lunedì 28 settembre 2009

Pasta al forno: peperoni, capperi, olive e mozzarella

Nell'ordine: lunedì mattina, valanga d'incombenze a stretto giro, vietata ca-te-go-ri-ca-men-te la questione "perdersi in chiacchiere", magari è meglio se facebook non lo apro affatto e aggiungo sottotitolo per mera completezza di cronaca... "casco dal sonno" (ndr: felicissima d'aver fatto tardi a guardare mamma mia in dvd)!!! Uhm, tutto sommato, sarei persino a buon punto [la cagnolina ha allegramente compiuto il suo dovere mattutino, la sottoscritta ne avrebbe approfittato per compiere anche il suo (di dovere)=preso in edicola il numero di ottobre del gambero rosso, sic], colazione assonnata, sfogliando il numero di ottobre (ecc... progettando di andare, bene o male, a tutte le sagre lì elencate), caffellatte semi-bollente, un avanzo di pastarelle della domenica, pensando che, stamattina, accennerei ad un pratico/consolatorio mode d'emploi di questa cosina dal volto decisamente familiare. E quindi, la (mia) pasta al forno della domenica, immortalata esattamente all'atto del... controlliamo se la mozzarella s'è sciolta a dovere, ecc ecc. L'unica cosa da preparare (ehm, nel caso non l'aveste già fatto e conservato opportunamente in freezer :-)), è il famoso pesto di cui prima. Per il resto, lessate la pasta in acqua bollente e salata (nel mio caso, rigatoncini senatore cappelli fa-vo-lo-si, se amate il genere pasta-callosa, voilà), scolate decisamente al dente e condite immmediatamente con il pesto di peperoni (deve risultare molto cremoso). Aggiungete anche delle olive nere denocciolate ed una manciata di capperi dissalati. Versate uno strato di pasta in una pirofila leggermente unta e cosparsa di pangrattato. Ricoprite con tocchetti di mozzarella, continuate con il secondo strato di pasta, ancora tocchetti di mozzarella, poco parmigiano grattugiato, coprite con un foglio di carta alluminio ed infornate a 180 gradi per circa 20 minuti. Eventualmente, a cottura ultimata, scoprite e passate al grill per due minuti.

giovedì 24 settembre 2009

Frittata di riso, zucca e provola

A tutt'oggi (a partire dal ritorno dalla Francia fino a, uhm, ieri :-)), tra le varie cose, ci sarebbe stato anche un allegro susseguirsi di omelette farcitissime, di quelle gonfie e spumose, ripiene di formaggio cremoso al punto che fatichi persino a (ri)chiuderle [dettaglio: in Francia, oggetti simili sono notoriamente serviti semi-aperti, come dei grandi sorrisi pure un filo ammiccanti (ehm, avec le chevre frais che cola meravigliosamente tra pezzetti di noce e listarelle di pancetta)]... ehvabbè, alzo le mani! Dicevamo, quindi, Francia. Da lì in poi (omelette a parte), ci sarebbe stato anche un certo spulciare, sornione prima, moooolto più frenetico poi, di libri e ricettari souvenir... della serie: lasciate (in Francia) tutte le tazze all'americana con su scritto "Bretagne mon amour" e quindi, invito a cena per tutti. Più o meno quattro gatti (15? tutti confermati?), riuniti intorno ad un desco colmo di sidro, formaggi, quiche e baguette... e giusto per tornare al tema odierno che, non è affatto l'omelette, bensì una frittata piacevolmente gonfia, soffice e persino soda (da far pensare un po' all'omelette, ooppss), il nervo della guerra sarebbe che, nel caso preferiste frittate in cui l'elemento aggiuntivo (verdure e quant'altro) copre nettamente il semi-odiato sentore d'uovo, con un risultato finale, appunto, gonfio, ma anche sodo, quasi da sformato... ok, leggete qui tutta la questione. Io, intanto, andrei di riso+zucca+provola (affumicata! che col dolce della zucca...), ovvero un risotto che è sostanzialmente questo qui, nel mio caso, ciò che ne restava dal pranzo precedente. E buona frittata a tutti :-)

Nota: per un piatto di risotto (avanzato :-)) ho sbattuto due uova grandi (+latte+lievito come da link).

Nota-bis: stavo realizzando che, questo di oggi, sarebbe un post (tutto sommato) informativo, oserei dire da non-cuoca; ehpperò (ben) due ricette linkate sono pur sempre due ricette e poi scusate, meditare/lavorare su menu particolari, ma anche particolarmente low cost (grrr, che pretese!)... assorbe parecchio.

