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giovedì 21 gennaio 2010

Tsukune: la polpetta nipponica :))

Oggi ho un po' barato! Intanto perchè si tratta, bene o male, della stessa tecnica di caramellizzazione passata già ieri su questi schermi, solo che qui ci sarebbe anche del mirin! Trattasi infatti della (stra-famosa) salsa teriyaki, adattabile a carni, pesci, tofu e verdure di sorta... oddio, speriamo sempre di non uscircene con troppe eresie (ma stiamo studiando seriamente, si vede?!:)). Per cui stessa salsina e, come se non bastasse, stesso (petto) di pollo utilizzato per gli spiedini del giorno prima (ma sì insomma, un ritaglio qui, un ritaglio lì:))! E quindi gente, tadaaan, le polpette giapponesi! Quelle che le nonne dai vispi occhietti a mandorla preparano pazientemente ogni domenica mattina, quando c'hanno il resto della famiglia che viene per pranzo, sì sì vabbè, ridicolissimo tentativo di associare luoghi comuni non propriamente associabili e teniamoci per buona 'la forma' che è meglio, va. E la forma è decisamente quella delle familiarissime polpette, la solita, morbida rotondità che rassicura e mette tutti d'accordo. In bonus, un lieve passaggio nella farina di mais (toh, uhm) ed una suuuper glassa semi-dolce a tratti piccantina, caramellosa quanto basta, appiccosa all'inverosimile, insomma, ciò che serve a fare di una polpetta... una polpetta giapponese, eheheh. :))

P.S. e se c'inventassimo una sorta di yaki-tsukune? Piccole polpettine caramellose, infilate su micro spiedini di bamboo, accomodate in una qualche ciotolina rubata al volo dalla credenza... e vai con l'aperitivo eretico! :))

Tsukune di Masaki Ko
per 4

4oo g di pollo macinato
4 uova

4 cucchiai di cipolla tritata
1 cucchiaino e 1/2 di zucchero
1 cucchiaino e 1/2 di salsa di soia

farina di mais per la panatura
1 cucchiaio d'olio
1/2 mazzettino di cipollotti freschi per guarnire

per la salsa teriyaki:

2 cucchiai di sake (o vino bianco secco)
2 cucchiai di zucchero
2 cucchiai di mirin

2 cucchiai di salsa di soia

Lavorate il pollo con l'uovo, la cipolla grattugiata, lo zucchero e la salsa di soia fino ad amalgamare bene il tutto (il risultato sarà ancora un po' appiccicoso). Dividete l'impasto in 12 piccole polpette ed appiattitele un po' con il palmo della mano. Passatele quindi nella farina di mais, facendo attenzione a far aderire la panatura sull'intera superficie. Mondate i cipollotti, tagliateli a listarelle sottili, copriteli con acqua fredda e lasciateli in ammollo per 5 minuti. Scolate ed asciugate bene. Scaldate l'olio in una padella antiaderente, unite un po' alla volta le polpette e rosolate per 3 minuti a fiamma moderata. Girate sull'altro lato e ripetete l'operazione. Mescolate gli ingredienti per la salsa e versate nella padella e girate di tanto in tanto le polpette per ottenere una glassa omogenea. Sistemare le polpette in un piatto, coprite con il cipollotto a listarelle e servite immediatamente.

English, please!!!

Tsukune di Masaki Ko
serves 4

4oog minced chicken
4 eggs
4 tablespoons grated onion
1 teaspoon and 1/2 sugar
1 teaspoon and 1/2 soy sauce
corn flour for coating
1 tablespoon olive oil
1/2 bunches spring onions, finely shredded, to garnish

the teriyaki sauce:

2 tablespoons sake (or dry white wine)
2 tablespoons sugar
2 tablespoons mirin
2 tablespoons soy sauce

Mix the chicken with egg, grated onion, sugar and soy sauce until the ingredients are well combined (the mixture'll be a little sticky). Shape into 12 small, flat round cakes and dust them lightly all over in corn flour. Soak the spring onions in cold water for 5 minutes and drain well. Heat the oil in a frying pan, place the chicken cakes in a single layer and cook over a moderate heat for 3 minutes. Turn on the other side and repeat. Mix the sauce ingredients and pour into the pan: turn the checken cakes occasionally until they are evenly glazed. Arrange the chicken cakes on a plate and top with the spring onions. Serve immediately.


martedì 12 gennaio 2010

Giappone, lato cibo :))

