente, con la ricetta (perfetta!) firmata Anice&Cannella, "perchè ci piace come le racconta, come le fotografa, a momenti si sente pure il profumo... può bastare?", peccato debba aggiungere le solite due/tre riflessioni, ehm, sia per il prima che per il dopo.

Per il prima: ancora un volta, una ricetta da seguire con assoluta docilità, senza ostinarsi a metterci lo zampino, ecco. Perchè la ricetta, lo ripetiamo, è assolutamente perfetta. Tra l'altro, di semplicissima esecuzione (molto più semplice di quanto pensassi! perchè m'ostino puntualmente a pensare?! boh), fatta però di evidenti dettagli sapienti. Illuminanti! Tipo che il procedimento l'abbiamo trovato talmente figo da promettere solennemente di riciclarlo per altre verdurine da farcire, ecc ecc. E poi, oltremodo comodo (sempre il procedimento!). Il concetto sarebbe, bene o male, questo qui: piccolo sforzo, risultato da aprirti lo stomaco all'istante, anche scenografico ed in caso di ospiti, tener vivamente presente l'intero ambaradan! Inoltre, c'è che leggendo la ricetta (ed anche qualcun'altra, embè, lo ammetto), proprio non riuscivo a crederci: niente fornelli (ed io che già pensavo di dover prima imbastire il risotto, ecc)! Tutto comodamente alloggiato in ciotola, ben insaporito e pronto da inserire nei gusci di pomodoro. E ditemi voi se stà cosa non è comoda.
Per il dopo: li ho adorati, eppure torno a mettere per iscritto che... già pregusto il prossimo round, ovvero quello in cui ci finirà dentro anche qualche cubetto di provolone piccante in bonus. Formaggio da semi-sciogliere in tutto l'insieme (per la sorellina: lo so che il provolone ce lo metti già di tuo e me l'avevi pure caldamente raccomandato... ma c'avevo da pruvà la tradizione, sgrunt). Ultimissima: non sottovalutare, mai, per nessun motivo, le calotte! Aka, i coperchi dei pomodori, quelli che puntualmente vi spostano tutti sul lato del piatto (che carini!). Le calottine, praticamente, diventano dei confit! Chips di pomodori, cialdine croccanti... vabbè va, ricetta!

I pomodori col riso, via Paoletta Sersante
(copia/incolla dall'originale)

Cominciano col dire che ci vogliono pomodori belli grossi e rossi, ma sodi. Per prima cosa, si toglie la calotta superiore e si svuota il pomodoro dalla polpa, che tagliata a pezzi grossolani, si mette in una ciotola. Si aggiungono alcune foglie di basilico, uno o due spicchi d'aglio e, a casa mia non mancava la mentuccia... in alternativa si può usare prezzemolo. Questi sono gli "odori", come si dice a Roma, richiesti dalla ricetta originale. Ma si può usare origano o maggiorana, vi assicuro però, che il risultato migliore si ottiene con il basilico che sprigiona per tutta la casa un profumo d'estate. Mettere anche olio EVO e sale qb.Si passa tutto col mixer, e si aggiunge un bel pugno di riso (io uso l'arborio) per pomodoro, 2 cucchiai se i pomodori non sono grossi, e si lascia riposare circa un'ora perchè gli ingredienti si insaporiscano e perchè il riso, dopo la cottura, non deve risultare molto al dente. Ma se si preferisce un riso non molto sfatto, potete saltare il riposo. Si riempiono i pomodori svuotati, e, una volta riempiti si richiudono con le calotte... e se avanza un poco di sughino, si versa sui pomodori e le patate. A Roma i pomodori con il riso non si possono separare dalle patate, è un piatto unico. Quindi, sbucciare e tagliare a spicchi grossi delle patate (ho usato quelle nuove), condirle con sale e olio. La ricetta sarebbe senza, io invece aggiungo anche un pizzico di rosmarino. Non molto, si deve sentire appena. Una volta mescolate bene, adagiarle nella teglia, insieme ai pomodori ripieni di riso.Infornare la teglia a 220-230°. Il calore, deve essere abbastanza forte, da far evaporare tutto il liquido dei pomodori, ne tirano fuori un bel po'. Il piatto è pronto, quando risulta ben asciutto, le patate ben cotte.

giovedì 15 ottobre 2009

Vitello farcito, infarinato...