Nota-bis-bis: AAA, cercasi idee particolarmente carine, ma anche particolarmente low cost per... grrr! :-)))

mercoledì 23 settembre 2009

Crema pasticcera [ultra-vellutata] della Tuki


Te-le-gra-fi-co! Anche perchè, qui, tenderebbero un po' ad ergersi a controllori supremi dei (miei) post e... "Precy, lei mi scrive (ancora, decisamente) troppo! Si fa prima a leggere direttamente i commenti". Cioè? Tipo sintesi? Ehvabbuò, decliniamo (o recliniamo?) umilmente il capo in avanti e molto te-le-gra-fi-ca-men-te, dessert! Per quella volta in cui sarete lì a pensare al fine-pasto per i vostri ospiti e vi sentirete posseduti da un'incrollabile necessità di rispettare il bon-ton del dessert più adeguato (ehccerto!). E quindi bocciati i cake, perchè poi te ne chiedono anche un pezzetto per la colazione del giorno dopo (e voi lì che avvolgete nella carta velina, ma intanto pensate che i cake... sono più da prima colazione, decisamente). Cannate anche le torte farcite, 3 metri di morbidezza ehvabbè, a parte che bisognava pensarci almeno un giorno prima, ci sarebbe la questione questi-mò-li-voglio-vedere-morti. Forse una crostata, ma anche quella, uhm uhm. Quindi mi sa tanto che... lo famo al bicchiere! E nei bicchierini da caffè, è pure meglio. Tanto avevamo giusto in mente di provare stà robina assolutamente deliziosa, ultra-vellutata - punto i piedi a terra, quasi sfondo la tastiera per la veemenza che metto nel digitare la mia opinione - è una ricetta a dir poco P-R-E-C-I-S-A! Strepitosa, di quelle che le leggi e pensi perfino "odddio". Poi, per fortuna, la pianti (d'essere il solito, irritante mix tra puffo quattrocchi e puffo brontolone :-)) e ti limiti ad eseguire, diciamo, con la stesso spirito creativo d'un operaio cinese.

Grazie Tuki :-)


martedì 22 settembre 2009

Gratin di alici e pomodorini


Detto tra noi (ehbbè, chi altri sennò?!), non saprei se... aver fatto prima a prelevare il malloppo dal banco del mercato monteverdino (ndr: saldo delle ore 12h30, chilata di alici freschissssime per soli 3 eurini, sic), ad infilare il tutto nella teglia, a cuocerlo, più che altro una grill-atina e via, giusto il tempo d'apparecchiare, affettare il pane... e stamattina potevo inviarvi direttamente un sms! A metà strada tra le alici in tortiera, ricettina povera e vecchia quanto il cucco, le cui origini oscillerebbero allegramente tra Puglia e Campania, ma diciamo che potremmo anche soprassedere sull'annosa questione... ed i pomodorini gratinati che, siamo tutti d'accordo, si presentano ormai anche da soli. Volendo, una sorta di (rapidissimo) trait d'union (tra i due). Secondo+contorno tutto in uno e, sempre in tema di velocità estrema, piccolissimo particolare giusto a titolo di completezza: volendo proprio strafare, potreste prendervi il tempo di decapitare (eh scusate, se magari trovate un sinonimo più gentile), aprire (a libretto) e disiliscare le alici, una per una. E solo a dirlo, v'è già passata la voglia, touché! Sarà mica per questo che, da stè parti, le aliciotte (freschissssime) si utilizzano rigorosamente... in tutta la loro meravigliosa interezza?! Poi, sempre perchè siamo tra di noi: ampiamente ingoiato/metabolizzato il tutto. E sarei ancora qui, bella e pimpante ;-)). E penso d'aver detto davvero tutto, bè sì, tranne di predisporre una pirofila da forno, ungerla leggermente e riempirla con strati di alici e pomdorini tagliati a metà, avendo cura di condire volta per volta con aglio, prezzemolo ed origano tritati, una spolverata di pangrattato, sale, pepe e pecorino toscano grattugiato (anche qualcosa di semi-stagionato, tipo questo qui... che ormai ce l'ho e lo riciclo felicemente a destra e pure a manca :-)), un giro d'olio extravergine d'oliva e, quindi, in forno a 200 gradi, per una decina di minuti. Qualche minuto di grill finale e servire.

lunedì 21 settembre 2009

Un'insalata siciliana?