Nessuna realtà assoluta, esaustiva o, quel che è peggio, insindacabile! Piuttosto, un allegro collage di appunti+foto rubate nel corso dei meravigliosi giorni che furono, cercando d'essere il più precisa ed accurata possibile e proporre magari una sorta di approccio soft (and very very easy) a chi, sull'argomento, è ancora un po' a digiuno... esattamente come la sottoscritta fino a pochissimo tempo fa! :)) Sono quindi ben accette precisazioni, correzioni, spiegazioni, bacchettate, di tutto di più insomma, fate un po'voi!!! ;-)

Era già da un po' di giorni che pensavo all'esordio trionfale di questo post che, devo proprio confessarlo, rappresenta una specie di pietra miliare nel mio piccolo bagaglio di food-blogger seriamente applicata:)). Spalleggiavano tra loro il "quaaanto m'è piaciuta la cucina giapponese", poi "sushi anche no, grazie" ed infine "tanto di cappello a chi ha fatto della cucina un'arte nel vero senso aulico del termine". Ecco, è finita che le ho riportate tutte e tre, nella loro parzialità, con tutti i limiti di chi s'approccia ad una realtà così diversa, senza pregiudizi (almeno, c'ho provato con tutte le forze), ma anche evitando di fingere gridolini adolescianziali per ogni chicco di riso bollito (hip hip, hurrà). E credo siano proprio tutti qui i cardini del mio attuale pensiero intorno al divertentissimo japanese-food che, nell'ordine, crea dipendenza e fa sentire belli carichi e pimpanti (vabbè dai, superati i primissimi risvegli con le palpebre gonfie da eccesso di salsa di soia). Puntualmente appagati, ma non solo nel senso, ehm, gastrico del termine: qui è più che altro una soddisfazione sensoriale a tutto tondo, stavo per dire olistica, ma mi sono trattenuta (s'era detto niente gridolini adolescenziali:)), un qualcosa che parte dal naso (profumi riconoscibilissimi che inondano ogni angolo di strada... ricordatelo, in Giappone la cucina di strada è assolutamente meravigliosa ed imprescindibile), poi gli occhi (il concetto brutto-ma-buono proprio non è contemplato), ovviamente il gusto con un autentico tripudio di sapori perfettamente dosati ed un seducente gioco di consistenze anche un attimo spiazzanti (per esempio: il concetto di cibo gommoso, qui da noi... non pervenuto o sbaglio?!:)). E mancherebbe all'appello il senso del tatto: bè sì, in effetti si mangia con le bacchette, non è che ci sia tantissimo da toccare... eheheh, fidatevi se vi dico che la gioia provata dalla punta delle vostre dita nel ritrovarsi puntualmente unte, appiccicose e profumate di soia, ecco, davvero non ha prezzo! E non vorrei proprio passare per l'esaltata di turno, nel senso che adesso lì è tutto bello e perfetto, mentre qui... stiamo calmini, ovvio che nelle righe che seguono trapelerà anche una sorta di selezione personalissima, ovvio anche che alcuni piatti della tradizione nipponica non mi mancheranno affatto (uhm, pochissimi però) e terminiamo il festival dell'ovvietà con la questione che non penso proprio di poter mangiare giapponese tutti i giorni della mia vita! Per quanto mi riguarda, quel che più conta è l'essermi enormemente arricchita, moltissime le riflessioni, le assonanze riscontrate nonostante tutto, le curiosità da approfondire e stranissimi, infine, certi miei interrogativi ancora inevasi: uno su tutti, ma come ci starà la soba con la verza e le patate? :-)
Vabbè dai, scherzi a parte, la primissima cosa che m'è arrivata dritta in faccia, mentre ero lì circondata da vispi e curiosi occhietti a mandorla, a parte la questione che sembra di starsene al cospetto di un'orchestra sinfonica di sapori e consistenze intriganti, è stata sicuramente questa maniacale importanza attribuita al cibo in sè, alle sue caratteristiche, ai profumi che sprigiona naturalmente, ai suoi connotati originari, ovviamente, alla sua bellezza. Cercando di preservare tutto questo con lavorazioni e cotture ad hoc e quindi, contrariamente a ciò che pensa l'italiano medio (quello della pasta con la pummarola uber alles, mentre quelli, lì, con tutte le salsine strane, tse tse), la cucina giapponese è semplice ed essenziale da morire, ma è anche vero che in cucina la semplicità è forse l'aspetto più difficile da conservare, concetto enigmatico eppure tant'è! :-)