...insomma, davvero niente di che! Nel senso dell'idea! Tipo che, questa qui, mi sa tanto l'avete già vista/rivista, persino fatta/rifatta, ma magari anche no! Giustappunto, avrei notato che certe volte è soprattutto l'idea solita (solitissima, vista, rivista, ecc) a dover essere sussurrata all'orecchio dell'amica (in panne per l'invito a cena improvviso). Banalità a parte, giusto quelle due/tre cosine che proverebbero anche un po' a fare la sapiente differenza, il mio piccolo, piccolissimo valore aggiunto (vabbèvabbè) e quindi...

1) la farcia, pensarla sempre un po' morbida e possibilmente filante. In questo caso qui, speck affettto sottile e mozzarella di bufala (del giorno prima). Una fogliolina di salvia, chiudere a portafoglio e fermare con uno o più stuzzicadenti.

2) la farina, per proteggere la carne durante la rosolatura (sigilliamo la superficie, otteniamo la crosticina irrinunciabile, ma tratteniamo tutti i succhi interni = carne + morbida), ma soprattutto perchè l'amido rilasciato (ehm, dalla farina) trasforma l'intingolo/fondo di cottura (olio oppure burro, poi vino, succo di limone, latte) in una cremina densa, degna delle migliori scarpette che si siano mai viste (eheheh, anche senza piatto di pasta, ormai, la questione amido/addensante ve la rifilo lo stesso, sic). E quindi, se ancora non si fosse capito, infarinare gli involtini su tutti i lati, premendo bene anche sul lato aperto.

3) la cottura, brevissima (ma davvero breve!), in padella con olio oppure burro, a fiamma vivace, giusto per rosolare/sigillare la superficie. Il resto avviene, molto lentamente, in forno, con del vino bianco secco ed un foglio di carta argentata per coprire il tutto (l'amido farà il resto, ihihih). Ricapitolando, per il passaggio forno, imburrare una teglia, sistemarvi gli involtini rosolati ed irrorare con del vino bianco stemperato con un cucchiaio scarso di farina setacciata, sale, pepe, coprire e cuocere a 150 gradi per circa 15 minuti.

martedì 13 ottobre 2009

Pasta, peperoni e [olio al] tartufo

La questione è sempre la stessa. O meglio, siamo (bene o male) alle solite: si cucina davvero in un niente, eppure, contrariamente ad ogni previsione (falsissimo! io aaamo la cucina essenziale, veloce, fatta di due/tre ingredienti di ottima qualità, di quelli che parlano, praticamente, da soli... vabbè, ci siamo capiti!), dicevamo, contrariamente ad ogni previsione, il risultato puntualmente c'intriga anche parecchio (ed ottima l'idea di piazzare reflex+treppiedi proprio accanto alla cucina!), per cui sarebbe più o meno deciso: diventerò l'eroina di tutti coloro che, per scelta o per destino, all'idea di restarsene ore davanti ai fornelli, proprio non...
Poi bè, ci sarebbe anche il fatto che visitare i foodblog (degli altri) fa sempre la (sua bella, porca) differenza (se state per farmi notare che, questo tempo, poteva servire a cucinare in maniera più seria e responsabile... no eh?!). Spiego meglio: 1) punti l'occhio sulla pasta con peperoni e basilico di Sigrid (toh!); 2) il giorno dopo, ti si materializzano ottimi peperoni carnosi nel cassetto del frigo (ari-toh!); 3) giusto per auto-segnalarmi una certa cosa... ricordarsi anche d'attaccare un post-it d'ispirazione trappista, tipo "ricooordati che hai preso i peperoni!!!" (e non lasciarli stagionare manco fossero dei provoloni, va bene che all'idea di arrostirli, spellarli...); 4) toh! a stò giro qui, vietato spellare; 5) ai fornelli!!!