Come ci regoliamo? Insalat-ona sic et simpliciter oppure facciamo anche un po' di (sana, quanto appetitosa) filologia culinaria? ;-) No perchè, nel titolo, dicevamo appunto... siciliana. Ora, provate un po' a lanciare la ricerca su google (insalata siciliana. invio. baaam!): scoprirete che è abbastanza improbabile risalire ad una versione (quanto meno) ufficiale dell'insalata siciliana pura et sacrosanta, tipo che di norma ci andrebbero solo arance dolci, succosissime, pelate a vivo + cipollotto fresco, croccante, affettato sottile, ma capita che qualcuno aggiunga anche del finocchio, poi olive, mandorle e ooppss, addirittura tuorlo d'uovo sbriciolato... mumble! A stò punto, ci auguriamo spunti fuori (come sempre accade in questi casi... della serie, tutti lì timidi e sornioni, ma appena li pungoli sul sacro, tac, non c'è Precy che tenga), dicevamo quindi... che spunti fuori il siciliano edotto e quanto mai intransigente... che noi, qui, non bramiamo altro che saperne di più! Nella (trepidante) attesa - e dovremo pur intrattenerci in qualche modo - ci dedichiamo, molto volgarmente parlando, alle famose aggiunte... anche perchè, filologia a parte, continuiamo a tifare per la nostra indomabile donna moderna, quella che, cascasse il mondo, deve da trovà il suo gran bel piatto unico (e se dopo soli 30 minuti dal pasto, si evitasse anche il matematico attacco di fame da post insalata... mejo!). Apro e chiudo parentesi (anche) sulla questione arance settembrine: touché, nun se fa, arance (spagnole, dolcissime, 1 euro al chilo, ecc ecc) decisamente fuori stagione... mi auto-cospargo il capo di ceneri e giuro di rimandare la messa in onda di eventuali episodi a venire al, su per giù, dicembre prossimo!? :-) Quanto alla ricetta/lista degli ingredienti, con gli immancabili ringraziamenti di rito per tutti gli input golosi quanto inconsapevoli, raccolti in giro anche a più riprese...

- lavare ed asciugare accuratamente una lattuga cappuccina ed affettarla a julienne; versare il tutto in una grossa insalatiera ed unire anche spicchi di arance pelate a vivo, tocchetti di sedano (solo la parte bianca), una manciata di mandorle spellate e tostate ed infine, delle fettine sottili di pesce spada affumicato (umido, non salato, quello buonobuono insomma); separatamente, emulsionare del succo d'arancia con olio extravergine d'oliva, pepe nero fresco di macina e fior di sale; versare sull'insalata, mescolare con cura e servire.

venerdì 18 settembre 2009

Crema (pesto, paté) di peperoni...


Io aaamo i peperoni (puffo Quattrocchi con inverter inserito, evvaii)! Assolutamente, amo respirarne il profumo fin dentro le ossa, da quando sanno di quel bruciacchiato inconfondibile, fino al dolce/avvolgente che t'arriva subito dopo. Ed è un profumo che ricollego immediatamente a... me stessa, nella fattispecie, me stessa che (ri)sale le scale verso ora di pranzo/cena (oddio, ma chi è che sta cucinando i peperoniiii) e facendo anche due conti rapidi, insieme al profumo di carne alla brace (che poi non amo per niente la carne, stranissima stà cosa), a quello di aglio rosolato in padella... insomma, archiviare il tutto alla voce: ho (irrimediabilmente) fame! Invece, della serie "cose stranissime eppure, tanto è", avrei anche rilevato di cucinarli davvero pochissimo (a proposito: mamma grazie! grazie per il fatto che... ci pensi tu! se oggi sono quella che sono, mi sa tanto che, un po', è anche merito dei tuoi peperoni all'agrodolce! :-)). Tornando a noi (ed alle cose stranissime che continuano ad accadere), non li cucino eppure inciampo voluttuosamente nell'acquisto inconsapevole = li sistemo per benino nel cassetto del frigo = mi preparo psicologicamente al lieto evento = aspetto che arrivino (quasi) a decomposizione così che il lieto evento non avverrà per libera scelta, ma per mero spirito di sacrificio ed assoluto senso del dovere. Ed è, quindi, con enorme senso del dovere che, da tempo, ci dedichiamo alla produzione di questa cremina salsosa che, spellatura a parte (grrr), si prepara in maniera anche piuttosto agevole (poi non so perchè, ma appena chiudo il barattolo, mi sento sempre particolarmente giuliva: ahhh, fatto!!!), inutile puntualizzare la questione "bontà estrema" (vedi alla voce "che altrimenti mica lo facevo stò post!) e quindi, soliti carta e penna alla mano:

riscaldare il forno a 200 gradi, adagiare i peperoni sulla leccarda foderata con carta da forno e arrostirli per circa un'ora, finchè la pellicina non risulterà quasi interamente annerita. Lasciate intiepidire e spellateli con cura. Eliminate anche torsolo, parti bianche e semi. Tagliateli a falde grossolane ed inserite tutto nel bicchiere del mixer. Unite un filo d'olio extravergine d'oliva, sale, pepe, uno spicchio d'aglio, abbondante basilico, qualche cucchiaio di parmigiano grattugiato, una manciata di pinoli tostati e frullate fino ad ottenere un composto cremoso. Se non lo utilizzate subito (per condire pasta/bruschette e quant'altro... anche con l'aggiunta di capperi dissalati, olive, alici, ma anche formaggio fresco cremoso per esempio), versate tutto in un barattolo perfettamente pulito, chiudete ermeticamente e riponete in frigorifero per qualche giorno oppure in freezer per un paio di mesi circa.

mercoledì 16 settembre 2009

Coccio/gallinella: istruzioni per l'uso


E, quindi, ero qui a pensare... scrivere qualcosa, di particolarmente intelligente, sulla questione coccio (gallinella/cappone imperiale)! Volendo, anche una sorta di riabilitazione morale visto che, a stò pesciolino qui, un po' come allo sgombro (tanto per dire), capita persino d'essere ingiustamente snobbato (poi bè, regione che vai, pesciolino prediletto che trovi). Boh (dico io), basterebbe pensare al costo, tutto sommato contenuto; ed ovviamente al sapore, tutto sommato... incontenibile. In aggiunta, piccole annotazioni di carattere tecnico/logistico, per quella volta in cui vi ritroverete sul groppone una manciata di ospiti di bocca buona, sfacciatamente amanti dei (vostri) pranzetti a tema ittico e voi lì che, dovesse cascare il mondo, ma l'ennesimo mutuo (da quel sant'uomo del pescivendolo)... proprio no eh!?
Per cui, carta e penna alla mano, io andrei... [e prima d'andare, faccio presente che trattandosi di pochissime materie prime (e nulla più), la qualità occupa necessariamente un irrinunciabile posticino d'onore (quindi, ehm, mi sarei permessa d'inserire qualche chicca assaggiata, amata, ma sì insomma... ci siamo capiti ;-)].

Il sugo: un ampio tegame, un filo d'olio extravergine d'oliva (un dop della Sabina, vagamente mandorlato), uno spicchio d'aglio schiacciato, un pezzetto di peperoncino e lasciate rosolare. Eliminate sia l'aglio che il peperoncino, aggiungete della passata di pomodoro piuttosto rustica (provata questa qui, yum), salate e lasciate insaporire per qualche minuto. Unite anche i cocci interi (già puliti dalle interiora) e cuocete dolcemente per circa mezz'ora (a cottura ultimata, gli occhi risulteranno completamente bianchi ed opachi). Terminate con una spolverata di prezzemolo fresco tritato e lasciate riposare.

L'antipasto: opzione 1 - tostate delle fettine di pane casareccio, dopo averle massaggiate accuratamente con uno spicchio d'aglio; conditele con un cucchiaio di sugo di coccio (appena tiepido), completate con una manciata di capperi dissalati ed olive (verdi o nere) private del nocciolo e tagliate a pezzetti grossolani. Opzione 2 - aggiungete qualche cucchiaio di sugo di coccio ad un panetto di pasta cresciuta (la stessa delle frittelle... in questo caso, regolatevi con della pastella piuttosto soda... provvederete ad ammorbidirla con le cucchiaiate di sugo di cui prima), unite anche una spolverata di pecorino grattugiato e friggete a cucchiaiate in olio d'oliva ben caldo. Servite immediatamente!