RISO
Pensate a ciò che rappresenta per noi altri il pane e trasponetelo al concetto di riso per i giapponesi! Le famose ciotoline colme e fumanti, onnipresenti nei cartoni animati e divorate (anche nella realtà!!!) ad una velocità assolutamente impressionante. Dispensate come side-dish a ristorante, negli imprescindibili bento, ma anche come riso e basta persino alle casse di alcuni supermercati, insomma quando gli italiani a pranzo prendono il famoso spicchio di pizza al volo, gli occhietti a mandorla vanno di ciotolina di riso. E se gli italiani ripiegano sul panino, i giapponesi spiazzano tutti con gli onigiri (o rice-balls), in pratica riso cotto, talvolta insaporito con verdure, carne o pesce, modellato a mò di triangolo, bardato con alga nori fritta (anzi no, tostata!!!) e son già pronti a ripartire alla grande! Per la cottura del famoso riso bollito alla giapponese (che non è affatto una cosa buttata lì caso), approfondire qui. A seguire, il curioso riso versione poltiglia (devo dire, da me non amato particolarmente), vero e proprio street food alla giapponese, una sorta di ghiacciolo compatto e gommoso, a base di riso glutinosissimo, anche qui arricchito all'occorrenza con polpo e quant'altro e, manco dirlo, un'infinità d'intingoli appiccicosissimi che però, bisogna ammetterlo, mettono davvero tanta allegria.


INSAPORITORI E CONDIMENTI
Un po' come dire, i parenti larghi del nostro dado (pronto)! :-) Il dashi è lo stra-famoso brodo giapponese derivato esclusivamente dal pesce (errore, anche dalle alghe!!!), con ogni probabilità, l'ingrediente che fa di un piatto... un piatto giapponese! E mi riferisco, in pratica, a quell'inconfondibile gusto assolutamente tipico e caratterizzante (ah sì, giusto: gusto umami!!!), inalato praticamente in ogni angolo di sol levante, fuori discussione l'idea d'improvvisare sostituzioni all'impronta, ma state comunque sereni: ormai anche gli autoctoni più convinti acquistano l'intero ambaradan già bello e pronto in praticissime versioni liofilizzate da spargere, com'era facilmente prevedibile, un po' qui ed un po' lì (oddio, ovunqueeee:)). Il miso deriva invece dalla fermentazione dei semi di soia ed anche qui parliamo di un qualcosa da acquistare al volo nella prima bottega che vi capita a tiro (ehm, in Giappone! Qui da noi vedremo di organizzarci con il solito Castroni, i vari negozietti specializzati, insomma, faremo sapere man mano :)). Famosissima l'omonima zuppa, energetica da morire, notoriamente consumata all'ora della colazione (e qui tocca ammetterlo, proprio non posso farcela! Provata l'ebrezza della tipica colazione giapponese, con tanto di kimono, dolore pazzesco alle ginocchia... e direi bene così! Un'esperienza che andava fatta anche per completezza di cronaca! La stessa che m'impone di sottolineare che, la mattina dopo, eravamo nuovamente a sbocconcellare scones nel Tully's/Starbacks/Caffè Veloce di turno! Sì, ma inutile ridere sotto i baffi, provateci un po' voi ad ingurgitare frittatine e sott'aceti alle otto del mattino:)). Poi la salsa di soia, in realtà un qualcosa che ormai ci suona persino un po' familiare (mai più senza bottiglietta di salsa di soia in dispensa, giusto?! :)), solo che a questo punto, già che c'ero, ne avrei approfittato per infilare in borsa una di quelle originali giapponesi, di buona qualità, così, giusto per vedere! A seguire, una delle grandi rivelazioni del viaggio: i bonito flakes (o katsuobushi che dir si voglia, ma non è una parolaccia, giuro:)), dove bonito sta per sgombro (e affini) e flakes, bè, per indicare appunto i fiocchi, o meglio, le gustosissime scagliette di pesce disidratato e pronto all'uso. Una cosa che m'ha anche un po' ricordato la famosa mattonella di bottarga da grattugiare un po' qui ed un po' lì, anche in questo caso parliamo infatti di spargere a pioggia per impreziosire e caratterizzare di tutto e di più. Vabbè dai, va da sè che la lista di condimenti giappponesi sarebbe davvero lunghissima, mirin, sake... concludo magari con la wasabia japonica anche perchè dai, chi non conosce il wasabi?! :-)