In attesa che l'acqua per la pasta inizi a bollire, tagliate il peperone a cubetti (eliminando torsolo, semi e parti bianche), saltatelo per qualche minuto con aglio ed olio extravergine d'oliva, giusto il tempo di ammorbidirlo un po'. Salate, pepate e, a bollore raggiunto, salate anche l'acqua per la pasta. Cuocete, quindi, la pasta (nel mio caso, tagliatelle fresche, all'uovo), scolatela al dente senza sgrondare troppo. Versate la pasta sul fondo con il peperone, unite anche qualche cappero dissalato, abbondante basilico spezzettato con le mani e saltate velocemente (ecco appunto, utilissima parentesi ad hoc: se non avete ancora optato per l'acquisto, indispensabilissimo, di un salta-pasta leggero e funzionale, una sorta di padella a forma di wok, per darci dentro di gomito ed avambraccio così da legare alla perfezione piatti in cui, a fare da collante, ci saranno soltanto l'amido rilasciato dalla pasta + l'esiguo fondo/intingolo che non è la solita, comodissima sals-ona salva tutti... bè??? ci state ancora pensando??? :-)). Servite all'istante e [giusto perchè il peperone farebbe tantotanto Piemonte, uhm, dov'è che leggevo dei medesimi in bagna cauda? Sale&Pepe di ottobre? E giusto perchè nojo, in effetti, non sappiamo se stò weekend tartufoso riusciremo a regalarcelo oppure no (nel mentre, sogniamo ad occhi aperti e portiamo tantatanta pazienza)] completate con un goccio d'olio al tartufo e qualche scaglietta di Castelmagno (d.o.p., oops). Uhm, da bere, decisamente barolobarolo e... vivaviva il Piemonte! :-)))

venerdì 9 ottobre 2009

Pane 'sfogliatella'

Dunque, la questione sarebbe questa qui: metti che, un giorno, t'arrivi l'attesissima newsletter di Gourmet (lo ricordiamo, rivista americanissima, ricette decisamente carine e persino affidabili, tiè), con la parola sfogliatella buttata lì, distrattamente, tra le 6 ricette del mese. Ora, poteva mai la figlia di nostra signora a'scapece, seguono a ruota, o' babbà, a' pizza ca' pummarola ngopp... che devo continuare?! :-) Dicevamo quindi, poteva mai (la sottoscritta) resistere al fortissimo richiamo della sfogliatella?! Anche se qui, in effetti, il dolcino c'azzecca davvero poco o niente, giusto la questione sfogliosità (bè!!!). E invece è piuttosto, anzi, è decisamente un pane. Detto sfogliatella, indovinate un po', perchè sfoooglia (tra le righe: stendete la pasta proprio come spiegato dalla ricetta, sottilissssima! ehm, non come me che causa pane-da-portare-in-tavola-alla-velocità-della-luce, ne ha tirato fuori una roba appena un filo più focacciosa, grrr) e la cosa, manco a dirlo, risulta oltre che deliziosa, assolutamente divertente (e ovviamente coreografica! pranzo della domenica in vista?). Poi, detto tra noi, per la farcitura potreste tranquillamente girarvi in direzione pesto, oppure chessò, senape all'antica, insomma, fatevi venire un'idea e, come sempre, fatece sapè :-)

Pane 'sfogliatella'

per la pasta:

2 pacchetti lievito secco attivo (circa 5 cucchiaini da tè)
1 tazza + 1/4 d'acqua calda (105-115 ° F)
1 tazza + 3/4 di farina "00"
1 tazza e 1/2 semola
1 cucchiaino abbondante di sale


per l'olio aromatizzato:

3/4 di tazza di olio extra-vergine d'oliva
2 cucchiai di paprika
1 cucchiaio di origano secco, sbriciolato
1 vasetto di filetti di acciuga, sgocciolate e tritate finemente