Il primo: lessate dei paccheri in acqua bollente e salata e scolateli al dente. Condite con il sugo di coccio e servite immediatamente, decorando con qualche rametto di prezzemolo fritto . Scegliete dei paccheri artigianali, di quelli che mantengono perfettamente la cottura, senza rompersi ecc ecc, (in alternativa alla pasta di Gragnano che ormai, davvero non abbiamo più parole per esprimere...) se può interessare, provata questa qui: stre-pi-to-sa!

Il secondo: (indovinate un po'?) servite i cocci interi, uno per commensale, accompagnandoli con un po' del loro sughetto ed un giro d'olio extravergine d'oliva. A crudo. Per il contorno, orientatevi su delle verdure cotte alla brace, oppure concludete con un'insalata fresca, croccante e decisamente di stagione.

... e fatece sapè!

martedì 15 settembre 2009

Far Breton


E dopo tanta Francia in immagini, era decisamente logico/doveroso produrre un qualcosa che fosse, ok francese, ma anche un po' farina (ooppss) del mio sacco! Soprattutto per dare un perchè (ragionevole) ai molteplici acquisti compulsivi delle vacanze = pile di ricettari, per altro, in lingua originale... per cui, eccolo qua, in men che non si dica, le Far Breton! Ovvero, il dolcino/bandiera di un po' tutta la regione bretone (e giù di lì), secondo me, anche un tantino subdolo ed inquitente (ma sì, in pratica, che cavolo è stò far breton???). Ehm, confessione da fare: mentre ero lì, presa dai vari frangipane, kouign amann e palets, ehvabbè, mi son distratta un attimo. E quindi l'unica era, a stò punto, riprodurselo direttamente al rientro, con la ricetta di Francoise Fenneteau. Già che ci siamo, in versione oltremodo prugnosa... ed è finita che, finalmente, ne sappiamo molto più (di prima): trattasi (bene o male) di crema pasticcera, cotta direttamente in forno (=preparerete il tutto in un niente!), soda, ma anche spugnosa, nient'affatto stucchevole, in questo caso qui (come dicevasi poc'anzi) vergognosamente intrisa di succo di prugna (oltre che di pezzettoni golosissimi abbarbicati all'impasto, anzi, decisamente il contrario!) e... giustappunto, tornerei in Bretagna (domani?!), non foss'altro per mettere a tacere una certa curiosità in materia! :-)

Far breton aux pruneaux

1/2 l di latte
4 uova
250 g di prugne denocciolate (anche secche, eventualmente)
120 g di zucchero
30 g di farina setacciata
1 stecca di vaniglia
burro per la teglia

Ponete le prugne in ammollo in acqua tiepida per circa un'ora. Mescolate la farina con lo zucchero, incorporate le uova leggermente sbattute ed il latte. Mescolate con cura. Incidete la bcca di vaniglia, apritela a libro e, con la punta di un coltellino, prelevate delicatamente la polpa interna. Unitela al composto e continuate a mescolare. Preriscaldate il forno a 200 gradi. Filtrate il composto con l'aiuto di un passino e versatelo direttamente in una teglia imburrata. Tagliate le prungne a spicchi ed inseritele nel composto. Abbassate la temperatura del forno a 160 gradi e cuocete per 30-40 minuti. Servite tiepido, a temperatura ambiente, ma anche ben freddo... non vi deluderà comunque ;-)

lunedì 14 settembre 2009

Muffins: nocciole, pere, ricotta

Sottotitolo {degno di una gran bella denuncia per plagio [nel caso non si fosse ancora notato lo sfacciatissimo parallelismo (dai, possibileee?)]}: i muffins della costiera amalfitana! :-) In pratica sì, as usual, quando non ci si arrovella su nuovi abbinamenti choc (domanda: perchè arrovellarsi, se basta fare ricotta + pere per riconciliarsi col mondo intero persino di lunedì mattina?!), ecco, capita d'arrovellarsi sulla soluzione easy/sprint (e persino un po' ridicola per quanto è easy) in modo da inserire il tutto [N.B. tutto= ingredienti discriminanti della stra-famosa, stra-tosferica torta (amalfitana) di Salvatore De Riso] in un muffin che - giusto per ribadirlo ancora e ancora - è davvero il dolcetto più semplice/veloce che esista (oh, cottura parte, ma basterà fare un patto col forno e andrà tutto liscio come deve). E quindi eccoci, giusto per ricapitolare, nettisssimo sentore di nocciole (quelle della massa giapponese/base del De Riso); un cuore morbidissimo, dolce e cremoso; pezzettini croccanti di pera perchè, onestamente, in tutta stà morbidezza... vabbuò va, tempo di lettura stimato: 30 secondi! E poi non dite che me ne frego della vostra ansia da lunedì mattina! A proposito: chi è che voleva, quindi, un bel cuoricino di ricotta? :-)