SOBA, UDON E RAMEN
Delle serie, pensavo mi sarebbe mancata la pasta! Spaghetti di varie forme e colori, il mio personalissimo top del top (del top:)), in assoluto, la soba (assaggiata nella sua estrema essenzialità in un chioschetto altrettanto essenziale nel quartiere di Asakusa a Tokyo). In pratica, spaghetti di grano saraceno da preferire, per quanto mi riguarda (forse semplicemente perchè, ehm, sono italiana) nella versione calda e 'asciutta', ovvero ripassata sulla piastra ed arricchita con listarelle di una qualche verdura che poteva essere tranquillamente scarola e, manco a dirlo, bonito flaaaaaakes a profusione!!! Se non si fosse ancora capito, le immagini che porterò con me del Giappone saranno, sempre e comunque, i treni, le porte scorrevoli e la soba [sarà mica per questo che nel freezer me ne staziona attualmente un'abbbondante chilata, preparata sul momento da un'artigiana della famosa strada che tutti i food-addict dovrebbero visitare (la kappabaschi)?!]. Poi gli udon, spaghetti di grano tenero ed infine i ramen che invece sono spaghetti all'uovo di origine cinese, entrambi serviti in brodo e spessissimo con fettine sottili di carne a fare da topping (dettaglio tecnico: tutti stì spaghetti qui non si avvolgono affatto, piuttosto s'afferra un generoso quantitativo con le bacchette e si tira su fragorosamente! Poi ovviamente, visto che il brodo caldo fa da inevitabile effetto-aerosol, già che ci siete, tirate fragorosamente su anche con il naso... e non sognatevi proprio di soffiarvelo delicatamente, chè per i giapponesi è decisamente cattiva educazione, ohhh :)).


CARNE, PESCE, UOVA E TOFU
In una parola, le proteine con gli occhi a mandorla! Lo sapevate, vero, che anche il tofu è una (versatilissima, economica, salutare, ecc) fonte proteica? Di origine vegetale però e dopo qualche magro tentativo casalingo, tristemente circoscritto al classico cubettamento da insalata, come sempre accade, bisognava lasciar fare il lavoro a chi se ne intende davvero, insomma, bastava andare in Giappone per riconciliarsi col tofu e scoprire che le versioni marinate, piuttosto che fritte, sono assolutamente deliziose e da replicare. Per il settore carne, assaggiati i quaaasi occidentali yakitori (spiego: spiedini di pollo e fin qui ci siamo; provate però a marinarli nelle varie salsine di cui prima e vedrete che pollo!), contavo anche di fare una puntatina in direzione manzo kobe che dicono essere superlativo (anche nel prezzo :)), ma alla fine è mancata l'occasione. Poi il maiale fritto (ehm, tonkatsu), imprescindibilmente panato nel panko [ehccerto che me lo sò portato, specialissima miscela da (provare a) sostituire al nostro comune pane grattugiato] e qualche avvistamento qua e là di shabu shabu.

Passando all'ittico, esultano allegramente tutti quelli che il sushi (e sashimi) anche no, grazie. E soprattutto, quelli che in fondo in fondo erano certi di trovare, in Giappone, un patrimonio gastronomico che, diciamolo una buona volta, non è soltanto s-u-s-h-i e basta, che cavolo!
Ne approfitto per ricordare che il sushi non è pesce crudo e stop, si tratta piuttosto di una preparazione a base di riso cotto e pesce crudo freschissimo, spesso condito con salsine varie e molto spesso avvolto nella caratteristica alga nori fritta. Ad esser proprio, ma proprio sincera, ammetto che il sushi è stato un po' come farsi estrarre un molare del giudizio, della serie, togliamoci stò pensiero che sennò ci tocca il solito "ma cooooome, andate in Giappone e non mangiate il sushi?!". Vabbè dai, il sushi andava chiaramente assaggiato, preferibilmente in versione sushi-bar, quindi cuoco al centro della sala, tavolo girevole con i piattini di sushi tutt'intorno, gli avventori accomodati intorno al tavolo girevole... e quindi osservi, magari osservi anche un po' più da vicino e nel caso, ma solo nel caso, afferri al volo e mangi (poi vabbè, probabile che la curiosità vi spinga ad assaggiare bene o male tutto e probabilissimo, quindi, che tornando in albergo vi sentiate anche un tantino nauseati, ma passerà! Come faccio a saperlo? :)). E di contro, il sashimi è decisamente pesce crudo e basta! Servito semplicemente con ciotoline gustose e sapide in cui intingere allegramente (indovinate un po'? Salsa di soia, wasabi... :)). E poi ci sarebbe il pesce versione pastellata e fritta, solitamente della famiglia degli sgombri e servito magari in ammollo nel brodo di miso. Per non tacer del delizioso teriyaki (qui, switching a piacere su trote e salmoni di turno), in pratica, un intingolo a base di mirin, sake e salsa di soia da spennellare prima e durante la cottura. Ora che ci rifletto, la questione pesce giapponese, per me è stata soprattutto a base di octopus (polpo) in ogni forma e colore, polpettine (takoyaki), versione bignè salato, piastrata, mmmm!