Mescolare insieme il lievito e 1/4 di tazza di acqua calda in una ciotola fino a quando il lievito risulterà sciolto. Lasciar fermentare per 5 minuti. Mescolare la farina "00", la semola ed il sale. Iniziare ad impastare, versare il lievito disciolto e la tazza di acqua residua: otterrete una pasta morbida. Trasferire la pasta su una superficie leggermente infarinata e impastare fino a renderla liscia ed elastica (circa 3 minuti). Formare una palla, avvolgere in un foglio di pellicola trasparente, coprire con una ciotola rovesciata e lasciar lievitare l'impasto fino al raddoppio di volume, circa 1 ora. Intanto, frullare tutti gli ingredienti per l'olio aromatizzato e amalgamare con cura. Preriscaldare il forno alla massima temperatura ed ungere leggermente la leccarda del forno. Sistemare la pasta su una superficie leggermente infarinata e stenderla formando un quadrato di 60 cm di lato (la pasta risulterà molto sottile, aiutarsi eventualmente con della farina aggiuntiva, ma senza esagererare). Condite la pasta con l'olio preparato, lasciando una piccola cornice libera sul bordo. Arrotolare la pasta, porre il lato aperto verso il basso e ricongiungere le due estremità in modo da ottenere una ciambella. Appiattite il tutto con il palmo delle mani (circa 1 / 2 cm di spessore) . Spennellate con un po' d'olio e cuocete per 30 - 35 minuti. Trasferite, quindi, su una gratella e lasciate raffreddare. Tagliare a fette spesse e servire.

giovedì 8 ottobre 2009

Rotolo di tacchin(a) farcito


Per la storia del "come mai Precy scrive un post così striminzito" vedere post (striminzito) di ieri :-). Qui, limitarsi ad annotare quanto segue :-) . Recarsi dal macellaio di fiducia e pregarlo di predisporre della fesa di tacchinella (che è più dolce del tacchino maschio, eheheh, visto che avere un macellaio di fiducia salva la vita più e più volte?! fa niente se ne cambiate uno al mese, l'importante è che abbia comunque la vs fiducia), specificando bene che dovrete farcirla, arrotolarla, ecc. Appunto, una volta a casa, farcitela come più v'aggrada: nel mio caso, fontina e prosciutto di capra (+ rosmarino e salvia tritati), ma solo perchè volevamo divertirci a caratterizzare un tipo di carne che, di suo, c'ha un certa neutralità, diciamolo. Legare il tutto con lo spago da cucina (non spiego "il come" perchè non è che segua una tecnica particolare, in pratica, cerco di farla star ferma durante la cottura, sic), adagiare in una teglia imburrata, irrorare con del vino bianco stemperato con un cucchiaino di fecola setacciata (effetto cremina densa, ndr) e cuocere in forno a 220 gradi per dieci minuti. Abbassare, quindi, a 180 gradi e proseguire per circa 40 minuti (quando affettate, se la parte centrale dovesse risultare ancora un po' cruda, coprite e proseguite la cottura, ma senza esagerare!). Cosa manca? Ah sì... et voilà :-)

mercoledì 7 ottobre 2009

Pomodori gratinati


Ci sono, ma in realtà non ci sono! Sì vabbè, poi magari ve la spiego con calma, intanto, beccatevi le ricettine in pillole predisposte diligentemente prima di non esserci più (ammazza, però non in quel senso) e ringraziamo sempre santo-blogspot che con la comodissima funzione pubblicazione-programmata ci salva la vita (e la faccia) più e più volte (no dico, ma davvero pensavate che aggiornassi il blog alle 6 di mattina?!) :-).

Dividere i pomodori in due parti, in senso orizzontale; svuotarli delicatamente con un cucchiaino e farcirli con un misto di pangrattato, pecorino grattugiato, capperi, pinoli, origano, poco sale e pepe; versare abbondante olio extravergine d'oliva ad irrorare il tutto; cuocere in forno caldo per circa 15-20 minuti, un po' di grill per la crosticina finale e ci si risente per la pillola di domani :-).