Muffins alle nocciole, con pere e ricotta
per 6 muffins

100 g di farina 00
50 g di nocciole
sgusciate
60 g di zucchero
1/2 bustina di lievito per dolci (ca. 8 g)

2 uova medie
(ca. 100 g)
100 g di panna fresca liquida
10 g di olio vegetale
1 cucchiaino di estratto di vaniglia naturale

1 pera matura
150 g di ricotta di pecora
2 cucchiai abbondanti di zucchero a velo

Preriscaldate il forno a 180 gradi. Tostate le nocciole e tritatele molto finemente (come farina). Mescolate gli ingredienti secchi. Separatamente, mescolate le uova, la panna e l'olio. Unite anche la vaniglia. Unite i due impasti senza lavorare troppo. Setacciate la ricotta e lavoratela a crema con lo zucchero a velo. Sbucciate la pera, eliminate il torsolo centrale e riducetela a cubetti. Suddividete la pasta negli stampini da muffins (imburrati e cosparsi di farina oppure rivestiti con gli appositi pirottini di carta). Riempite fino a 3/4, farcite con un cucchiaino abbondante di ricotta, coprite con poco impasto e cuocete per 15-20 minuti, finchè risulteranno gonfi e ben dorati.

giovedì 10 settembre 2009

Francia, parte III: Bretagna

In tutta sincerità, temo sia (oggettivamente) impossibile visitare la Bretagna... e sperare di andar via senza un pezzettino (seppur infinitesimale) di Terroir, di quelli da custodire nel proprio cuoricino, chiudendo bene a doppia mandata e ricordandosi pure di gettar via la chiave. Poi, come si dice, a ciascuno il suo (di pezzettino): lato colori, lato mare, lato cibo... ecco, appunto, poi uno sta lì e si chiede com'è che, in Bretagna, ci torni, ci ritorni, oddio, a dirla tutta, balenata persino l'idea del trasferimento immediato. Uhm, poi quella della seconda casa (sì vabbè, tipico caso d'esaltazione da spirito vacanziero in atto!). Ad ogni modo, esattamente com'era stato per la Normandia, anche a stò giro qui, ricca (ed accuratissima) manciata di appunti da cui attingere con gli occhi, con le mani... diciamo pure che, grazie al giovanotto qui, non m'è sfuggita (nem)manco mezza sardina! Anzi, già che ci sono (scusate eh, faccio in fretta): "grazie Enrico!!!! E tanto lo sai che la galette breton (made in Precy's kitchen) non te la leva nessuno!" Detto questo, pronti. Prendo fiato e vado...

St-Malo, corsara e piratesca fin dentro le ossa! Porto marittimo assolutamente scenografico, così come la cittadina tutta, assolutamente interessante nella sua innegabile mutevolezza... a tal proposito, citerei "estasiante fenomeno da alta e bassa marea", per farla breve, converrebbe andarci al mattino, curiosare, ammirare, scattare foto e trastullarsi un po' in giro fino al pomeriggio - giusto qualche suggerimento di sorta: acquistare una fragrante baguette in una qualsiasi boulangerie di zona; concedersi un dissetante bicchiere di sidro, secco; ritemprarsi con una galette complete (farcita con prosciutto cotto, formaggio e uovo); annaffiare il tutto con della birra locale, addolcirsi il palato con due/tre palets - insomma, trovare il modo di restare in zona, così da re-ammirare (e, magari, re-fotografare) gli stessi scorci della mattina, attenzioneattenzione... dettaglio: senza mare! :-)


Cancale: imperdibile per i vivai di ostriche... e quindi sì, assolutamente/cascasse il mondo, imperdibile per l'ora dell'aperitivo! Ed il passaggio sarebbe esattamente questo qui: peschereccio, furgoncino per trasporto su molo, la signora del chioschetto (sul molo) che preleva agevolmente il tutto (per chi si fosse sintonizzato soltanto adesso, stiamo parlando di ostriche pescate e mangiate!), quindi piatto, spicchio di limone, forchettina... cercarsi un cantuccio assolato, manco a dirlo, vista mare... e basta così. Alternare ostriche, sospiri e riflessioni di sorta :-)