Le uova sono soprattutto in versione frittata, tenendo presente che la tipica frittata giapponese si compone, molto elegantemente, di un'infinità di sottilissime crepes ripiegate l'una sull'altra, un vero e proprio piacere per gli occhi oltre che per il palato. Quindi frittatine très chic, ma anche di quelle decisamente più trash (più tipo le nostre insomma), quelle del butta tutto dentro e che, a proposito, si chiamerebbero okonomiyaki... anche se in effetti, osservando bene da vicino, la sensazione era soprattutto che i soggettini, lì, cuocessero prima una sorta di crepe, poi sopra verdure d'ogni tipo legate da (uhm, ma perchè non ho chiesto bene?) credo altre uova leggermente sbattute (precisazione: uova + farina), salsine varie, insomma un bel guazzabuglio di colori e sapori vari.


Infine il tofu che, per la precisione, è il caglio del fagiolo di soia, servito solitamente come side-dish in versione fresca, marinata, arrostita, fritta, ripeto, un intero mondo da approfondire... con tutta la cautela del caso, ma promettiamo di applicarci seriamente! :-)


FRUTTA E VEGETALI
Amata oltremodo la tempura, la leggerissima pastella di sola farina ed acqua ghiacciata che avvolge verdura ed ortaggi (ma anche pesci) d'ogni tipo, poi la questione che i vegetali risultano sempre piacevolmente croccanti, agrodolci quanto basta, divertenti, arricchiti dagli insaporitori di cui prima (deliziosi gli spinaci con i semi di sesamo ed i bonito flakes) poi vabbè, non è che bisogna sempre star lì a chiedersi cosa cavolo si starà mai mangiando, socchiudete docilmente gli occhi e vedrete che andrà bene! E visto che ormai lo slogan by mastercard sta diventando la frase più ricorrente su questo blog, ne approfitto per dire che la sensazione suggerita dal sentir stridere verdurine (e fruttini) sotto i molari assolutamente non ha... prezzooooo!!! :-) E segnalerei una sorta di prodotto dop giapponese, ovvero le albicocche ancora un po' acerbe, lasciate poi essiccare, umeboshi se non sbaglio.



DOLCI
Non è che sarei propriamente rimasta folgorata dalla pasticceria giapponense (stavo per dire, come quando addentai la mia prima sfogliatella in quel di san domenico maggiore, ma mi sono trattenuta). Anche qui, semplicità e leggerezza a farla da padroni, una dolcezza a tratti stucchevole, del resto fortemente voluta per contrastare anche un po' la tipica amarezza del tè verde (che vi taglio le mani se provate di nuovo a zuccherarlo!) e tutto che ruota intorno a queste bolle (ariose e spumosissime) di simil pandispagna e pasta chou, da mangiare sic et simpliciter oppure con farcitura a base di pasta azuki (purea, mica tanto vellutata, di fagioli rossi), poi ancora pasta azuki... e non fatevi mai venire in mente di chiedere "scusi, ma è per caso cioccolato?" :))


E DA BERE?
In Giappone si beve tè verde, fatevene una ragione una buona volta, bevetene a iosa ed imparate ad amarlo (ed apprezzarlo) alla follia! E non siate burini al punto da chiedere una volgarissima bottiglietta d'acqua quando siete al ristorante, no eh?! Nel caso, ordinate una dissetante birra giapponese, fresca e decisamente beverina, firmata Sapporo, Asahi o Kirin. Oppure del sake, volendo proprio esagerare. :-)