Nota: impacchettare un po' tutta la faccenda (trito aromatico, procedimento, ecc) e riutilizzare (più e più volte) anche in caso di melanzane, zucca e zucchine (in quest casi, l'operazione 'svuotamento' potrà essere A) saltata; B) eseguita ugualmente, per poi cubettare la polpa, rosolarla in padella e riutilizzarla per arricchire il ripieno). Poi peperoni, ma anche cozze, capesante, gamberi... insomma, è il trito quel che conta ;-)

martedì 6 ottobre 2009

Pasta, zucchine, arancia e bottarga

E questa qui, l'accendiamo come "la Combinazione per pizza" targata estate 2009 [l'estate è finita ok, ma a quanto pare solo sul calendario, per cui si continuerà a fuoreggiare allegramente e di gusto a tutto autunno (autunno?)]. E quindi dicevamo, zucchine, bottarga, spruzzatina d'arancia (che rinfresca e corregge eventuali punte amarognole della zucchina, eh, hai visto mai?!), poi basilico come se piovesse [da stè parti, nonostante i natali (figlia di ns signora a' scapece, sissì), l'abbinamento zucchina+basilico anche un filo più gettonato di quello zucchina+menta, sic]. E capita che, in assenza di pasta lievitata, hoopp, si finisca per riciclare il tutto a totale appannaggio del (solito) piatto di pasta very-fast dell'ora di pranzo. Per quelle volte in cui il compromesso sarà pizza-taxi no, il cinese qua sotto nemmeno... e allora pasta con le zucchine (e bottarga).

L
'acqua è già sul fuoco (salare a bollitura raggiunta), nel mentre, le zucchine sono già belle che cubettate e perfino saltellanti in padella con aglio, olio extravergine d'oliva. Eliminare l'aglio e sfumare con del succo d'arancia. Occhio all'orologio: sono trascorsi in tutto dieci minuti scarsi. E' tempo di buttar giù la pasta, nel mio caso orecchiette, ma solo perchè ogni cubetto di zucchina s'andava ad infilare esattamente in ogni singola cavità, ecc :-). Grattugiare della bottarga di tonno sulle zucchine (se avete la polverina già pronta, grrr, spargete allegramente), salare con moderazione e terminare con un punta di pepe nero fresco di macina. Scolare la pasta al dente e, senza sgrondare troppo, passarla nella padella con le zuchine. Aggiungere abbondante basilico fresco spezzettato con le mani e saltare velocemente aggiungendo anche una manciata di pinoli tostati. E anche per questa volta, abbiamo fatto! :-)

lunedì 5 ottobre 2009

Lasagne con funghi [e ricotta]

Nel mentre (sarei in attesa di certi, famigeratissimi porcini... un filo esosa lo so, ma una promessa è pur sempre una promessa, poi io me ne sto qui buonabuona, seduta sulla solita sponda del fiume, ecc), ci saremmo arrangiati con i prataioli (champignon, ndr). Che a dirla proprio tutta, mi son sempre rimasti decisamente simpatici. E sempre perchè diciamo proprio tuttotutto (e pure di più), per queste lasagne qui, i funghi, andrebbero (quasi) integralmente ridotti in purea (tra le righe: evitare tranquillamente di accendere un mutuo al mercato che tanto, frullandofrullando, una/due chicche aggiuntive... alla fine, ma che funghi sò?! :-)). Apro parentesi: non appena giungeranno i (benedetti) porcini di cui appena qualche riga fa, giuro, mi re-cimento e poi voglio proprio vedè!!! Chiusa parentesi. Ok, dicevamo delle chicche, qualcosina di buono da provare, tipo la ricotta di capra Panizzi (facciamo direttamente che è proprio tutt'un altro pianeta; e l'accendiamo!) e le lasagne. Fresche, di quelle artigianali, gialle, profumate d'uovo (uovo!), tirate non troppo sottili... ragione in più per non perdere neppure un istante intorno al dilemma sbollento-o-piazzo-direttamente-in-teglia... perchè sbollentare è bene (sempre!), non sgrondare troppo è pure meglio (anche perchè la storia dell'amido rilasciato dalla pasta, quello che poi lega meravigliosamente con tutto il resto, uhm, fanno 70 eurini per un corso di tre ore in quel del gambero rosso... e quindi zitta, fai tesoro ed esegui, sic). Svariati giri di parole, per quelle che son state le mitiche lasagne della domenica: per quella volta che avrete voglia di prepararle anche un filo diverse dal solito, cremose, taaanto consolatorie e, soprattutto, senza il solito trito di carne (ioioio!!! :-))...