Dinan e Dinard: due cittadine distinte e separate, la prima è nell'entroterra, la seconda decisamente sul mare... accomunate semplicemente dalla questione che, nell'arco di una stessa giornata, avrei fatto, nell'una, una corroborantissima petit déjeuner a base di spremuta d'arancia, pane nero, burro (leggermente salato), composta di rabarbaro (e zucca), poi cappuccino, madeleines e, a seguire, giri e giretti + shopping frugale, perlustrando un autentico labirinto di stradicciole silenziose e definitivamente fiabesche. Nell'altra: un tramonto, ad alto tasso meditativo (ndr: di quelli che ti rimettono in riga il plesso solare, diciamo, per la restante parte dell'anno, sissì). Ovviamente, tutto rigorosamente vista mare... ma facciamo che ero direttamente/tranquillamente supina sulla spiaggia. Con note di tango argentino in sottofondo :-)


Perros Guirec: molto, ma molto carina! Soprattutto se ci capitate all'ora del tramonto! Una buona birra locale, ma anche un bicchiere di sidro da sorseggiare ai tavolini dei bar sparsi sul molo; tutt'una serie di chioschetti perfettamente in linea con il principio aperitivo-versione -street-food... poi, bè, nel mio caso... beccati gli abitanti di Perros Guirec in totale flagranza di reato = nel bel mezzo di un grigliatina (di sgombri), all'aperto, con tanto di patate al cartoccio annesse. Così, semplicemente per celebrare il pescato, chiacchierare, ritrovarsi in allegria e... magari accogliere anche qualche turista curioso, intento a fotografare accanitamente le singole fasi di tutta l'allegra operazione-sgombro.


Roscoff: le famosissime (magliette a) righe dei coltivatori di zona, le alghe praticamente disseminate a tappeto sui fondali del graziosissimo porto (da notare: per uso alimentare, ma anche per autopraticarsi una terapeuticissima thalassothérapie... così, senza pensarci due volte) e le case di granito rosa. Rosa, sicuramente per fare pendant con le tipicissime cipolle di Roscoff. A proposito, la mia mattinata in loco, avrebbe finito per trovare una più che soddisfacente ragion d'essere... nel mercato locale, all'aperto. Chioschi e chioschetti in fila, uno dopo l'altro ed io lì, sbirciando (ed assaggiando) davvero di tutto (torta di porri da svenimento, fra l'altro!). Agevolissimo il passaggio ad Ile de Batz, un isolotto che è praticamente un'oasi di tranquillità, da girare anche in bicicletta, volendo.


Concarneau: il porto è rinomato per la pesca a strascico, soprattutto tonno e sardine (vedere foto in alto per farsi un'idea del pasto consumato dalla sottoscritta... inutile puntualizzare la questione che le sardine, lì, vanno acquistate anche in scatola e consumate, poi, in terra natia con tanto di sospiri e ricordi nostalgici per quel che è stato :-)). A stò punto, sembra stia diventando anche un tantino mielosa e facebookiana (con tutti stì mi piace, mi piace, etc etc), ma c'è che la Bretagna è proprio questa qui: un singhiozzo di posticini accoglienti, avvolgenti, angolini da sbirciare con curiosità e quel tanto di effetto incantato che non guasta... poi succede che svolti l'angolo e ti becchi il panorama mozzafiato che non t'aspetti, frastagliato, lussereggiante, paurosamente scosceso.
N.B. famosissima anche per le festival des filets bleus (letteralmente, delle reti blu, nella fattispecie si festeggia il copioso pescato di sardine di cui, vabbè, s'è già detto quanto basta: assaggiareassaggiareassaggiare).


Pont Aven: da Concarneau, il passaggio in questo minuscolo villaggio bretone, particolarmente amato da Gaugin ed Emile Bernard, è praticamente obbligato. Esattamente come lo sarà (segnaresegnaresegnare) lo stazionamento di metà mattina/pomeriggio ad uno dei tavolini della... patisserie & chocolaterie (con laboratorio rigorosamente a vista) più carina e chiccosa della zona, questa qui!



Quimper: piccola come un villaggio (le case a graticcio, inclinate, le viuzze acciottolate), ma abbastanza grande per assurgere a capitale artistica e culturale della Bretagna tutta. Ehm sì, poi annotare che in loco ci sarebbero anche delle creperies assolutamente da sturbo ;-)