con uno spazzolino, pulite i funghi dal terriccio ed eliminate la parte finale del gambo; tagliateli a fettine sottili e saltateli in padella con olio extravergine d'oliva e dello scalogno tritato; salate e lasciate che perdano tutta l'acqua di vegetazione; a fine cottura, spargete del pepe nero fresco di macina, un pizzico di noce moscata ed un ciuffo di prezzemolo fresco tritato; frullatene i 3/4, unendo anche della ricotta fresca (in pari quantità); assaggiate e correggete, eventualmente, di sale e pepe; intanto, sbollentate delle sfoglie di pasta fresca all'uovo in acqua salata; senza sgrondarle troppo, sistematele in una teglia imburrata, alternandole alla crema di funghi e spolverando sempre con del buon pecorino grattugiato; terminate con fettine sottili di provola affumicata e spargete qua e là i funghi non tritati; ancora un po' di pecorino, coprite e passate in forno caldo per circa 20 minuti; infine, scoprite e lasciate gratinare per qualche minuto, finchè la superficie risulterà perfettamente dorata.

venerdì 2 ottobre 2009

Pastilla con ricotta e spinaci

Lo diciamo subito: non è la pastilla originale! E perchè se pastilla starebbe per (come, in effetti, sta!) "fagottino di pasta brick", filo-marocchino (che fa anche rima), con ricca e deliziosa farcia a base di piccione/pollo, cipolle, zenzero... bè, qui di tutto l'insieme, riconosciamo semplicemente l'involucro (croccantissimo e sfoglioso, da leccarsi davvero la punta delle dita una per una). Più che altro, era un'ideuzza che mi frullava per la testa già da un po'. Più che altro, apri il frigo e non riesci assolutamente a trovare il solito, comodissimo rotolo di pasta sfoglia salvatutti, per cui il motto diventa improvvisamente: e se, stavolta, ci salvassimo con la brick?! Prima di far scattare il super domandone... la pasta brick, soltanto farina + acqua, simile alla pasta phillo, ma più leggera e perfino più sottile (ed anche molto più elastica, mi sa che è per questo che la preferisco di gran lunga ;-)), si acquista fresca, stesa in dischi quasi impalpabili, per esempio? Dal solito/plurimenzionato Castroni. Nonchè in quei negozietti specializzati in robine etniche e, uhm, direi... non pervenute altre segnalazioni di sorta (anzi, se magari ci date una mano, grazie!). E l'annosa questione era: si potrà improvvisare torta salata, sia chiaro, di quelle semplicisemplici, srotola-farcisci-e-inforna (mentre in sottofondo ci scappa pure il bravabravabrava... a proposito, il geniale papà di cotanto spot??? no così, giusto pe' sapè), con i delicatissimi fogli di pasta brick? Il trucchetto sta nello spennellarli leggermente con dell'olio d'oliva, per poi procedere con una sorta di architettura floreale all'interno dello stampo (foderato con carta da forno): in pratica, sistemate i fogli uno accanto all'altro, accavallandoli come se si trattasse della corolla di una margherita (e come mai mi sento così poco credibile a parlare di fiori? :-)), la cosa importante (in tutto st'accavallamento di fogli) sarà creare una base ragionevolmente robusta in grado di sorreggere tranquillamente il ripieno (perchè le torte salate con la base molliccia, umidina e pure un po' cruda... decisamente no, plz!). Lasciate debordare i fogli di pasta dallo stampo in modo da poterli, poi, ripiegare sul ripieno stesso. Spennellate ancora con un filo d'olio e, se vi va, spargete una manciata di semi di sesamo sulla superficie. Quanto al ripieno, in questo caso qui, siamo davvero sul classico che più classico proprio non si potrebbe... avete presente i vostri cannelloni/conchiglioni della domenica? Insomma, l'inflazionatissimo "ricotta e spinaci", voi, com'è che lo fate? Io, spinaci sbollentati, frullati con sale, pepe, noce moscata e parmigiano, amalgamati ad una buona ricottina fresca (diciamo, a parità di peso), un uovo per legare appena... e abbiamo fatto! In forno a 200 gradi per 20 minuti o, comunque, finchè la pasta non risulterà perfettamente dorata e croccante :-)